Il barocco a
Caracalla
La stagione estiva venne inaugurata nel 1937 (dopo la Dichiarazione
dell’Impero ed in piena Guerra di Spagna) per portare l’opera alle masse.
Ricordo, nella biblioteca di mio padre, vecchie collezioni di Omnibus di Leo
Longanesi con foto di una platea che (con qualche esagerazione) vantava 10.000
posti e Benito Mussolini (il quale, a torto o ragione, si riteneva grande
esperto di musica , nonché compositore di ardita cameristica di avanguardia per
fare rabbia a Hitler, il “Duce” si dedicò alla dodecafonia, considerata d
Goebbels “giudica, massone e degenerata”) seduto tra “il popolo” a gustare.
Ricordo, da ragazzo, belle serate non solo con “Aida” ma con “Lohengrin” (in
italiano) e “Mefistofele”: la “stagione estiva” aveva almeno cinque – sei
titoli, tutti, per, con una punta di “colossal” per attirare le masse.
L’anno scorso mi sono congratulato con il management del Teatro dell’Opera
quando utilizzo non solo la grande platea (che oggi ha circa 2000 posti) di
fronte alla parte centrale del monumento per portare nella Palestra Orientale
(delizioso spazio contornato da alte mura e con la migliore acustica che si può
avere all’aperto) il baracco a Caralla – Il Combattimento di Tancredi e
Clorinda di Claudio Monteverdi. Mi congratulo ancora di più per il coraggio di
inaugurare la stagione non con la solita Aida od il consueto Trovatore in chiave
nazional-popolare oppure con una Turandot alla Cecil B. De Mille, ma con quel
gioiello del Seicento – Dido & Aeneas di Henry Purcell che inaugurò l’opera
britannica e tanto incise su quel Benjamin Britten di cui quest’anno ricorre il
centenario.
Prima di parlare dello spettacolo, mi si consenta, però, una tirato
d’orecchie. Perché solo quattro recite? La Palestra Orientale è, ad occhio,
circa 80 metri su 30, ospita poco più 200 spettatori in uno spazio magico al
crepuscolo ed incantevole la notte. Dido & Aeneas dura circa un’ora
ed è in lingua inglese (perfetta la dizione del protagonista, Jacques
Imbrallo). La regia di Chiara Muti, le scene di Mario Torre ed i costumi di
Alessandro Lai riproducono uno spettacolo barocco (pensato per essere
rappresentato in un “educandato” per ragazze) con tanto di pubblico in parrucca
che interviene nell’azione scenica, come indicato dalle belle immagini. Se i
Festival di Aix-en-Provence o di Salisburgo, avessero uno spettacolo del genere
in programma, lo mostrerebbero almeno tre volte la settimana e lo
circuiterebbero in una ventina di teatri (dove si perderebbe la magia
delle rovine, ma pensiamo ai teatri di provincia del Lazio, dell’Umbria e delle
Marche) si avrebbero le dimensioni ideali di palcoscenico, platea e parchi. A
Roma basterebbe un accordo con un tour operatore perché ogni sera, tre volte la
settimana, due pullman di turisti ne godano e tornino in Patria con una visione
incantevole di una dimensione poco nota, ma stupenda, della Rme by Night.
Chiara Muti riesce, con la complicità della semplice scenografia di Mario
Torre, una piccola isola rocciosa, racchiusa all’occorrenza da leggeri
tendaggi, far apparire raccolto e intimo lo spazio e a dare l’illusione
che sia fatto su misura per l’opera di Purcell, densa di fantasia e
invenzione ma è minimalista quanto ai mezzi proprio perché composta per un
collegio femminile.
Tratta dall’episodio delle Eneide che ha ispirato dozzine di compositori,
Purcell ha scritto una musica nobile, con un sublime lamento di Didone,
cantato con intima e toccante emozione dall’ottima Serena Malfi. Non mancano
sfumature comiche quando entrano in ballo le streghe. I movimenti coreografici
di Micha van Hoecke ora si integrano bene con la regia. Oltre all’ottima
Didone bisogna ricordare le bravissime streghe Alda Caiello, Eleonora de
la Pena e Benedetta Mazzucato e il vigoroso Enea di Jacques Imbrailo (l’unico
con una perfetta dizione in inglese , tale da far comprendere ogni parola). Il
ruolo è stato originariamente scritto per un soprano, ma è abbassato di circa
tre ottave per affidarlo ad un baritono di agilità che abbiamo recentemente
apprezzato a Ravenna in The Rape of Lucretia di Britten Molto ben cantati anche
i ruoli minori, come la dama di Laura Catrani e il marinaio di Riccardo Pisani.
La direzione di Jonathan Webb è corretta ma qualche vibrato in più gioverebbe
anche se sarebbe meno filologico.
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