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COME LA ‘TRISTE SCIENZA’ PUO’ SFIDARE IL CIBERTERRORISMO
Giuseppe Pennisi
Da qualche lustro si parla dei costi
economici del terrorismo e si è giunti ad effettuare anche stime piuttosto
affidabili. Meno noti quelli del ‘ciberterrorismo’, ossia del terrorismo che
si insinua nei sistemi informatici e telematici. In un mondo in cui tutti
viviamo di comunicazioni in tempo reale sul web , nonostante numerose aziende
del settore (specialmente quelle che hanno sofferto per operazioni del
genere) abbiano attivato siti per avvertire contro i pericoli ed i danni,
esistono stime relative a singoli episodi ma non degli effetti ed impatti su
sistemi economici. No mancano studi interdisciplinari condotti principalmente
dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti con il supporto di politologi
e sociologi. Solo di recente, poi, è stata rivolta attenzione a come la ‘triste
scienza’ (la disciplina economica) possa essere uno strumento utile per
sfidare il ‘ciberterrorismo’.
In maggio,Peter Philipps della lontana
Università del Queensland del Sud (agli antipodi) ha diramato una versione
provvisoria di un lavoro – The Hunt for
Cyber-Terrorist, La Caccia al Ciberterrista’- che uscirà tra qualche
mese. Si tratta, a mia conoscenza, del primo studio in materia. E’ un lavoro
teorico; occorre sempre partire dalla teoria pura dell’economia per arrivare
a prescrizioni di politica economica e di politica aziendale e per affinare
strategia, strumenti e misure. Phillips elabora un modello delle
‘opportunità’ che si presentano al ‘ciberterrorista’ di causare costi
finanziari a individui, organizzazioni, pubbliche amministrazioni e, quindi,
delle scelte che potrà fare a fronte della gamma di opportunità.
Successivamente, mutuando dalla teoria dell’avversione al rischio (ampiamente
utilizzata sia a livello macro-economico – per definire politiche – sia
soprattutto in micro-economia, viene sviluppata una tassonomia (sulla base di
una casistica di eventi concreti) le ‘preferenze rivelate’ di varie categorie
di ‘ ciberterroristi ‘. Se il ‘ciberterrorismo’ è una minaccia in ascesa,
queste informazioni consentano di concentrare le risorse verso la prevenzione
(e la caccia) a tipologie specifiche di ‘ciberterroristi’. Il modello di
‘opportunità’ e ‘scelte’ , presentato da Phillips con una serie di esempi
concreti, mostra come non solo si possono individuare i profili dei
‘ciberterroristi’ ma anche individuare il modo migliore per contrastarli.
Utile ricordare che l’’economia del ciberterrorismo’ ha
radice solide nell’’”economia del terrorismo” (nel senso di sviluppo della
teoria economica del terrorismo e applicazioni d’analisi economica alla prevenzione
dal terrorismo) che ha avuto il suo
centro all’Università di Chicago. In tempi più recenti, l’Università della
California del Sud è diventato il cenacolo Usa più importante di studi. Da un
lato, grazie ad elaborati modelli esplicativi, questi studi documentano come
il “terrorista razionale” cerchi risultati con vasto contenuto mediatico e
comunicativo. Da un altro, le ricerche sugli “obiettivi anti-terroristi
mirati” mostrano come un “anti-terrorismo a vasto raggio od a pioggia”
avrebbe costi elevatissimi a fronte di risultati modesti; sono preferibili
strategie di prevenzione incentrate sulla decodificazione di segnali
indiretti, analoghi a quelli analizzati nella teoria economica
dell’informazione e della comunicazione.
Può interessare notare che in Italia dal 2000 al
2009 sono stati tenuti presso la
Scuola Nazionale della Pubblica
Amministrazione corsi e percorsi formativi d’economia dell’informazione e
comunicazione . La Scuola ha anche pubblicato due volumi su questi argomenti-
uno è il frutto di una conferenza internazionale tenuta presso la Reggia di
Caserta in collaborazione con la Commissione Economica per l’Europa delle
Nazioni Unite. Altre Scuole Superiori potrebbero considerare corsi e percorsi
formativi specialistici su questi temi, anche in collaborazione con il Nato
Defense College a Roma e con lo Staff College delle Nazioni Unite a Torino..
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