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Prodi (e Camusso) affossano Bersani
lunedì 18 marzo 2013
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NEWS Finanza
Per Mario Monti, l’ultimo appuntamento a Bruxelles al Consiglio europeo
(14-15 marzo) non ha corrisposto alle sue aspettative. Come aveva fatto
intendere nella conferenza stampa del 14 marzo, il Professore sperava di
tornare in Patria con in borsa l’autorizzazione a una “mini golden rule” sulle
linee anticipate da Giuliano Amato nel consueto editoriale domenicale de Il
Sole 24 Ore: escludere, ai fini del computo dei parametri del Fiscal
Compact, gli investimenti pubblici nazionali cofinanziati con fondi europei
(fondi strutturali, fondi di coesione, al limite finanziamenti della Banca
europea per gli investimenti). E , invece, è tornato con un pugno di mosche.
In aggiunta, il pomeriggio del 15 marzo, il Fondo monetario internazionale
diramava un rapporto di 60 pagine in cui si chiedeva “maggior rigore” agli
Stati dell’eurozona in difficoltà. Come se ciò non bastasse, il 16 marzo il
giovane, e agguerrito, Presidente dalla Bundesbank, Jens Weidman (voce
autorevole al Consiglio della Banca centrale europea e azionista di maggioranza
del Meccanismo europeo di stabilità) “metteva in guardia” (traduzione letterale
dal tedesco) l’Italia da tentativi di uscire dai binari tracciati a Bruxelles e
Francoforte.
Monti probamente non era al corrente che, mentre volava verso la capitale
del Belgio e dell’Europa, nell’affollatissima sala azzurra del ministero
dell’Economia e delle Finanze, un giovane economista della Commissione europea,
Alexandr Hobza, illustrava agli invitati un documento in cui a suon
di econometria si mostrava che i conti con l’estero dell’Italia con i paesi
nordici dell’eurozona e con il resto del mondo sarebbero rimasti in profondo
rosso (nonostante una “fiscal devaluation” del 30% che ha già comportato una
forte compressione salariale) pure nell’ipotesi, caldeggiata dal Pd, di una
politica espansionistica in Germania (e negli altri paesi che la contornano)
con aumenti dei salari e dei consumi interni.
Il risultato non poteva essere peggiore per il presidente del Consiglio in
carica. La speranza di tornare a Bruxelles al posto oggi coperto Herman van
Rompuy che scade tra due anni (Presidente del Consiglio europeo - carica che si
è rivelata per lo più onorifica) è svanita perché il resto dei componenti del
vertice dell’Unione europea (Ue) hanno chiaramente detto che non erano pronti
ad ascoltare la sua proposta, non perché in carica per gli adempimenti
ordinari, ma in quanto perdente alle elezioni e, soprattutto, candidato a tutto
(“anche alla Sovrintendenza della Scala?”, avrebbe chiesto con ironia un
componente della delegazione francese). Una vera e propria “fin de partie”.
Non esiste, però, una norma informale di transazione secondo cui ciò che
vale per Mario Monti è un danno anche per l’Italia. A Bruxelles, si è ben
consapevoli che al fine di evitare che in Italia la recessione si avviti e
divenga depressione è necessario rilanciare l’investimento pubblico (passato
dal 3,5% del Pil nel 2007 a meno del 2% nel 2012) e che ciò comporta qualche
forma di “golden rule” per esentare dalla contabilizzazione le spese in conto
capitale finanziate dall’Ue. Tuttavia, i nostri partner necessitano di un
interlocutore autorevole e con una solida maggioranza parlamentare. E di un
programma organico che comporti la contabilizzazione nel debito pubblico dei
debiti della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese e misure
serie per smaltirli (ossia per pagare i creditori).
Non credono, però, che l’attuale leader del Pd possa essere questo interlocutore,
non solo perché ha sostanzialmente perso le elezioni, ma anche per altre due
determinanti: a) sostiene un ritorno in politica di Prodi il quale (condannato
nel 2008 dalla Corte di Giustizia europea per complesse vicende interne alla
Commissione da lui presieduta) non ha lasciato un buon ricordo a Bruxelles ; b)
il programma di sviluppo dell’occupazione predisposto dalla Pd e dalla Cgil
prevede un esborso di 40 miliardi di euro l’anno, tale da far saltare i conti
pubblici italiani e di fare estendere il perimetro del settore pubblico (mentre
in Europa si tenta di fargli fare marcia indietro).
Il resto del Consiglio europeo (e la Commissione) presteranno molta
attenzione a un interlocutore autorevole, supportato da una maggioranza solida,
con un programma che affianchi “mini golden rule” e saldo progressivo dei
debiti delle amministrazioni verso le imprese. È un percorso tutto in salita.
Una scalata. Ma possibile.
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