lunedì 12 gennaio 2015

“Un ballo” cinematografico apre la stagione al Comunale in Avvenire 13 gennaio



“Un ballo” cinematografico apre la stagione al Comunale
GIUSEPPE PENNISI
BOLOGNA
Non è stato Damiano Michieletto il primo a spostare l’azione di Un ballo in maschera di più di un secolo ed a portarla negli Stati Uniti. L’idea fu di Giuseppe Gioacchino Belli nella sua veste non di poeta, ma di presidente della commissione di censura dello Stato Pontificio nel 1858. Secondo Ricordi, Belli era molto sensibile «all’idea di quel metallo» (un verso notissimo del rossiniano Barbiere di Siviglia) che lo stimolava a dare il suggerimento che fece debuttare l’opera al Teatro Apollo di Roma il 17 febbraio 1859. La vicenda, ispirata alla congiura contro Gustavo III di Svezia, venne portata in un’improbabile Boston. In Italia, prima di Michieletto, Pier Lugi Pizzi – in una versione presentata a Piacenza, Madrid, Palermo e Macerata – ha situato
Un ballo nella Dallas nei giorni dell’assassinio di Kennedy (22 novembre 1963). Negli Stati Uniti, per ragioni di economia, si è spesso alternata l’opera Willie Stark del 1981 di Carlisle Floyd (ispirata al governatore della Louisiana del romanzo e film di successo Tutti gli uomini del re) con Un ballo al fine di utilizzare gli stessi costumi e le stesse scene: quindi inserendo la vicenda in una campagna elettorale senza esclusione di colpi – da House of cards.
A due anni circa dal contrastato debutto alla Scala, Michieletto ha rivisto la regia, smussandone gli angoli più discutibili, ma la vera differenza è Michele Mariotti sul podio invece di Daniele Rustioni. Mentre nel 2013 il secondo ha concertato Un ballo secondo canoni tradizionali di un lavoro con richiami pure al melodramma donizettiano (per creare il clima decadente della corte), per Mariotti Un ballo è un’opera violenta, che parla di rapporti interpersonali, ma soprattutto di valori traditi, di amori mai consumati, di passione o il di senso di colpa. La politica (ossia una rovente campagna elettorale) è poco più di una cornice. La concertazione scolpisce il carattere dei personaggi e fa un uso quasi cinematografico dell’orchestra, a volte protagonista nel dramma, a volte chiamata a commentarlo. I complessi del Comunale di Bologna danno una prova di grande livello. Tra i protagonisti, spiccano Luca Salsi (un Renato a tutto tondo) e Maria José Siri (un’Amelia tormentata) . Di livello la Elena Manistina (un’Urlica più televenditrice che fattucchiera) e Beatriz Díaz (un Oscar dalla coloratura amabilissima). Il protagonista (Riccardo) è Gregory Kunde, che ha il grande merito di avere gestito la propria voce, con il passare degli anni, da ruoli rossiniani alla più difficile vocalità verdiana (ad esempio, Otello). È autorevole e possente ed ha un volume generoso ma soprattutto nei primi due atti avrei preferito un tenore meno brunito, con maggiore agilità e con un più fluido si naturale.
Il pubblico ha applaudito Mariotti, i cantanti, l’orchestra ed il coro. Ha espresso riserve nei confronti di Paolo Fantin (scene), Carla Teti (costumi) e Alessandro Carletti (luci) – ossia i collaboratori di Michie-letto, trattenuto a Amsterdam da un altro impegno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


Nessun commento: