LIBERALIZZAZIONI/ Rc Auto, poste, bollette: gli italiani devono sperare nell’America
mercoledì 19 giugno 2013
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Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il
Mercato, ha presentato ieri il rapporto annuale dell’Antitrust nella Sala della
Regina di Montecitorio. La presentazione di un Rapporto Ocse su temi analoghi è
programmata il 21 giugno in locali del Senato. Il 26 giugno alla Biblioteca
Spadolini del Senato verrà presentato l’undicesimo rapporto dell’Associazione
Società Libera, volume dal titolo eloquente: “Liberalizzazioni; crisi di un
modello in un Paese in crisi”. Il 2 luglio, sempre nella Sala della Regina
della sede della Camera dei Deputati, sarà la volta del documento annuale della
Commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sui servizi pubblici
essenziali. Quattro occasioni nell’arco di due settimane in cui due Autorità
regolatorie, un’organizzazione internazionale e un’associazione consolidata di
studiosi tratteranno diverse facce dello stesso tema. Le liberalizzazioni -
strumento essenziale per tornare a crescere - sembrano essere diventate
argomento di conversazione da salotto buono. Non chiacchiere da bar: se ne
parla in bei saloni di Palazzi istituzionali. Ma di concreto si fa poco o
nulla.
Il testo integrale della Relazione dell’Antitrust non è una
geremiade. Ma ci si avvicina. «In molti settori - ha affermato
Pitruzzella - la concorrenza non è ancora soddisfacente e i prezzi salgono.
È il caso, ad esempio, del Rc auto, dove il premio medio in Italia è più del
doppio di quello pagato in Francia e Portogallo, supera quello tedesco dell’80%
e quello olandese di quasi il 70%». Nell’elettricità, inoltre, «si
stanno verificando cambiamenti profondi carichi di insidie. I consumi in calo e
la diffusione delle rinnovabili fanno sì che gli impianti termoelettrici non
riescano a coprire i costi e il mercato tenda a concentrarsi»: “probabili”
i rincari. Qualcosa si è fatto nel settore delle poste «con importanti
risultati sotto il profilo dell’apertura della concorrenza, ma esistono ancora
spazi d’intervento al fine di favorire l’ingresso di nuovi operatori realmente
competitivi rispetto all’incumbent». Il servizio universale dovrebbe
essere limitato «esclusivamente a quei servizi essenziali che l’utente non
sarebbe altrimenti in grado di acquistare a titolo individuale».
Infine, l’operatività dell’Autorità dei trasporti
non può più essere rinviata, poiché deve «vigilare sulla “terzietà” della
gestione di tutte le infrastrutture ritenute essenziali per lo svolgimento di
un corretto confronto concorrenziale nei servizi di trasporto ferroviario merci
e passeggeri». Occorre, inoltre, chiedere reciprocità almeno in seno
all’Unione europea, poiché «l’esistenza di un livello non omogeneo di
liberalizzazione nei diversi Stati rappresenta un ostacolo sulla via della
reciprocità e della piena affermazione del mercato unico».
I lettori diranno che suggerimenti analoghi sono
stati già dati in passato - sia prossimo che remoto. Verranno, verosimilmente,
ribaditi negli appuntamenti dei prossimi giorni. Fiori di editorialisti (di
centrodestra e di centrosinistra) scriveranno che si tratta di “cose buone e
giuste” da attuare speditamente - specialmente quelle che sono un vero pugno
nell’occhio (RC auto, elettricità, poste). Tuttavia, è verosimile che si resti
alle conversazioni da salotto buono.
Così come è avvenuto per il programma di
liberalizzazioni scritto da Antonio Martino negli anni Novanta, per le
“lenzuolate” di Pier Luigi Bersani di qualche anno fa, per il “Cresci-Italia”
del Governo Monti. Ciò che non è stato affossato nei corridoi del potere dalla
burocrazia, è stato insabbiato dal Parlamento.
C’è, però, una speranza. Proviene non dalle
Autorità e dal loro impegno e dagli intellettuali volenterosi, ma dal negoziato
Transatlantic Trade and Investment Partnership che dovrebbe portare a una vasta
area economica (mercato comune e non solo) tra Nord America (Usa, Canada) e Ue.
All’interno di questa area, ci devono essere le stesse regole. Se il Continente
vecchio non sa darsene di efficaci, l’altra sponda dell’Atlantico (dove ho
vissuto per più di 15 anni) ha lezioni da dare.
Per questo chi crede nella libertà, deve opporsi
ai tentativi di frenare il negoziato con “eccezioni culturali” (per
l’audiovisivo) che sinora hanno voluto dire finanziamenti dei contribuenti a
sedicenti artisti ideali per le chiacchiere da bar e qualche volta per
conversazioni da salotto, ma i cui prodotti non reggono nelle sale che alcuni
giorni.
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