Vantaggi, limiti e rischi di un passo
storico che i paletti tedeschi potrebbero annacquare
Fino all’ultimo minuto a Francoforte hanno messo a punto i
dettagli del 'compromesso' che oggi potrebbe fare svoltare pagina alla Banca
centrale europea (Bce) con il varo delle misure monetarie non convenzionali.
Ove non si giungesse a un’intesa, l’intera unione monetaria entrerebbe in grave
crisi. Se, in aggiunta alla paralisi della Bce, le elezioni in Grecia fossero
la premessa della secessione della Repubblica Ellenica dall’area euro si
entrerebbe in una fase complessa di frammentazione del mercato finanziario
europeo.
Le misure non convenzionali più semplici sono quelle
denominate Quantitative easing (QE), l’acquisto
di obbligazione degli Stati membri al fine di alleviare il peso del debito
pubblico ed immettere liquidità. Sotto il profilo macroeconomico, a fronte del
rischio di una prolungata deflazione, il QE ha una sua giustificazione, pur non
rappresentando un toccasana. E deve essere accompagnato da riforme strutturali
e da adeguate politiche di bilancio.
Ci sono tuttavia numerosi interrogativi nel finalizzare un
compromesso tra le varie anime Bce. Innanzitutto, l’entità del Qe. Numerose
simulazioni econometriche concordano che al di sotto di 1.000 miliardi
servirebbe ben poco. C’è, poi, il nodo riguardo a come procedere con l’acquisto
di titoli: in modo proporzionale (tra i vari Stati) in base alla loro
partecipazione al capitale Bce o privilegiando gli Stati in maggiori difficoltà
oppure ancora quelli i cui titoli hanno le migliori valutazioni? Ciascuno di
questi tre metodi ha implicazioni nettamente differenti rispetto agli altri
due. È probabile che, per uscire di impaccio, si opti per una ripartizione
proporzionale.
Ma gli Stati i cui titoli sono più graditi ai mercati
(Germania, Francia e Finlandia) non intendono accollarsi il rischio dei PIIGS
(Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna). Una possibile via d’uscita
potrebbe essere quella di far sì che gli acquisti vengano effettuati dalle Banche
centrali nazionali con il coordinamento Bce. Per l’Italia, però, ciò vorrebbe
dire mettere una pietra sopra al 'divorzio' tra Tesoro e Banca d’Italia sancito
nel 1981, in quanto, nell’eventualità di difficoltà a collocare emissioni, Via
Nazionale dovrebbe dare una mano a Via Venti Settembre.
Giuseppe Pennisi
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