BONUS FISCALE: SOLO UN PRIMO PASSO PER RILANCIARE LE OPERE PUBBLICHE
Edizione
completa
Roma - Alla scadenza del 5 ottobre
è arrivata una vera e propria slavina di proposte per utilizzare il ‘bonus
fiscale’ per i progetti infrastrutturali da attuare con metodi di ‘finanza di
progetto’, ossia con l’apporto di capitale privato. Era da attendersi un fiume
di domande. L’investimento pubblico è essenziale alla piena utilizzazione della
capacità produttiva (nella fase di cantiere) e all’aumento del capitale fisso
sociale e, quindi, della produttività e della competitività (nella fase a
regime). In un periodo in cui l’economia italiana ha subito una contrazione del
12% del Pil dall’inizio della crisi economica nel 2007, l’investimento pubblico
è condizione indispensabile, pur se non sufficiente, per attivare l’ingente
capacità produttiva e di lavoro non utilizzata e per rilanciare la produttività
– in ristagno da tre lustri. Un tasso di disoccupazione che supera il 10% della
forza lavoro e un tasso di utilizzazione degli impianti industriali che sfiora
mediamente il 65% e nella metalmeccanica non raggiunge il 55% sono segnali
evidenti della necessità di riavviare un processo virtuoso.
Le restrizioni al bilancio dello Stato e degli Enti locali, definite nel quadro degli accordi europei in materia di moneta unica, sono all’origine di una contrazione degli investimenti pubblici sia in percentuale del Pil sia in termini assoluti; in percentuale del Pil, la spesa pubblica in conto capitale è passata dal 3,5% negli anni Sessanta e Ottanta (con una leggera contrazione negli anni settanta) al 2% in media nel primo decennio del nuovo secolo. In termini assoluti, si stima che nel 2011 la spesa pubblica in conto capitale si sia assestata attorno a 32.000 milioni di euro (meno della metà della media annuale degli anni Ottanta).
Le restrizioni al bilancio dello Stato e degli Enti locali, definite nel quadro degli accordi europei in materia di moneta unica, sono all’origine di una contrazione degli investimenti pubblici sia in percentuale del Pil sia in termini assoluti; in percentuale del Pil, la spesa pubblica in conto capitale è passata dal 3,5% negli anni Sessanta e Ottanta (con una leggera contrazione negli anni settanta) al 2% in media nel primo decennio del nuovo secolo. In termini assoluti, si stima che nel 2011 la spesa pubblica in conto capitale si sia assestata attorno a 32.000 milioni di euro (meno della metà della media annuale degli anni Ottanta).
La finanza di progetto, ossia l’apporto di capitale privato al finanziamento di beni sociali, come le infrastrutture, è in Italia in gran misura agli inizi: tra il 1990 e il 2009 (ultimo periodo per il quale si ha un consuntivo completo) mentre nel Regno Unito il finanziamento privato sfiorava il 70% circa del costo delle infrastrutture (intese in senso lato), in Spagna il 10% e in Francia e Germania il 5%, in Italia si toccava appena il 2%. Questi dati rispecchiano essenzialmente il fatto che in Italia la finanza di progetto è decollata tardi rispetto ai principali Paesi europei. Iniziative della Cassa Depositi e Prestiti, di alcune delle maggiori banche e di singoli investitori suggeriscono che l’apporto dei privati dovrebbe e potrebbe essere crescente nei prossimi anni. Il ‘bonus’ è un utile stimolo ma da solo non basta.
Occorre allestire con cura e rigore la strategia di investimento (nonché i singoli progetti), al fine di massimizzare gli effetti dell’uso di scarse risorse per il raggiungimento degli obiettivi politici di utilizzazione, nella fase di cantiere, di capacità produttiva non pienamente impiegata e di aumento della produttività nella fase a regime e rendere compatibili obiettivi pubblici sovente relativi al medio e lungo periodo con obiettivi di privati investitori che di solito guardano al breve periodo con attenzione maggiore rispetto all’operatore pubblico, specialmente in una situazione, come l’attuale, di grande volatilità dei mercati finanziari.
Vale la pena ricordate che i parametri di valutazione ed i criteri di scelta sono ancora codificati in una delibera del CIPE del lontano 1984. Richiedono urgentemente di essere aggiornati. Da allora, in via amministrativa, la Commissione Europea (per gli investimenti a concorrere sui fondi strutturali), il Ministero degli Affari Esteri, e l’UVAL (del Ministero dello Sviluppo Economico) utilizzano parametri differenti (sia tra di loro sia rispetto alla delibera CIPE del 1984) per la parte strettamente ‘pubblica’. Poco si è fatto, tranne alcuni lavori realizzati dieci anni fa per conto del Ministero dell’Economia e dell’allora Ministero delle Comunicazioni, per guidare l’investimento privato (in opere pubbliche) in una fase, come l’attuale, di grande volatilità dei mercati, molto differente dagli Anni Ottanta e Novanta quando i mercati o erano stabili o seguivano tendenze di medio periodo abbastanza prevedibili.
Il CNEL ha annunciato in settembre la preparazione di un documento su questi temi . E’ urgente che venga prodotto presto e bene. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 08 Ottobre 2012 10:28
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