domenica 24 marzo 2013

«The rape of Lucretia» piccolo, grande Britten in Avvenire 24 marzo



«The rape of Lucretia» piccolo, grande Britten


DA RAVENNA GIUSEPPE PENNISI I

l 22 marzo a Ravenna è iniziata la marcia di

The Rape of Lucretia
(«Il Ratto di Lucrezia» – sarebbe più esatto tradurre «Lo stupro di Lucrezia») di Benjamin Britten: dalla Romagna andrà nei teatri dell’Emilia per concludersi, a fi­ne maggio, con una serie di repliche, a Firenze. È un lavoro da non perdere. In primo luogo, nel 2013, si celebra il centenario della nascita di Britten, non solo uno dei maggiori composito­ri del Novecento ma anche uno dei pochi che permeò il proprio lavoro di valori cristiani (mal­grado la discutibile vita privata). In secondo luogo, The Rape , del 1945, è indicativo della stra­da tracciata da Britten per il teatro musicale in una fase di severe restrizioni economiche. È u­na full opera (una vera e propria opera in due atti di 110 minuti) ma richiede in buca appena
12  solisti e sulla scena 8 cantanti-attori; di essi un soprano e un tenore sono il coro (che com­menta l’azione ma anche interviene). Mezzi, quindi, economicissimi ma che, al Teatro Ali­ghieri di Ravenna, con la direzione dramma­turgica di Daniele Abbado e quella musicale di Jonathan Web, danno l’impressione di assiste­re a un kolossal. L’allestimento nasce nel 1999 a Genova. Qui però non solo è cambiato il ca­st, ma anche le proiezioni (aggiornate sotto il profilo tecnologico) che, in una sala di 900 po­sti (come a Ravenna) sono più efficaci rispetto a un teatro da camera.

La vicenda è tratta della storia dell’antica Roma: le scorribande del vizioso e brutale Tarquinio il giovane, durante il regno dell’etrusco Tarqui­nio il Superbo. Siamo nel 500 avanti Cristo, ma il coro del secondo atto è un inno alla pietà del­la Vergine e l’epilogo richiama il Calvario e la re­denzione. Tarquinio violenta la più virtuosa del­le romane (che ne morirà), ma pure lui sarà per­donato. Al pari di Peter Grimes, Billy Budd e War Requiem , The Rape appartiene alle riflessioni di Britten sulla violenza (e sulla virtù): la guer­ra è il massimo della violenza, la conquista del potere e lo stupro ne sono l’aspetto peggiore ma la Fede porta alla redenzione.

Nell’“opera dell’avvenire”, Britten postulava non solo economia di mezzi ma perfetta fusione tra musica e parola, di cui si deve intendere ogni sfumatura. I cantanti qui sono tutti di lingua madre inglese (ed i sovrattitoli sono ausilio in­dispensabile per chi non conosce la lingua di Shakespeare). Un cast scelto con grande cura in cui spiccano Julianne Young (Lucrezia), John Daszak (coro maschile), Cristina Zavalloni (co­ro femminile), e Joshua Bloom (Collatino). In parallelo con questa edizione, il Verdi di Trieste mette in scena un allestimento di The Rape con cantanti in gran misura croati: un po’ di coor­dinamento sarebbe stato auspicabile.

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In scena a Ravenna l’opera del 1945, 'kolossal' per soli 12 strumenti e otto voci La storia antica è spunto per una morale cristiana

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