Contro la deflazione non basta la sola
politica monetaria
Dagli Anni Trenta sono stati scritti decine di volumi su come
uscire da una recessione, ma pochi su come curare una deflazione di un’unione
monetaria ancora in formazione. Forse le idee più originali sono quelle
dell’economista nippo-americano Richard C. Koo, rilanciate di recente da due
giovani economisti italiani che lavorano negli Usa, Francesco Bianchi (Duke
University) e Leonardo Melosi (University of Pennsylvania) in un lavoro appena
pubblicato dalla Federal Reserve Bank di Chicago.
In primo luogo, la deflazione è stata preceduta da quella che
Koo chiama una recessione dei conti tra profitti e perdite (per gli Stati, il
debito sovrano; per le imprese, il crollo degli utili). Dalla 'massimizzazione
del profitto' si passa alla 'minimizzazione dell’indebitamento'. In secondo
luogo, la crisi del debito sovrano ha innescato politiche di bilancio
restrittive, particolarmente penalizzanti per gli investimenti pubblici mentre
pure quelli privati crollavano, e ha anche trasferito crediti (poco esigibili)
da intermediari finanziari agli Stati. In terzo luogo, le autorità monetarie,
ossia la Bce, non hanno mai fatto mancare liquidità al sistema, ma spesso tale
liquidità non è arrivata alle attività produttive, alle imprese. Le misure
monetarie non convenzionali, se attuate, saranno utili ma avranno effetti
limitati. Una terapia possibile dovrebbe fare leva non solo sulla politica
monetaria, ma anche su quella di bilancio. La seconda dovrebbe essere
coordinata in seno all’eurozona e prevedere un temporaneo allentamento dei
vincoli, per dare maggiore spazio agli investimenti, mantenendo i freni sulla
spesa di parte corrente. Politica monetaria e di bilancio dovrebbero essere
accompagnate da un rilancio della politica dei prezzi e dei redditi, anche al
fine di evitare un peggioramento delle ineguaglianze. Occorre, però, trattare
non solo le conseguenze, ma anche le cause: il debito sovrano.
Un quarto di secolo fa, l’assemblea generale Onu approvò
all’unanimità un breve rapporto predisposto, per conto delle Nazioni Unite,
dall’ex presidente del Consiglio italiano Craxi. Proponeva una serie di
'insolvenze concordate' per uscire dalla trappola del debito dei Paesi in via
di sviluppo. La strategia venne attuata con successo. Anche per i creditori è
preferibile un’uscita con qualche costo che rischiare di perdere il capitale
prestato.
Giuseppe Pennisi
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