OPERA/ Quel
"Cuore di cane" che dalla Russia arriva alla Scala
lunedì 11 marzo 2013
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NEWS Musica
Il Teatro alla Scala interrompe una stagione interamente imperniata su
opere di Verdi e Wagner (della cui nascita si celebrano i rispettivi
bicentenari) per presentare l'opera di un compositore contemporaneo, il russo
(ma dal 1990 residente principalmente in Occidente) Alexander Raskatov, noto
principalmente per la cameristica e la musica sacra (specialmente lo Stabat
Mater del 1988). Il lavoro di Rastakov, coprodotto con Amsterdam e Londra,
è tratto, fedelmente, dal thriller di fantascienza del 1925 Cuore di cane,
di Michail Bulgakov: uno scienziato trapianta il cuore di un cane moribondo nel
cadavere di un uomo appena morto; nasce un nuovo soggetto dalle fattezze umane
che ne combina di tutti i colori sino a quando il chirurgo fa l’operazione
all’incontrario, ma viene accusato di assassinio (finendo davvero male). Nella
Russia degli anni immediatamente successivi alla rivoluzione sovietica,
numerosi intellettuali pensarono che, finita l’oppressione zarista, si fosse
aperta una stagione libertaria: Šostakovic portava il grande jazz sulla Neva,
il cinema russo fioriva e per alcuni anni anche la satira era consentita, ma il
Cane di Bulgakov abbaiava e mordeva troppo. In Russia, il romanzo venne
pubblicato solo nel 1987, ma ne circolavano versioni clandestine ed era
arrivato in Occidente, dove ne vennero fatte versioni cinematografiche, una
pure in Italia nel 1976 con la regia di Lattuada.
La musica di Raskatov corrisponde alla simmetria a specchio del romanzo e
del libretto (il cane dapprima trasformato in creatura quasi umana, quindi
ricondotto alla condizione animale). Per la dimensione grottesca e surreale del
soggetto, la partitura assume per lo più tono e ritmo da opera comica – quali Il
naso (1930) di Šostakovic, recentemente applaudito a Roma, e, soprattutto, Vita
con un idiota (1992) di Schnittke.
Rastakov impiega una ricca molteplicità stilistica, con disinvolto
virtuosismo. In breve, uno stile eclettico in cui introduce canzoni della
rivoluzione russa, sonorità e strumenti etnici (diversi tipi di balalajka e
domra), melodie della chiesa ortodossa, citazioni e allusioni colte
(Wagner e Cajkovskij, Bach e ovviamente esponenti della grande scuola russa
come Musorgskij, Šostakovic e Schnittke) a volte come omaggio e a volte come
distorsioni ironiche. In un contesto di black comedy fantascientifica,
domina il "chiacchierar parlando" sostenuto dall’orchestra, nel cui
quadro si schiudono episodi solistici, d’insieme e corali.
ari stili operistici di riferimento vengono mescolati, mantenendo, però,
confini molto precisi in modo che ciascuno venga riconosciuto. Ad esempio,il
ruolo del cane Šarik è sdoppiato in una voce bella e gradevole (controtenore) e
in una voce brutta e sgradevole (soprano drammatico), che produce un’ampia
serie di effetti urlando e sussurrando in un megafono (strumento tipico della
propaganda sovietica). All’alterazione della voce umana, così privata di
identità sessuale, del cane fa riscontro la parte di Šarikov, ossia l’uomo
creato artificialmente con il cuore di cae (tenore buffo di coloratura), molto
virtuosistica.
Il lavoro arriva alla Scala dopo essere stato già rappresentato al
Muziektheater di Amsterdam che lo ha commissionato ed alla English National
Opera (ENO) di Londra. A Milano si seguirà la versione originale in russo (come
a Amsterdam) mentre all’ENO è stato cantato in inglese (come avviene a tutte le
opere là messe in scena).
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