La Moscheruola e la mediocrazia
Uno dei regali più apprezzati ricevuti questo Natale è un libro
che non si acquista facilmente in libreria, ma dando un contributo ad
un’associazione, di ispirazione cattolica, di volontariato allo sviluppo (Marco Zacchera La Moscheruola – 60 anni di
vita italiana, Alberti Libraio Editore, Verbania). Se qualcuno
ha ancora qualcosa da mettere nella calza della Befana, corra a cercarlo o
dando in libreria il codice ISBN 978-88-7245-298-1, oppure scrivendo
all’autore (marco.zacchera@libero.it).
E’ un racconto di bildungs , si direbbe in tedesco. Ossia di come Zacchera, che è
stato consigliere comunale e provinciale, nonché deputato per cinque
legislature e sindaco di Verbania, si è formato a quella che è stata
essenzialmente una carriera politica , nonostante si sia laureato in economia
aziendale alla Bocconi ed in storia all’Università del Piemonte Orientale ed
eserciti la professione di commercialista oltre che di giornalista pubblicista.
“La Moscheruola” era la piccola di dispensa di famiglia dell’Italia frugale che
non c’è più- dove si conservavano i resti di un pranzo o di una cena per
utilizzarli il giorno dopo.
A differenza di numerosi libri di personalità politiche che
prendono la penna (o meglio il computer) per raccontare la loro attività in
Parlamento, nei ministeri ed in altre cariche pubbliche, il libro di Zacchera ha un
unico riferimento alla propria attività politica: un ricordo di quando,
proveniente da una famiglia numerosa ma benestante di impronta democristiana,
venne eletto in Consiglio Comunale nelle fila del MSI mentre uno dei suoi
fratelli veniva eletto consigliere comunale “indipendente” ma nel PCI. Appena
poche righe in 240 pagine. Il resto è dedicato alla propria formazione
cattolica ed associativa, ai propri studi (all’uso del servizio militare
lontano da casa per studiare come un matto e prendere una sfilza di 30 in
Bocconi) all’impegno di un’intera generazione di giovani (quella appena
precedente il 1968) per migliorare la comunità in cui vivevano.
Due sono le riflessioni che a mio avviso emergono dal
libro. Non sono coetaneo di Zacchera
ma ho dieci anni circa più di lui. Non sono cresciuto, come Zacchera, sulle
rive del Lago Maggiore (andando a Milano per studiare), ma tra Roma ed
Acireale, in Sicilia (andando a Bologna per studiare). Eppure quante cose in
comune ho trovato con il tipo di vita che faceva Zacchera e
soprattutto con il senso del servizio che ci veniva inculcato da bambini molto
piccoli e faceva parte della nostra formazione più intima. Essenzialmente,
l’Italia borghese del nord e del centro-sud appare molto più omologata allora,
nelle cose che contano, più di quanto non mi pare lo sia oggi. Non per nulla Zacchera ha
lasciato un’attività ben remunerata (e certamente con maggiori certezza) per la
vita un pubblica in uno schieramento che allora sembrava destinato ad essere
all’opposizione per sempre. Dal canto mio, potendo scegliere se lavorare per la
Exon Europe, la City Bank e la Banca Mondiale, optai per la terza soluzione
pensando che il mio lavoro avrebbe avuto un’utilità sociale per i Paesi in via
di sviluppo, in particolare per l’Africa.
In secondo il bildungs ad una attività pubblica, da eletto o anche
solamente di funzionario internazionale, era in quel mondo spartano (se visto
con le abitudini di oggi) molto più meritocratico di quanto non sembri esserlo
adesso.
Di recente, Andrea
Mattozzi (del California Institute of Technology) e Antonio Merlo
(della University of Pennsylvania), hanno elaborato, sulla base di un’analisi
internazionale ma guardando specialmente al caso Italia, un teoria sui metodi
di reclutamento nei partiti politici tradizionali – “Mediocracy” (“Mediocrazia-
ossia il potere dei mediocri”) NBER Working Paper No. W12920. I partiti
sono in concorrenza con le lobby dell’industria, della finanza, del commercio e
via discorrendo per reclutare dirigenti, quadri e personale con profili
analoghi. Anche ove i partiti potessero avere la prima di scelta (le lobby
pagano di più ed offrono carriere più stabili), decidono di reclutare i
mediocri al fine di evitare che i loro leader siano minacciati, o meglio
insidiati, dall’interno. Per questo, i loro dirigenti sognano di essere
invitati a cena nei salotti buoni delle banche e della finanza. Più che
azionisti di riferimento di una “merchant bank” casereccia , si pongono come
subappaltanti di chi le “merchant bank” (anche a cacio e pepe) congettura (a
torto od a ragione) di controllarle. Ne risultano governi di subappaltanti.
Tali “governi in subappalto” delle lobby hanno difficoltà a
decidere oppure a fare annunci seguiti da decisioni concrete. In un mondo
dove tutti corrono, chi non decide, al più cammina – quindi, rispetto, agli
altri sta fermo. Secondo Francisco
J. Gomes (London Business School), Laurence Klotikoff (Boston
University) e Luis
M. Viceira (Harvard Business School) ciò è all’origine del
fenomeno che denominano “The Excess Burden of Government Indecision” (“Il peso
eccessivo dell’indecisione dei Governi”) pubblicato come NBER Working Paper No.
W12859. La mediocrità ha come conseguenza la tendenza a procrastinare quando si
devono dare soluzioni a problemi di politica pubblica. Ciò genera un onere
molto forte sulla collettività. Il lavoro contiene simulazione econometriche e
scenari controfattuali di un tema di politica pubblica Usa: le implicazioni (in
termini di incertezza) su consumi ed investimenti delle famiglie e su strategie
delle imprese. Secondo le stime quantitative del gruppo di ricerca, l’onere è
pari allo 0,6% delle risorse di famiglie ed imprese- una pietra di piombo
sull’economia Usa (e, quindi, sul resto del mondo). Possiamo permetterci un
tale spreco? Forse per evitarlo dobbiamo tornare alla moscheruola.
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