I Soldati e le
donne
19 - 01 - 2015Giuseppe Pennisi
Molti critici sono rimasti un po’
delusi dall’inauguraleFidelio alla Scala . Pochi lo sono stati
dalla seconda opera in programma: Die Soldaten (I Soldati) di Bernd
Alois Zimmermann in scena dal 17 gennaio al 3 febbraio in un allestimento
coprodotto con il Festival di Salisburgo nel 2012. La coproduzione ha
comportato un sostanziale ripensamento dello spettacolo (che pur aveva
trionfato al festival austriaco) anche mantenendo la stessa squadra (regia,
scenografia, costumi, concertazione e direzione d’orchestra, interpreti dei
ruoli principali).
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A Salisburgo, lo spettacolo era stato concepito per la
Felsereitschule, l’antica cavallerizza del Principe-Arcivescovo scavata nella
montagna. Quindi un boccascena enorme dove si potevano rappresentare
contemporaneamente quadri che si svolgevano a Lille e scene nelle Fiandre;
inoltre dietro il boccascena: 12 destrieri ed amazzoni facevano esercizi da
concorso ippico. Alla Scala Alvis Hermanis ha ristrutturato l’impianto
scenico a due livelli: in quello inferiore si svolge l’azione “principale”, a
quello superiori i ‘soldati’ si ubriacano, gozzovigliano con donne di
malaffare.
L’azione è spostata da fine Settecento (come nella
pièce in 34 quadri di Jacob Lenz) a “ieri, oggi, domani”, come indicato
da Zimmermann a cui si deve il libretto che rielabora profondamente Lenz,
riducendolo a 15 quadri e cambiandone anche il finale. I costumi di Eva
Dessecker sono, per lo più, in stile prima guerra mondiale, ma non mancano
abiti settecenteschi e raffigurazioni avveniristiche. A Salisburgo Ingo
Metzamacher, dirigeva tre grandi orchestre (una in buca e due ai lati) ,
alla Scala lo stesso Metzamacher concerta un’orchestra nel golfo mistico
e cinque gruppi strumentali in varie posizioni di palchi e gallerie ottiene
interessanti effetti stereofonici. E’ una concezione molto più prossima a
quella di Zimmermann.
Die Soldaten è un lavoro della seconda metà degli Anni
Sessanta, di un autore tedesco che si teneva in disparte dalle mura che allora
dominavo la scena musicale europea in generale e quella del mondo di cultura
germanica in particolare. Al debutto a Colonia nel 1965 Die Soldaten venne
acclamato come una delle più importanti opere del Novecento. Nonostante Bernd
Alois Zimmermann fosse titolare della cattedra di composizione di una
prestigiosa università, restò isolato nel mondo musicale tedesco in quanto
distinto e distante dalla cultura costruttivistica – marxista dominante a
Darmstadt, per anni il principale centro di cultura e formazione musicale in
Germania -. “Arrotondava” lo stipendio universitario componendo musica da film.
Pare che, al fronte avesse perso la fede, ma nel 1957 compose Omnia Tempus
Habet, un grandioso oratorio, tratto dall’Ecclesiaste. Composto interamente a
Roma all’Accademia Tedesca di Villa Massimo, esprime a pieno il tormento
interiore di una intera generazione.
E’ un lavoro profondamente antimilitaristico. Per
molti aspetti, ricorda un romanzo di successo From Here to Eternity (Da qui
all’Eternità) di James Jones del 1951 da cui venne tratto nel 1952 un film di
ancora maggiore successo, di Fred Zinnerann, che torna ancora spesso
alla televisione: con il titolo basato su una poesia di Kipling (Da qui
all’eternità sei condannato, o soldato) è un crudele squarcio di vita militare
in una caserma di Honolulu alla vigilia dell’attacco a Pearl Harbour.
Die Soldaten mostra la dissoluzione di una famiglia
borghese a Lille, città di confine tra fiamminghi e francesi in lotta perenne.
Siamo in una fase di armistizio in uno dei tanti conflitti dell’epoca, ma per i
“soldati” se non c’è un nemico da combattere, ci sono le donne da umiliare. In
un mondo senza Dio, e caratterizzato da mura ideologiche prima ancora che
militari (le secondo sono un effetto collaterale delle prime) si è sempre in
guerra. Zimmermann (nato nel 1918) ha passato parte della seconda guerra
mondiale al fronte orientale (Polonia, Russia), un’esperienza lo ha
traumatizzato sino a portarlo al suicidio nel 1970 (quando era all’apice del
successo).
L’opera dipinge la tragedia di Maria, brava
figliola di un commerciante, fidanzata ad un sarto, ma attratta da un ufficiale
aristocratico, ceduta da costui ad altri (sia aristocratici sia stallieri sia
soprattutto truppe affamate di donne) e portata alla prostituzione ed alle
peggiori malattie, nonostante gli sforzi del cappellano dell’esercito e della
madre di uno dei suoi amanti passeggeri di evitarle tale destino. Nel quadro
finale, dopo una guerra nucleare, sono morti tutti i protagonisti tranne Marie
e suo padre, che non la riconosce ma le da un’elemosina, mentre una voce
dall’alto intona il “Pater Noster”.
Sotto il profilo musicale, in “Die Soldaten”, a cui Bernd
Alois Zimmermann lavorò dieci anni segue una forma rigorosa (strofa, ciaccona,
toccata, ecc.) – come in Alban Berg- ma utilizza vari stili (da Bach, a
canzoni popolari, a jazz, a sequenze da un Requiem gregoriano) che si fondono
in una partitura di base dodecafonica. Il canto è portato agli estremi delle
possibilità umane pur facendo comprendere ciascuna parola (in tedesco) in
quanto note, vocali e consonanti sono plasmate in modo di essere un tutt’uno.
Impossibile citare anche solo i dodici protagonisti
tra i numerosi solisti. Tra tutti ha spiccato, a Salisburgo ed alla Scala, l’ormai
milanese Laura Aikin, un soprano americano che come poche ha saputo
gestire bene la propria voce: iniziando da parti di coloratura ed approdando
alla scrittura più impervia dove si declina il “do” in tutte le sue accezioni.
Ha meritato ovazioni . Lunghi applausi a tutta la compagnia.
Triste però notare che alla prima del 17 gennaio,
c’erano alcune file semivuote e che il 15 gennaio ad una generale aperta agli
studenti pochi hanno risposto all’appello.
Vale la pena ricordare che, nonostante i mezzi richiesti, dopo la prima a Colonia è stata ripresa a Monaco, Amburgo, Stoccarda, Düsserdorf, Dresda, nonché nel teatro scavato nelle miniere di carbone della Ruhr. E’ stata messa in scena al Festival di Edimburgo, alla Opera Company di Boston, alla New York City Opera ed al New National Theatre di Tokio. Di recente, due teatri di piccole dimensioni, l’Opera di Zurigo (1100 posti) e la Komische Oper di Berlino (circa mille posti) mostrano come il lavoro, concepito per un grande palcoscenico ed una grande sala, possa essere allestito pure in teatri di taglia media ove non modesta e possa entrare “in repertorio”, Segno che il pubblico italiano è ancora molto conservatore?
Vale la pena ricordare che, nonostante i mezzi richiesti, dopo la prima a Colonia è stata ripresa a Monaco, Amburgo, Stoccarda, Düsserdorf, Dresda, nonché nel teatro scavato nelle miniere di carbone della Ruhr. E’ stata messa in scena al Festival di Edimburgo, alla Opera Company di Boston, alla New York City Opera ed al New National Theatre di Tokio. Di recente, due teatri di piccole dimensioni, l’Opera di Zurigo (1100 posti) e la Komische Oper di Berlino (circa mille posti) mostrano come il lavoro, concepito per un grande palcoscenico ed una grande sala, possa essere allestito pure in teatri di taglia media ove non modesta e possa entrare “in repertorio”, Segno che il pubblico italiano è ancora molto conservatore?
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