sabato 22 giugno 2013

Due incognite da risolvere in Avvenire del 23 giugno



l’analisi Due incognite da risolvere


DI GIUSEPPE PENNISI

U n doppio convitato di pietra incombe sul prossimo Consi­glio europeo, in programma il 27 e 28 giugno: la Corte co­stituzione tedesca e l’accor­do tra Francia e Germania in materia di unione ban­caria europea. La Corte co­stituzionale tedesca sta va­gliando se e in che misura sono legittime (ai sensi dei Trattati quali ratificati in ba­se alla Legge fondamentale della Repubblica federale) le proposte formulate un anno fa dalla Banca centra­le europea (specialmente le

Outright monetary transac­tions ,


Otm) per aiutare i si­stemi finanziari in difficoltà. L’Ecofin ha previsto un ap­porto limitato dei fondi Ue per la ricapitalizzazione di banche e per piccole e me­die imprese, ma non ha scalfito i nodi di fondo del negoziato verso l’unione bancaria.

Tanto il primo convitato di pietra (la Corte tedesca) quanto il secondo (l’accor­do Parigi-Berlino) mettono a repentaglio lo strumento (l’unione bancaria) senza il quale la stessa sopravviven­za dell’Eurozona diventa a rischio. È probabile che la conclusione della Corte sarà un compromesso: limiti fer­rei al valore e alla quantità di Omt che potranno essere e­messi dalla Bce e direttive in materia di vincoli per si­stemi finanziari nazionali beneficiari.

Più insidioso il negoziato sull’unione bancaria. A­vrebbe dovuto avere tre pi­lastri: a) un’autorità di vigi­lanza unica; b) uno stru­mento per la risoluzione, se del caso, di crisi bancarie di gravi proporzioni; c) l’ar­monizzazione delle ga­ranzie sui depositi, o me­glio ancora, una garanzia «europea».

Si sono fatti progressi in ma­teria di meccanismo di vi­gilanza a cui partecipereb­bero sia la Bce che le auto­rità nazionali competenti. Una volta istituito un mec­canismo di vigilanza unico efficace, il Fondo salva Sta­ti avrebbe facoltà di ricapi­talizzare direttamente gli i­stituti. Il meccanismo di vi­gilanza unico entrerebbe in funzione a marzo 2014, op­pure 12 mesi dopo l’entrata in vigore del pertinente re­golamento. L’accordo fran­co- tedesco (raggiunto al di fuori del Consiglio europeo, e dello stesso Consiglio li­mitato all’Eurozona) consi­steva nel chiudere il nego­ziato al punto a cui si è giun­ti, affinando, se necessario, il capitolo sulla vigilanza ma senza toccare gli altri due pilastri.

Eppure, in materia di ga­ranzia sui depositi (aspetto importante anche al fine di evitare flussi speculativi quali manifestati nella re­cente crisi cipriota) il lavo­ro non è ancora iniziato, an­che se il progetto iniziale prevedeva che entro giugno 2013 si sarebbero dovute a­dottare leggi-quadro nazio­nali armonizzate. Definire un metodo «europeo» per la risoluzione delle crisi ban­carie comporta certamente serie difficoltà: chi finan­zierà cosa ed entro quali li­miti? Come verranno defi­niti i criteri per l’istituzione di bad bank da mettere in li­quidazione? I creditori sa­ranno trattati allo stesso mondo o alcuni sa­ranno privilegiati ri­spetto ad altri? Si dovrà cambiare drasticamente il di­ritto fallimentare degli Stati dell’Eu­rozona? Si dovran­no modificare i trat­tati di Maastricht e il Fiscal Compact?

Thomas Mayer del­la Deutsche Bank di Londra, in una nota ai propri clien­ti, propone una «rivoluzio­ne copernicana» per salva­re l’unione bancaria. Ripar­tire da capo, ma con il pie­de giusto: la garanzia co­mune sui depositi (o meglio, l’armonizzazione dei siste­mi di garanzia in vigore per darne vita ad uno comune). Sarebbe stato meglio parti­re da quello che ora è l’ulti­mo stadio, se non altro per­ché l’Ue ha grande espe­rienza di armonizzazione di sistemi in atto nei sin­goli Stati dell’unione e pro­cedere poi verso gli stru­menti comuni e la vigilanza. Difficile dargli torto.

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La decisione della Corte costituzionale tedesca sugli Omt e la tenuta dell’asse Parigi-Berlino sono i fattori-chiave, per evitare che torni a rischio tutta l’area euro

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