Emma Dante a Palermo. Con le
strane e memorabili vie della felicità
E finalmente Emma Dante non sbaglia all’Opera.
Memorabile la sua “Gisela” in scena al Massimo di Palermo. Un’opera di Henze
dedicata alle difficili scelte da operare durante l’adolescenza.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | domenica, 25 gennaio 2015 · 0
Hans Werner
Henze, Gisela! – regia Emma Dante, Teatro Massimo, Palermo 2015 – photo ©
Rosellina Garbo
Questa volta
Emma Dante ha fatto davvero centro. Alla serata inaugurale del Massimo
di Palermo il 21 gennaio, ha trionfato con la messa in scena di Gisela ovvero
le strane e memorabili vie della felicitàdi Hans Werner Henze
(Gütersloh, 1926 – Dresda, 2012), uno dei compositori più importanti e più
rappresentati della seconda metà del Novecento.
Chi scrive era stata una voce differente dal coro che ha elogiato la sua Carmenscaligera del 2009 (vi torna questa stagione) e il suo Feuersnot di Richard Strauss l’anno scorso a Palermo, nonché La Muette de Porticia Bari. Erano regie troppo cariche di un numero eccessivo di comprimari e mimi che facevano perdere il significato dei lavori; in La Muettemimi e comparse non sostituivano la mancanza di un’étoilenel ruolo della protagonista femminile, la quale (muta) si esprime con la danza.
In Gisella, Emma Dante ha invece il tocco sobrio, lieve e delicato nel mettere in scena uno degli ultimi lavori di Henze, uno “spettacolo di teatro musicale” considerato dall’autore “per adolescenti” e concepito a 84 anni guardando alla propria adolescenza e alla scelte di vita allora effettuate.
Chi scrive era stata una voce differente dal coro che ha elogiato la sua Carmenscaligera del 2009 (vi torna questa stagione) e il suo Feuersnot di Richard Strauss l’anno scorso a Palermo, nonché La Muette de Porticia Bari. Erano regie troppo cariche di un numero eccessivo di comprimari e mimi che facevano perdere il significato dei lavori; in La Muettemimi e comparse non sostituivano la mancanza di un’étoilenel ruolo della protagonista femminile, la quale (muta) si esprime con la danza.
In Gisella, Emma Dante ha invece il tocco sobrio, lieve e delicato nel mettere in scena uno degli ultimi lavori di Henze, uno “spettacolo di teatro musicale” considerato dall’autore “per adolescenti” e concepito a 84 anni guardando alla propria adolescenza e alla scelte di vita allora effettuate.
Hans Werner
Henze, Gisela! – regia Emma Dante, Teatro Massimo, Palermo 2015 – photo ©
Rosellina Garbo
Nato in
Westfalia, Henze arrivò a Napoli ventenne e, dopo qualche anno tra Ischia e il
capoluogo partenopeo, passò tutta la vita a Marino, nei pressi di Roma. I suoi
lavori portarono la dodecafonia e altre espressioni della musica contemporanea
al grande pubblico: non annoiavano gli spettatori, anzi li appassionavano.
Gisela si distingue da gran parte dei lavori di Henze, di solito contrassegnati dall’impegno civile o dalla ricerca dell’utopia, perché il suo tema essenziale sono proprio “le strane e memorabili vie della felicità” che si presentano quando si è adolescenti o comunque molto giovani. Ha numerosi punti in comune con Pollicino composto per il Cantiere d’Arte di Montepulciano (creato da Henze); dal 24 al 28 febbraio si replica al Teatro Goldoni di Firenze . Gisela è stata pensata per un palcoscenico speciale: quello scavato nelle miniere della Ruhr per la Triennale ivi promossa. Vi andò in scena nel 2010 e da allora è stata ripresa da vari teatri tedeschi.
Gisella è una studentessa di storia dell’arte che, con il proprio fidanzatino Hanspeter, un vulcanologo pedante, si avventura sul Vesuvio e sulla costiera amalfitana. La loro guida è un Gennarino il quale, la sera, per arrotondare fa il Pulcinella a teatro. Gisela se ne innamora, lascia Hanspeter e si porta Gennarino a Oberhausen, nel grigio nord della Germania. La passione pare durare poco, anche perché la famiglia di lei non accetta le nozze con un napoletano, Hanspeter si rifà vivo e Gennarino cerca disperatamente il sole. Nel dormiveglia, Gisela assiste a una battaglia tra i personaggi delle fiabe di Grimm e quelli della commedia dell’arte: vincono i secondi con l’aiuto di un’eruzione del Vesuvio (potenza di certi santi napoletani) che copre di cenere nera anche Oberhausen. Nel finale, Gisela e Gennarino inneggiano alla ritrovata felicità. Durerà?
Gisela si distingue da gran parte dei lavori di Henze, di solito contrassegnati dall’impegno civile o dalla ricerca dell’utopia, perché il suo tema essenziale sono proprio “le strane e memorabili vie della felicità” che si presentano quando si è adolescenti o comunque molto giovani. Ha numerosi punti in comune con Pollicino composto per il Cantiere d’Arte di Montepulciano (creato da Henze); dal 24 al 28 febbraio si replica al Teatro Goldoni di Firenze . Gisela è stata pensata per un palcoscenico speciale: quello scavato nelle miniere della Ruhr per la Triennale ivi promossa. Vi andò in scena nel 2010 e da allora è stata ripresa da vari teatri tedeschi.
Gisella è una studentessa di storia dell’arte che, con il proprio fidanzatino Hanspeter, un vulcanologo pedante, si avventura sul Vesuvio e sulla costiera amalfitana. La loro guida è un Gennarino il quale, la sera, per arrotondare fa il Pulcinella a teatro. Gisela se ne innamora, lascia Hanspeter e si porta Gennarino a Oberhausen, nel grigio nord della Germania. La passione pare durare poco, anche perché la famiglia di lei non accetta le nozze con un napoletano, Hanspeter si rifà vivo e Gennarino cerca disperatamente il sole. Nel dormiveglia, Gisela assiste a una battaglia tra i personaggi delle fiabe di Grimm e quelli della commedia dell’arte: vincono i secondi con l’aiuto di un’eruzione del Vesuvio (potenza di certi santi napoletani) che copre di cenere nera anche Oberhausen. Nel finale, Gisela e Gennarino inneggiano alla ritrovata felicità. Durerà?
Hans Werner
Henze, Gisela! – regia Emma Dante, Teatro Massimo, Palermo 2015 – photo ©
Rosellina Garbo
La regia di
Emma Dante lascia la conclusione aperta. A differenza dell’edizione del 2010 e
di quella in repertorio a Dresda, divide correttamente l’azione scenica in due
parti: la prima a Napoli e dintorni (40 minuti) e la seconda (35 minuti dopo un
intervallo di 20 minuti) a Oberhausen. Nel breve epilogo trionfa il Vesuvio in
eruzione. La scena è semplicissima: vari sipari rossi del Teatro Massimo e un
minimo di attrezzeria. I tre protagonisti (Vanessa Goikoetxea, Roberto
De Biasio, Lucio Gallo) sono affiancati da alcuni cantanti in ruoli
secondari e dalla “sua” compagnia Sud Costa Occidentali. Tutti giovani,
o truccati da apparire giovani – pure Lucio Gallo, nato a Taranto nel 1959.
Ottima la recitazione; i mimi e le comparse non fanno mai ombra ai tre
protagonisti e alle non facili scelte di vita di fronte a loro. La scrittura
musicale sembra seguire una struttura convenzionale a numeri chiusi (con
recitativi e arie, terzetti, cori e anche un sestetto) ma è un arazzo di citazioni
su un impianto di base di fine Novecento. La regia si accosta con delicatezza,
quasi tenerezza, a questa rievocazione di Henze della propria giovinezza e
delle ragioni che lo indussero a vivere in Italia. È dolcissima la battaglia
tra Grimm e la commedia dell’arte, dove sarebbe stato fin troppo facile
eccedere.
Una vera gioia. In sala, alla prima, c’erano i manager di altri teatri italiani (Roma, Bologna, Torino). È uno spettacolo che merita di essere ripreso e visto anche da chi non si reca a Palermo nella settimana in cui viene replicato.
Una vera gioia. In sala, alla prima, c’erano i manager di altri teatri italiani (Roma, Bologna, Torino). È uno spettacolo che merita di essere ripreso e visto anche da chi non si reca a Palermo nella settimana in cui viene replicato.
Giuseppe
Pennisi
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