Caro Letta,
ecco su cosa puntare al prossimo Consiglio europeo
15 - 06 - 2013Giuseppe Pennisi
I prossimi appuntamenti europei per il governo Letta dopo l'approvazione in
consiglio dei ministri del decreto Fare e i quattro pilastri dell'azione
italiana in vista del vertice europeo di fine mese...
Si parte dall’assunto che il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo
dell’Unione europea, in calendario per il 27-28 giugno, accoglierà la proposta
della Commissione Europea di fare cessare la “procedura d’infrazione” per
deficit eccessivo nei confronti dell’Italia (ne restano in piedi numerose altre
nei confronti del nostro Paese per materie che vanno dal pagamento dei debiti della
Pubblica amministrazione a vari aspetti della gestione delle “politiche
comuni”).
La procedura per deficit eccessivo
In effetti, sotto il profilo giuridico, forse si può dare
un’interpretazione più “benevola” al concetto di “equilibrio strutturale di bilancio”,
ma resta l’obbligo di non superare un disavanzo contabile superiore al 3% del
Pil, sempre che non si voglia cadere in una nuova “procedura d’infrazione per
disavanzo eccessivo” con un’ancora maggiore perdita di faccia, ossia di
reputazione. L’artificio contabile di non includere nel computo i fondi di
contropartita ai co-finanziamenti europei (su cui tanto si è fantasticato)
significa non più di 6 miliardi di euro spalmati su sette anni, poco più del
gettito, per un anno, dell’Imu sulla prima casa. Quindi, un volume di
finanziamenti trascurabile.
Francia e Germania nuove pecore nere?
Anche la Francia e – quel che più conta – la Germania potrebbero finire tra
le “pecore nere”, specialmente in quanto Parigi (che ha appena ottenuto un
“rinvio” per mettere in ordine il proprio disavanzo) e Berlino (che ha varato
il primo giugno un programma d’espansione della spesa pubblica) potrebbero
trovarsi lontane dai parametri definiti nei trattati. Tutto ciò implica che
l’Ue – e in particolare l’eurozona- è in seria difficoltà con le proprie
regole.
L’opzione di flessibilità
Ciò implica che è iniziato un complesso “gioco” su più tavoli.
Nell’aggrovigliata partita a “poker” europea, il Governo Letta può giungere a
coniugare risanamento finanziario e sviluppo utilizzando, in lessico
finanziario, un’opzione di flessibilità tale da aiutare le stesse istituzioni
Ue portandole a negoziare (come sussurrato negli ultimi due Consigli Ue)
accordi individuali con i singoli Stati membri su programmi di riassetto
strutturale che per aumentare produttività, competitività e occupazione dei
fattori produttivi prevedano anche temporanei superamenti dei vincoli nel
quadro di politiche economiche concordate. Se questo approccio venisse
accettato non solo aumenterebbe la reputazione dell’Italia e di chi la governa,
ma si trarrebbe l’intera Ue fuori da un complesso groviglio che minaccia di
paralizzarla.
Le quattro proposte fondamentali
È su questo programma che il Governo Letta deve giocare le proprie carte.
A mio avviso esse sono quattro:
1) istituzionalizzare la spending review rendendola attività permanente
della Ragioneria Generale dello Stato (RGS) e delle Ragioneria Centrali presso
i Ministeri;
2) un’operazione di consolidamento del debito pubblico. In breve, anche se
non è certo che l’alto debito italiano comporti necessariamente un
rallentamento di un punto percentuale del Pil, il peso del debito ed il
“moltiplicare fiscale” delle misure assunte per appianarlo con diversi anni di
“avanzi primari” frenano un potenziale di crescita già basso a ragione della
struttura demografica e della scarsa innovazione nei settori produttivi di
industria e servizi;
3) maggior fiato alle imprese sia con pronti pagamenti delle pubbliche
amministrazione dei debiti nei loro confronti sia con una maggiore attenzione
da parte del settore creditizio;
4) un rilancio dell’investimento pubblico (coniugato con sgravi per
assunzioni di giovani e di rimodulazione dell’imposizione sull’edilizia, pur
sempre uno dei pochi volani dell’economia italiana), utilizzando al massimo le
risorse europee e la finanza di progetto.
Non è detto che queste quattro carte siano necessariamente vincenti.
Rappresentano la base per un programma basato su “opzioni flessibili” da
presentare almeno in forma preliminare, se possibile, già al prossimo Consiglio
Europeo.
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