OPERA/ L'Ifigenia di Cecilia Bartoli, intervista al mezzo soprano
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OPERA/ L'Ifigenia di Cecilia Bartoli, intervista al mezzo soprano
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Una sera, negli Anni Ottanta, mia moglie e io ci trovammo a dividere un palco
di secondo ordine al Teatro dell’Opera di Roma con un giovane mezzo soprano ed
il suo accompagnatore. Era Cecilia Bartoli, allora reduce dei suoi primi
successi al Rossini Opera Festival (in La Scala di Seta). Era una
normalissima terza serale, nostro turno d’abbonamento e, per qualche ragione,
gli amici con cui dividevamo il palchetto avevano chiesto di cambiare serata.
Non ricordo quale opera fosse; probabilmente un ‘melodramma giocoso’
dell’inizio dell’Ottocento- quindi in due atti con un lungo intervallo
(come si usa in numerosi teatri italiani). Lo passammo a conversare con Cecilia
Bartoli già in ascesa ma semplicissima. Come lo è rimasta, dopo un quarto di
secolo sempre in ascesa e in cui, soprattutto a Zurigo, ha riportato opere
dimenticate in repertorio. Soprattutto un mezzo soprano che, a differenza di
gran parte delle colleghe, ha saputo gestire con grande abilità la propria
voce, selezionando con cura i propri ruoli (e la loro progressione); unico
esempio analogo che io ricordi è Giulietta Simionato – ma allora si era in
un’epoca in cui si utilizzavano raramente gli aerei e, quindi, ci si poteva
riposare in viaggi in transatlantico quando si andava a cantare oltre
oceano.
Da qualche anno, Cecilia Bartoli ha assunto un nuovo ruolo, pur
continuando a cantare: è direttore generale del Festival di Pentecoste di
Salisburgo, a cui ha dato un nuovo impulso. Con una ricetta semplice: ogni
festival è a tema e, dato che la manifestazione dura pochi giorni,
caratterizzato da spettacoli che vengono ripresi nel festival estivo – e
successivamente anche altrove. Questa esperienza manageriale è iniziata con un
festival dedicato a Cleopatra nel 2012: Hanno fatto seguito festival dedicati a
Norma ed a Cenerentola. Il successo è stato tale che il contratto, inizialmente
triennale, è stato esteso al 2021. Occorre ricordare che il suo processore nel
ruolo di direttore generale del festival è stato , per sei anni, Riccardo Muti,
il quale risiede stabilmente nei pressi di Salisburgo.
Cleopatra, Norma, Cenerentola sono figure femminili notissime. Per
la prossima tornata (23 -25 maggio con ripresa al festival estivo, 18 luglio-
30 agosto), il personaggio scelto è Ifigenia. Meno nota delle altre tre,
ispirò Euripide nell’antica Grecia ed in epoca moderna Racine e Goethe per
tragedia teatrali e, oltre a Gluck, Hândel, Treatta e Jommelli per opere.
Verranno presentate, in parallelo, Ifigenia in Tauride di Gluck
e la tragedia di Goethe sullo stesso tema.
Cosa la affascina del ruolo dell’eroina greca nella
versione di Gluck?
Non solo nel lavoro c’è un equilibrio perfetto tra testo e musica,
ma l’Ifigenia di Gluck è una donna piena di dubbi e sentimenti. Mi attrae, poi,
un ruolo che è una sfida in quanto del testo, in francese, si deve comprendere
ogni parola per apprezzarne la drammaturgia e la musica, Gluck è un compositore
che adoro, ma è la prima volta che interpreto la sua Ifigenia.
In che modo, Ifigenia in
Tauride di Gluck si inquadra nella Sua concezione del
festival?
l festival ha una sua logica interna. E’ imperniato su
figure femminili, perché è la prima volta che la manifestazione è diretta da
una donna. In una sequenza dinamica, si nota una progressione da opera
semi-seria a tragedia lirica a commedia. Ed ora a tragédie-opéra , un genere
tipicamente francese rappresentato quasi esclusivamente in Francia con Ifigenia
come fulcro dell’operazione. Le opere di Gluck vengono messe in scena più
frequentemente, non solo in Francia, grazie alle scoperte interpretative degli
ultimi dieci anni , nonché ad una generazioni di cantanti con capacità
eccezionali sia vocali sia attoriali. Sono lavori bellissimi, estremamente
interessanti come drammi in musica. Vorrei estendere il repertorio dei
lavori di Gluck a quelli che precedono la sua riforma del teatro in musica.
Quale è il nesso tra queste opere, meno conosciute, ed
un lavoro come ‘Iphigénie en Tauride’ che appartiene alla sua età matura, ove
non tarda?
Sono sempre molto rinascente a Nikolaus Harnincourt il
quale amava ripetere che i capolavori di un artista non sono meteore che
nascono e spariscono nel deserto. Per tanti, troppi anni molti compositori non
sono stati né studiati né tanto meno rappresentati. Ora sappiamo che senza
Gluck, senza Haydn, senza Salieri non ci sarebbe mai stato Mozart, che
senza il barocco non si sarebbe arrivati al belcanto, senza i virtuosismi
dell’opera seria non ci sarebbe stata la riforma classicistica di Gluck. Nei
lavori giovanili di Gluck, per tornare al tema, si trovano le tracce di quelli
che diventeranno i suoi capolavori più noti.
Che tipo di donna è questa Ifigenia?
Quella di Goethe – la trama è identica - è ancora
radicata nell’eroina greca . In Gluck, invece, è piena di passione tanto
da ribellarsi contro il Re dei Tauri Thoas. Non vedo l’ora di cominciare a
lavorare con Mosher Leiser e Patrice Caurier che curano la regia e Diego
Fasolis responsabile della direzione musicale.
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