Orchestra
Sinfonica di Roma, una storia che continua
Scritto da Giuseppe
Pennisi il 5 marzo 2013 in Concerti,
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L’Orchestra Sinfonica di Roma nell’Auditorium di Via della Conciliazione
Concerti • Senza
un euro di contributi pubblici, ma sostenuto da un generoso mecenate,
l’organismo nato dieci anni fa nella capitale ha una vivace attività in Italia
e all’estero
di Giuseppe Pennisi
N on tutti i lettori del Corriere Musicale conoscono
l’Orchestra Sinfonica di Roma. È un complesso relativamente giovane che il 22
novembre 2012 ha celebrato il decennale dalla nascita. È soprattutto l’unica
orchestra sinfonica interamente privata in Europa continentale e la sola in
Italia a non avere un euro di contributo pubblico. È il frutto del lavoro di un
accademico banchiere, Emmanuele Emmanuele, appassionato d’arte e di un gruppo
di musicisti guidati da Francesco La Vecchia. Quando è iniziata la loro
avventura, molti li hanno snobbati. Pensare di fare nascere un’orchestra
sinfonica puramente privata, in grado di reggersi sulle proprie gambe, partendo
con un gruppo di giovani appena usciti dai conservatori, era considerato poco
“politically correct”. Anche perché i “ragazzi” (così li chiamavano) e il loro
animatore, il direttore d’orchestra Francesco La Vecchia, non andavano a
bussare alla porta di Pantalone, nelle sue varie vesti e guise (Stato, Regione,
Provincia, Comune), ma pensavano di farcela con il contributo di privati e con
gli incassi. Hanno trovato un mecenate, la Fondazione Roma Arte-Musei, che
oggi, visti i risultati, stanzia quasi 4 milioni d’euro l’anno per l’intrapresa
(a titolo di raffronto, il bilancio dell’Accademia di Santa Cecilia supera i 50
milioni d’euro l’anno, di cui due terzi pubblici). È anche una delle rare
formazioni musicali che, di questi tempi, assume; sono in corso audizioni per dieci
strumentisti (il termine per presentare candidature è scaduto il 18 febbraio
scorso).
I “ragazzi” (di allora) hanno iniziato nel novembre
2002, realizzando le prime stagioni al Teatro Argentina e al Teatro Sistina.
Hanno, poi, rimesso a nuovo l’Auditorium di Via della Conciliazione,
inizialmente concepito per le udienze papali del Giubileo del 1950 e diventato,
in seguito, per circa mezzo secolo, sede dei concerti sinfonici dell’Accademia
di Santa Cecilia (ora trasferitasi al Parco della Musica). L’Auditorium di
Via della Conciliazione (circa 2000 posti) è stato migliorato sia nell’aspetto
sia nell’acustica. Da novembre a giugno, i “ragazzi” (ormai quarantenni o
quasi) vi suonano la domenica pomeriggio alle 17.30 e il lunedì sera alle
20.30; la sala strabocca di giovani (e anche di anziani) a ragione in gran
misura della politica di prezzi: per 30 concerti, l’abbonamento intero è € 300
(poco più di un posto in platea o palco per una sola serata alla Scala), ma per
gli studenti è € 100 e per chi ha più di 65 anni € 180. Per i singoli concerti,
il biglietto intero è € 20, quello ridotto (per studenti e anziani) € 15.
I programmi coniugano la grande musica tradizionale
dell’Ottocento e del Settecento con il Novecento; importante la riscoperta di
Martucci, compositore italiano grandissimo ma che nel nostro Paese era stato
coperto da una coltre di oblio, nonché le integrali di Casella e Petrassi
(tutte curate da grandi case discografiche come la Sony e la Naxos). Una
ventata d’aria nuova che mancava nella capitale da quando è stata chiusa la
formazione romana dell’Orchestra Sinfonica della Rai. Ha innescato competizione
nel mercato della musica. I costi di produzione sono tenuti bassi da un
organico amministrativo all’osso (una decina di dipendenti). L’orchestra ha
acquisito tale autorevolezza da essere stata invitata ad esibirsi all’estero –
a San Pietroburgo, a Bruxelles, a Madrid (in un concerto presso l’Auditorio
Nacional de Música alla presenza della Regina), in Brasile, ad Atene, a Londra
(nella sede della Royal Philharmonic Orchestra) e alla Großer Saal della
Philharmonie a Berlino, a Vienna, a Washington e New York. Una bella storia per
incoraggiarsi a uscire dal declino.
Veniamo brevemente al programma del concerto di
domenica 3 marzo, concertato da un giovane direttore ospite, il siberiano Mark
Kadin, e intitolato “Il Tempo Torbido”. Di tre partiture (Valse-Fantasie di
Glinka, Concerto Rondo di Offenbach e Settima
Sinfonia di Dvořák), come nella tradizione dell’Orchestra
Sinfonica di Roma, una (la terza) è da sempre nei repertori dei grandi
complessi sinfonici, mentre le altre due sono poco note. Il titolo non si
riferisce necessariamente agli “anni torbidi” della storiografia russa, quelli
che portarono al potere Boris Godunov ed Ivan il Terribile, ma ad ambienti ed
atmosfere comunque tormentate sotto il profilo politico e sociale. La
Valse-Fantasie di Glinka è un lavoro breve (meno di dieci minuti) a cui il
compositore ritornò più volte: ad una prima versione per pianoforte del 1839,
ne seguì una per orchestra del 1845 (ormai perduta) ed una terza del 1856.
Segno dell’importanza che Glinka dava a questo lavoro in si minore in cui si
costruisce un’atmosfera inquietante, per molti aspetti tipica della Russia di
quel periodo. Ancora più interessante il Concerto Rondo per
orchestra e violoncello (la solista Svetlana Tostuktha) di Offenbach, perché
l’autore è conosciuto soprattutto per le sue operette e per l’ultimo lavoro,
per molti aspetti autobiografico e rimasto incompiuto (Les Contes d’Hoffmann).
È poco noto che, nella prima parte della sua carriera, Offenbach è stato
un violoncellista di rango, tanto che veniva chiamato “il Liszt del cello”. Il Rondo (21
minuti) si situa attorno al 1840. I tre brevi tempi sono un dialogo molto teso
tra solista ed orchestra. Nella seconda parte è consistita della Sinfonia
n. 7 in re minore di Dvořák, eseguita per la prima volta a Londra nella
primavera del 1885. Un lavoro tardo romantico, turbolento e con un senso
della tragedia che ricorda la Quarta Sinfonia di Brahms. Kadin ne
ha colto lo spirito, dandone una lettura puntuale.
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