l’analisi Due incognite da risolvere
DI GIUSEPPE PENNISI
U n doppio convitato di pietra incombe sul prossimo Consiglio europeo, in programma il 27 e 28 giugno: la Corte costituzione tedesca e l’accordo tra Francia e Germania in materia di unione bancaria europea. La Corte costituzionale tedesca sta vagliando se e in che misura sono legittime (ai sensi dei Trattati quali ratificati in base alla Legge fondamentale della Repubblica federale) le proposte formulate un anno fa dalla Banca centrale europea (specialmente le
Outright monetary transactions ,
Otm) per aiutare i sistemi finanziari in difficoltà. L’Ecofin ha previsto un apporto limitato dei fondi Ue per la ricapitalizzazione di banche e per piccole e medie imprese, ma non ha scalfito i nodi di fondo del negoziato verso l’unione bancaria.
Tanto il primo convitato di pietra (la Corte tedesca) quanto il secondo (l’accordo Parigi-Berlino) mettono a repentaglio lo strumento (l’unione bancaria) senza il quale la stessa sopravvivenza dell’Eurozona diventa a rischio. È probabile che la conclusione della Corte sarà un compromesso: limiti ferrei al valore e alla quantità di Omt che potranno essere emessi dalla Bce e direttive in materia di vincoli per sistemi finanziari nazionali beneficiari.
Più insidioso il negoziato sull’unione bancaria. Avrebbe dovuto avere tre pilastri: a) un’autorità di vigilanza unica; b) uno strumento per la risoluzione, se del caso, di crisi bancarie di gravi proporzioni; c) l’armonizzazione delle garanzie sui depositi, o meglio ancora, una garanzia «europea».
Si sono fatti progressi in materia di meccanismo di vigilanza a cui parteciperebbero sia la Bce che le autorità nazionali competenti. Una volta istituito un meccanismo di vigilanza unico efficace, il Fondo salva Stati avrebbe facoltà di ricapitalizzare direttamente gli istituti. Il meccanismo di vigilanza unico entrerebbe in funzione a marzo 2014, oppure 12 mesi dopo l’entrata in vigore del pertinente regolamento. L’accordo franco- tedesco (raggiunto al di fuori del Consiglio europeo, e dello stesso Consiglio limitato all’Eurozona) consisteva nel chiudere il negoziato al punto a cui si è giunti, affinando, se necessario, il capitolo sulla vigilanza ma senza toccare gli altri due pilastri.
Eppure, in materia di garanzia sui depositi (aspetto importante anche al fine di evitare flussi speculativi quali manifestati nella recente crisi cipriota) il lavoro non è ancora iniziato, anche se il progetto iniziale prevedeva che entro giugno 2013 si sarebbero dovute adottare leggi-quadro nazionali armonizzate. Definire un metodo «europeo» per la risoluzione delle crisi bancarie comporta certamente serie difficoltà: chi finanzierà cosa ed entro quali limiti? Come verranno definiti i criteri per l’istituzione di bad bank da mettere in liquidazione? I creditori saranno trattati allo stesso mondo o alcuni saranno privilegiati rispetto ad altri? Si dovrà cambiare drasticamente il diritto fallimentare degli Stati dell’Eurozona? Si dovranno modificare i trattati di Maastricht e il Fiscal Compact?
Thomas Mayer della Deutsche Bank di Londra, in una nota ai propri clienti, propone una «rivoluzione copernicana» per salvare l’unione bancaria. Ripartire da capo, ma con il piede giusto: la garanzia comune sui depositi (o meglio, l’armonizzazione dei sistemi di garanzia in vigore per darne vita ad uno comune). Sarebbe stato meglio partire da quello che ora è l’ultimo stadio, se non altro perché l’Ue ha grande esperienza di armonizzazione di sistemi in atto nei singoli Stati dell’unione e procedere poi verso gli strumenti comuni e la vigilanza. Difficile dargli torto.
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La decisione della Corte costituzionale tedesca sugli Omt e la tenuta dell’asse Parigi-Berlino sono i fattori-chiave, per evitare che torni a rischio tutta l’area euro
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