LIRICA/ Teatri, cambiare è possibile: il caso de La Fenice di Venezia
venerdì 16 novembre 2012
Un'immagine dell'Otello
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Il 5
novembre, a Firenze si sono confrontati in un convegno specialistico sovrintendenti
di teatri lirici stranieri e italiani. I primi hanno illustrato cosa stanno
facendo per aumentare produttività, contenere i costi, ridurre il ricorso a
Pantalone e soprattutto attirare pubblico giovane, senza il quale ‘la musa
bizzarra e altera’ è destinata a sparire. I secondi hanno rivolto, in linea di
massima, i solito piagnistei con richieste di maggiori finanziamenti da
contribuenti. Eppure in un mondo che sembrava qualcosa a metà tra una palude e
una foresta pietrificata, qualcosa si muove. Ad esempio, La Fenice da cui da
poco più di un anno è sovrintendente Cristiano Chiarot. Chiarot – occorre
ricordalo – nasce giornalista: i giornalisti non sono sempre bravi a fare
giornali, quando si dedicano ad altre attività sanno fare grandi cose, come
dimostra uno dei maggiori Presidenti della Bundesbank e l’attuale Sindaco di
New York , passato dalla ‘newsroom’ alla finanza prima di scendere in politica.
Così a
Venezia doppia inaugurazione con Otello (16 novembre), omaggio al
bicentenario della nascita di Verdi, e Tristan und Isolde (18 novembre)
omaggio al bicentenario della nascita di Wagner.
La Fenice ha
anche appena presentato, prima in Italia, la stagione lirica 2013-2014, che
proporrà diciotto titoli: L’africaine di Giacomo Meyerbeer, Onegin
di Boris Eifman, La scala di seta di Gioachino Rossini, La clemenza
di Tito di Wolfgang Amadeus Mozart, La traviata di Giuseppe
Verdi, Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, Il campiello di
Ermanno Wolf-Ferrari, Elegy for Young Lovers di Hans Werner Henze, Il
trionfo del tempo e del disinganno di Georg Friedrich Händel, La
bohème, Madama Butterfly e Tosca di Giacomo Puccini, The
Rake’s Progress di Igor Stravinskij, Otello e Il trovatore di
Giuseppe Verdi, L’inganno felice di Gioachino Rossini, Don Giovanni
di Wolfgang Amadeus Mozart, un titolo contemporaneo da definire. In breve, 122
recite – numero che, precisiamo, si riferisce a recite serali o pomeridiane,
esclusi gli spettacoli per le scuole e altre iniziative – rispetto ad una media
di 80 per tutte le fondazioni liriche italiane. Confermati anche gli
allestimenti della già annunciata stagione lirica 2012-2013 (sedici titoli da
novembre a ottobre): Otello di Giuseppe Verdi, Tristan und Isolde
di Richard Wagner, Lo schiaccianoci di Pëtr Il’ic Cajkovskij, I
masnadieri di Giuseppe Verdi, Il barbiere di Siviglia di Gioachino
Rossini, La bohème di Giacomo Puccini, Vec Makropulos di Leoš
Janácek, La cambiale di matrimonio di Gioachino Rossini, Don Giovanni,
Le nozze di Figaro e Così fan tutte di Wolfgang Amadeus Mozart, Madama
Butterfly di Giacomo Puccini, La traviata di Giuseppe Verdi, Carmen
di Georges Bizet, Aspern di Salvatore Sciarrino, L’elisir
d’amore di Gaetano Donizetti), anch’essa composta da 122 recite, con sette
nuovi allestimenti, otto lavori di repertorio e un balletto ospite.
Importante
sottolineare come La Fenice si sta trasformando di fatto in teatro di
semi-repertorio (come il Covent Garden di Londra ed il Metropolitan di New
York) con con importanti produzioni di nuovi titoli anche contemporanei
accanto a cicli (quello mozartiano, quello verdiano, quello pucciniano) che
ritornano ogni anno perché hanno un vasto pubblico italiano e straniero.
Veniamo
all’ Otello, visto ed ascoltato in un’anteprima per la stampa e per
i giovani il 13 novembre. E’ opera presenta grandi difficoltà a ragione
della ardua scrittura sia orchestrale sia vocale. Verdi aveva 75 anni quando
l’opera, dopo un lungo periodo di gestazione, ebbe la trionfale prima mondiale
alla Scala. E’ al tempo stesso il culmine ed il superamento del melodramma:
L’opera è ancora legata ad alcuni aspetti del genere alla base del successo e
della fama di Verdi, ma, metabolizzata la rivoluzione apportata da Richard
Wagner, protesa verso quella che sarebbe stata, di dì a pochi anni, la musica
del Novecento. Prevede l’unico “tenore eroico” della tradizione italiana(il
ruolo di Otello scritto pensando alla straordinarie capacità vocali di
Francesco Tamagno trova raramente cantanti all’altezza), sono essenziali un
doppio coro di alto livello ed una concertazione che sappia cogliere sia il
legame con il melodramma ottocentesco sia la carica innovatrice. ue le
caratteristiche principali di questa nuova produzione che sarà in scena sino al
30 novembre e verrà ripresa nel luglio 2013 e 2014 nel cortile di Palazzo
Ducale: il ‘teatro di regia’ (Francesco Micheli con l’apporto di Edoardo Sanchi
per le scene, Silvia Aymonimo per i costumi e Fabio Barettin (per le luci); e
la concertazione (Myung-Whum Chung).
In una scena
unica e in abiti di fine ottocento, si dipanano i quattro atti divisi in due
parti, ponendo l’accento su simboli e movimenti di luci in linea con la
partitura. Moderno e carico di tensione (nonché con un finale a sorpresa), lo
spettacolo è una vera lezione in ‘teatro di regia’, pensato per un pubblico
giovane, ma potrà lasciare perplessi gli spettatori tradizionalisti. Chung
stringe i tempi per accentuare il dramma e trae dall’orchestra , specialmente
dai fiati, dai celli e dagli ottoni sonorità rotonde e dense di pathos. Tra il
protagonisti, ascoltati il 13 novembre (un’anteprima e nelle recite si
alternano due cast) eccelle Lucio Gallo (veterano del ruolo di Jago). Gregory
Kunde è un abile Otello (scansa alcune delle tonalità più impervie e sfoggia
legato, fraseggio e ‘mezza voce’– campi dove è maestro). La giovane americana
Leah Crocetto è una Desdemona un po’ giunonica e con voce meno morbida di
quella che si preferirebbe in quanto è già stata protagonista di parti (‘Aida’
, Rossana in ‘Cyrano’) che comportano vocalità spesse.
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