lunedì 22 ottobre 2012

Il ritorno di Gioconda in quotidiano arte 23 ottobre


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A Roma, da questa sera alle 20.30 al Teatro dell’Opera. Poi il 25, 27, 28, 30 e 31 ottobre
Il ritorno di Gioconda
Giuseppe Pennisi
Dal palcoscenico del Teatro dell’Opera, "La Gioconda" di Amilcare Ponchielli era assente da vent’anni.
Torna da martedì 23 ottobre (oggi), alle 20.30. Alla guida dell’Orchestra Roberto Abbado.
Tra le opere popolari romantiche più applaudite, per le forti tinte passionali e gli effetti teatrali drammaticamente caricati racconta una vicenda ispirata a un dramma di Victor Hugo e ambientato nella Venezia del Seicento: la protagonista, la cantatrice Gioconda sacrifica la propria vita per amore del nobile genovese Enzo Grimaldo innamorato invece di Laura, moglie del nobile e potente Alvise Badoero.
Sulla scena un cast di intense voci dal mondo: Gioconda è Jennifer Wilson (Elisabete Matos, 27 e 31 ottobre); Laura Adorno è Ekaterina Semenchuk (Anna Malavasi, 27 e 31 ottobre); Alvise Badoero è Roberto Scandiuzzi (Carlo Cigni, 27 e 31 ottobre); Enzo Grimaldo è Aquiles Machado (Sung Kyu Park, 27 e 31 ottobre); Barnaba è Claudio Sgura (Marco Di Felice, 27 e 31 ottobre).
Dopo la prima di martedì 23 ottobre, "La Gioconda" andrà in scena giovedì 25 (20.30), sabato 27 (18.00), domenica 28 (17.00), martedì 30 (20.30), mercoledì 31 (20.30).
Intendiamoci "La Gioconda" non ha nulla a che vedere con il sorriso ambiguo del ritratto di Leonardo. È un truculento grand-guignol tratto da un ‘drammone’ di Victor Hugo. Nella Venezia di fine ’500, Gioconda è una cantante con mamma cieca a carico. Si innamora del proscritto Ezio Grimaldo, a sua volta spasimante (corrisposto) di Laura, sposa del Capo dell’Inquisizione, Alvise. La spia Barnaba desidera fare sesso con la cantante e a tal fine esercita ogni pressione (accusando la cieca di stregoneria). Al termine di una complicata vicenda vediamo il carnevale di Venezia, una festa (con cadavere) nella Ca’ d’Oro, l’incendio di un brigantino, una morte apparente, un tentativo di avvelenamento, un annegamento e un suicidio, Laura ed Ezio fuggono verso la libertà mentre tutti gli altri vengono sconfitti dal Fato o dalla cattiveria umana.
È il miglior esempio di ‘grand-opéra” padano, ossia dei tentativi a fine Ottocento di fondere il melodramma verdiano con il ‘grand-opéra’ francese ; ne furono esponenti Rossi, Marchetti, Gobatti, Gomes, solo Ponchielli è rimasto in repertorio. Ciò è merito di Ponchielli, non di Boito che ne scrisse il libretto. Il maestro cremonese era un fine orchestratore, culturalmente vicino a quella “scapigliatura” milanese che voleva innovare rispetto al melodramma verdiano. Il suo flusso orchestrale continuo risente anche di wagnerismo cromatico e intriso di leit-motiven (alla polenta padana). La scrittura vocale richiede sei grandi voci con registri in grado di spaziare dalle “romanze” e “concertati” tradizionali al declamato para-wagneriano.

info: www.operaroma.it



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