giovedì 28 marzo 2013

Con Bersani che insegue Grillo è finito il sogno del Pd in Formiche del 28 marzo



Con Bersani che insegue Grillo è finito il sogno del Pd
28 - 03 - 2013Giuseppe PennisiCon Bersani che insegue Grillo è finito il sogno del Pd
Circa cinque anni fa, ridotta l’Unione di Prodi ad un cumulo di macerie e sotterrato per sempre quell’Ulivo (che ebbe fugacemente anche ambizioni mondiali lanciate in un convegno a Firenze), Walter Veltroni presentò la proposta di un Partito Democratico, molti pensarono che, finalmente, la sinistra italiana si sarebbe data un assetto (non solo un volto) europeo. Avrebbe, quindi, avuto come suo punto centrale un partito socialdemocratico orientato ad un’economia sociale di mercato di stampo europeo.
Già allora, quando venne il momento della prima consultazione elettorale, sorsero dubbi: l’alleanza con il piccolo ma vocale Italia dei Valori da toni giustizialisti che in Europa lo porrebbero vicino al Front National francese e l’esclusione del Partito Socialista inducevano a dubitare che il progetto si sarebbe realizzato. Tuttavia, la sconfitta elettorale nel 2008 induceva a pensare che la XVI Legislatura sarebbe stata una fase importante per far nascere una socialdemocrazia di governo dai banchi dell’opposizione. Un’esperienza analoga era stata fatta in Francia. Con successo.
Inoltre, l’assunzione della Segreteria da parte di Bersani conteneva promesse e speranze dato che nel periodo passato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’ex Presidente della Regione Emilia-Romagna aveva tentato, almeno in parte, di avviare una fase di liberalizzazioni (le “sventolate”). Infine, i 14 mesi della “strana maggioranza” avevano lanciato segnali positivi nel senso che in politica economica il Pd intendeva coniugare rigore e crescita, riprendendo anche il sentiero di liberalizzazioni e privatizzazioni. Purtroppo, però, invece di un’opposizione costruttiva ed alternativa, nella legislatura ha puntato solo a demonizzare l’avversario e a distruggerlo. Studiosi americani (distinti e distanti dalla nostre beghe) parlano di virus stalinista ed evocano anche Beria quando fanno riferimento all’evoluzione del Pd italiano.
Questo sogno di una socialdemocrazia italiana ha cominciato ad infrangersi quando, negli ultimi della legislatura, il Pd è stato il principale ostacolo alla riforma della legge elettorale, nella convinzione di poter vincere ed ottenere un forte premio di maggioranza. Sempre nel disegno tattico delle elezioni, si è alleato con Sel che di socialdemocratico europeo non vuole avere neanche le parvenze. Risultato perdente, anche se a ragione della legge elettorale “miglior perdente” per appena 120mila voti, ha condotto le consultazioni per la formazione di un governo tralasciando i temi economici (che sono centrali al presente ed al futuro del Paese), parlando in termini vaghi (otto punti dove c’è tutto ed il contrario di tutto). Non solo ma con meno di un terzo degli elettori ha puntato soltanto su una (improbabile) spaccatura del M5S al vecchio scopo di non avere avversari a sinistra e si è rifiutato di considerare una “grande coalizione” analoga a quella che in dieci anni ha trasformato la Germania.
Ora la socialdemocrazia del Pd sembra un vestitino per celare antichi vizi. Ed è un vestitino stracciato.

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