OPERA/ Il
"Divorzio all'italiana" di Battistelli per far tornare i giovani a
teatro
martedì 11 giugno 2013
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NEWS Musica
L’annuario della Siae è chiaro: nonostante l’anno scorso il pubblico
pagante ai teatri dell’opera abbia segnato un aumento, gli spettatori sono in
linea di massima “pantere grigie” con il rischio che questa forma italianissima
d’arte dal vivo sia destinata a sparire. Non è così negli Usa, Germania,
Austria, Giappone e tanti altri Paesi dove i giovani affollano i teatri grazie
non solo a prezzi speciali ma anche a programmazioni e regie che li possano
interessare.
Per questa ragione è molto importante l’appuntamento di martedì 11 giugno,
giorno del Divorzio all’italiana. Azione musicale per il crepuscolo della
famiglia di Giorgio Battistelli su libretto dello stesso compositore
liberamente adattato da Pietro Germi, Alfredo Giannetti ed Ennio De Concini.
L’opera, commissionata al compositore dall’Opéra National de Lorraine dove è
andata in scena il 23 marzo 2009, è un vero e proprio inedito in Italia,
nonostante il grande successo in Francia. Giorgio Battistelli omaggia Pietro
Germi firmando libretto e musica di un’opera che racconta uno spaccato della
Sicilia degli anni Cinquanta, dove si consuma un delitto d’onore in cui
passione, gelosia, tradimenti sono ritratti in una partitura grottesca, ironica
e pungente. L’estro creativo e fantasioso di un celebre regista come David
Pountney restituisce freschezza e vitalità al quadro parodistico di
Battistelli. Sul podio il direttore d’orchestra francese Daniel Kawka,
recentemente nominato Direttore Principale dell’Orchestra della Toscana. Il
cast vede il gradito ritorno di Alfonso Antoniozzi nelle vesti di cantante,
dopo il successo come regista de “La Traviata”, nel ruolo en travesti di
Donna Rosalia, affiancato da Cristiano Cremonini, Gabriele Ribis, Marco
Bussi, Nicolò Ceriani, Alessandro Spina, Sonia Visentin, Daichi Fujiki,
Maurizio Leoni, Fabrizio Beggi e Carlo Morini. Sarà interessante vedere la
reazione del pubblico giovane.
Non solamente il teatro in musica di marca anglosassone può fornire lezioni
su come portare nuovo pubblico alla musa bizzarra ed altera ma negli
Stati Uniti ed altri Paesi, nei quali l’opera e la concertistica non ricevono
quasi alcun sussidio, prosperano ed innovano. Numerosi teatri d’opera tedeschi
(il cui pubblico è tutt’altro che incolto) hanno nel loro repertorio lavori
come A Streetcar Named Desire di André Previn, A View from the Bridge
di William Bolcon, A Postcard from Morocco di Dominik Argento, Dead
Man Walking di Jake Heggie, Willie Starl di Carlisle Floyd, Sophie’s
Choice di Nicholas Maw. Solo due di questi lavori si sono visti in Italia.
In effetti, mentre da noi a parte qualche raro caso e per volontà di poche
istituzioni la produzione di nuove opere liriche appassisce, negli Stati Uniti
è in pieno sviluppo: nel 2010 (anno di crisi) ci sono state 12 prime mondiali
tra cui lavori tratti da romanzi come Il Giardino dei Finzi Contini e Il
Postino. Grande attesa già adesso, negli USA e non solo, per La Ciociara
commissionata a Marco Tutino per l’inaugurazione della nuova stagione della
San Francisco Opera (2014-15).
Triste pensare che una delle opere commissionate per il 150nerio dell’unità
d’Italia, una – Senso di Marco Tutino – , andata in scena al
Teatro Massimo di Palermo, sia stata vista a Palermo ed a Varsavia e verrà
ripresa da teatri americani e tedeschi ma non ha trovato nessun sovrintendente
o direttore artistico italiano che la abbia ripresa. La ho vista un sabato
pomeriggio in un Massimo pienissimo, dove c’erano 500 studenti liceali e
universitari entusiasti. L’autore del libretto, Giuseppe Di Leva, e il
compositore si sono ispirati alla omonima novella di Camillo Boito, uscita nel
1883 e resa celebre dalla splendida trasposizione cinematografica di Luchino
Visconti nel 1954: l’allestimento è una gioia per gli occhi. Hugo De Ana, che
firma regia, scene e costumi, ha immaginato un sontuoso apparato scenico,
basato su un caleidoscopio di riflessi che propongono un Risorgimento non
didascalico ma immaginifico, in cui non mancano i riferimenti alla
cinematografia di Visconti.
E’ anche un peccato che sia sparito Risorgimento di
Lorenzo Ferrero : è un atto unico che prende spunto da una nota di cronaca del
tempo, i macchinisti della Scala che fermarono il lavoro emozionati dal coro
del Va’ pensiero, Ferrero traduce l’aneddoto in metafora. “Visto
che Risorgimento e melodramma vanno di concerto, la mia opera è ambientata in
un teatro, la Scala, durante le prove di quel primo Nabucco, nel febbraio del
1842”. Sono sparite altre opere "civili” di Ferrero come Salvatore
Giuliano, Carlotta Corday, La conquista, tutti lavori che possono fare
sentire ai giovani che dal palcoscenico si tratta di temi di loro interesse e
con un linguaggio musicale a loro comprensibile.
Infine perché non riprendere opere da camera di autori italiani (a basso
costo) e con argomenti che possono affascinare i giovani. Ad esempio Le
Malentendu composta da Matteo D'Amico che, presentata a Macerata per solo tre
repliche (compresa una “generale” aperta), è sparita dai cartelloni mentre
lavori analoghi restano un mese a il Magazine della Staatsoper unter Den
Linden. L’intimità e l’interiorità della vicenda, che si consuma tutta in poche
ore tra le mura disadorne di un piccolo albergo di una sperduta provincia
europea, richiedono un organico quanto mai ristretto e, per così dire, in
“bianco e nero”: cinque archi, una fisarmonica e un clarinetto. Quello che
creano è come un velo di ghiaccio sopra il quale scorre il canto, un canto che
quasi sempre è autentico “messaggero” della parola –le cristalline battute dei
personaggi di Camus, battute lucide, taglienti, asciutte, che sembrano però non
permettere ad essi di comunicare veramente. I momenti di accensione lirica, che
di continuo si fanno largo, sono come brevi esplosioni, tensioni estreme per
riuscire almeno a dire ciò che non si riesce a comunicare. L’opera utilizza il
testo di Camus, appropriatamente sfoltito per rendere possibile la messa in
musica con una durata complessiva di un’ora e mezza (il canone seguito da
Jànaceck).
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