OPERA/
L'Orchestra Sinfonica di Roma e l'omaggio di Napolitano
mercoledì 20 marzo 2013
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Il Capo dello Stato, non potendo essere presente di persona in ragione del
delicato momento politico, ha voluto fare sentire la propria voce in due concerti
di abbonamento, quelli del 10 e del 17 marzo (replicati rispettivamente l’11 ed
il 18 marco) e a uno straordinario fuori abbonamento (quello del 16 marzo)
dell’Orchestra Sinfonica di Roma della Fondazione Roma, Arte-Musei. I primi due
sono stati dedicati dall’Orchestra all’associazione che assiste i malati di
Alzheimer e gli anziani fragili. Il terzo è stato un concerto di beneficienza a
favore dell’Associazione Fate Bene Fratelli.
I primi due sono state concerti-lezione per gli abbonati di circa tre ore
(senza intervallo ciascuno) in cui il Maestro Francesco La Vecchia e
l’Orchestra hanno ricostruito la storia della musica sinfonica dal Cinquecento
a oggi ponendo l’accento sulle lontane origini italiane e sulla riscoperta del
sinfonismo italiano del Novecento, di cui l’orchestra sta incidendo l’integrale
per due importanti case discografiche internazionali (la Sony e la Naxos) – un
progetto di lungo periodo ma per il quale l’orchestra ha già preso 12
importanti premi internazionali. Il concerto straordinario ha coniugato tre
sinfonie verdiane (Traviata, Nabucco, Luisa Miller con la settima sinfonia di
Beethoven).
Molti dei nostri lettori non conoscono l’Orchestra Sinfonica di Roma perché
è un complesso relativamente giovane che il 22 novembre 2012 ha celebrato il
decennale dalla nascita. È soprattutto l’unica orchestra sinfonica interamente
privata in Europa continentale e la sola in Italia a non avere un euro di
contributo pubblico. È il frutto del lavoro di un accademico banchiere,
Emmanuele Emmanuele, appassionato d’arte e di un gruppo di musicisti guidati da
Francesco La Vecchia. Quando è iniziata la loro avventura, molti li hanno
snobbati. Pensare di fare nascere un’orchestra sinfonica puramente privata, in
grado di reggersi sulle proprie gambe, partendo con un gruppo di giovani appena
usciti dai conservatori, era considerato poco “politically correct”. Anche
perché i “ragazzi” (così li chiamavano) e il loro animatore, il direttore
d’orchestra Francesco La Vecchia, non andavano a bussare alla porta di
Pantalone, nelle sue varie vesti e guise (Stato, Regione, Provincia, Comune),
ma pensavano di farcela con il contributo di privati e con gli incassi. Hanno
trovato un mecenate, la Fondazione Roma Arte-Musei, che oggi, visti i
risultati, stanzia quasi 4 milioni d’euro l’anno per l’intrapresa (a titolo di
raffronto, il bilancio dell’Accademia di Santa Cecilia supera i 50 milioni
d’euro l’anno, di cui due terzi pubblici). È anche una delle rare formazioni
musicali che, di questi tempi, assume; sono in corso audizioni per dieci
strumentisti (il termine per presentare candidature è scaduto il 18 febbraio
scorso).
I “ragazzi” (di allora) hanno iniziato nel novembre 2002, realizzando le prime
stagioni al Teatro Argentina e al Teatro Sistina. Hanno poi rimesso a nuovo
l’Auditorium di Via della Conciliazione, inizialmente concepito per le udienze
papali del Giubileo del 1950 e diventato, in seguito, per circa mezzo secolo,
sede dei concerti sinfonici dell’Accademia di Santa Cecilia (ora trasferitasi
al Parco della Musica). L’Auditorium di Via della Conciliazione (circa 2000
posti) è stato migliorato sia nell’aspetto sia nell’acustica. Da novembre a
giugno, i “ragazzi” (ormai quarantenni o quasi) vi suonano la domenica
pomeriggio alle 17.30 e il lunedì sera alle 20.30; la sala strabocca di giovani
(e anche di anziani) a ragione in gran misura della politica di prezzi: per 30
concerti, l’abbonamento intero è 300 euro (poco più di un posto in platea o
palco per una sola serata alla Scala), ma per gli studenti è 100 euro e per chi
ha più di 65 anni 180 euro. Per i singoli concerti, il biglietto intero è di 20
euro, quello ridotto (per studenti e anziani) 15. Di recente ero a un concerto
con un noto direttore di teatri d’opera americano: non conosceva l’orchestra –
la sera prima eravamo stati ad un concerto alla sinfonica dell’Accademia
Nazionale di Santa Cecilia- ed è rimasto colpito dalla coesione degli
orchestrali: da 11 anni suonano insieme almeno cinque giorni la settimana tra
concerti della “stagione” di abbonamento, concerti straordinari di beneficienza
e concerti in luoghi di sofferenza (come gli ospedali e gli istituti di
detenzione e pena).
I programmi coniugano la grande musica tradizionale dell’Ottocento e del
Settecento con il Novecento; importante la riscoperta di Martucci, compositore
italiano grandissimo ma che nel nostro Paese era stato coperto da una coltre di
oblio, nonché le integrali di Casella e Petrassi (tutte curate da grandi case
discografiche come la Sony e la Naxos). Una ventata d’aria nuova che mancava
nella capitale da quando è stata chiusa la formazione romana dell’Orchestra
Sinfonica della Rai. Ha innescato competizione nel mercato della musica. I
costi di produzione sono tenuti bassi da un organico amministrativo all’osso
(una decina di dipendenti). L’orchestra ha acquisito tale autorevolezza da
essere stata invitata ad esibirsi all’estero – a San Pietroburgo, a Bruxelles,
a Madrid (in un concerto presso l’Auditorio Nacional de Música alla presenza
della Regina), in Brasile, ad Atene, a Londra (nella sede della Royal
Philharmonic Orchestra) e alla Großer Saal della Philharmonie a Berlino, a
Vienna, a Washington e New York. Una bella storia per incoraggiarsi a uscire
dal declino.
Alla fine del proprio mandato al Quirinale, Napolitano ha certamente inteso
premiare tre aspetti di questo lavoro: a) la professionalità e la coesione con
cui l’équipe è diventata competitiva su piano internazionale , pur con budget
molto ristretti; b) la riscoperta di un repertorio italiano che, pur se suonato
all’estero, in Italia è stato coperto per decenni da una coltre di oblio e c)
le attività sociali a favore di chi soffre che svolge l’orchestrale. E’ un
segnale politico importante che non riguarda solo il mondo delle arti.
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