FINANZA/ Dalla Germania
un’altra "tegola" per l’Italia
mercoledì 7
novembre 2012
Angela Merkel (Infophoto)
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Ieri pomeriggio le agenzie di stampa hanno diramato
una notizia a cui si è dato poco peso negli organi d’informazione (radio,
televisione): “Crollo degli ordinativi industriali in Germania. A settembre
l’indice, rettificato per gli effetti stagionali e dell’inflazione, ha
registrato un ribasso del 3,3% dopo il calo dello 0,8% ad agosto (dato
rivisto). È la flessione più marcata da settembre 2011 e ben peggiore delle
attese degli economisti che avevano preventivato un calo dello 0,4%. Su base
annua, riferisce il ministero dell’Economia tedesco, l’indice ha evidenziato un
ribasso del 4,7%.” Inoltre, “i dati provenienti dall’Eurozona con un
pesante -9,6% hanno spinto al ribasso il dato sugli ordini esteri, scesi del
4,5%. Giù, anche se in misura minore, gli ordini domestici, diminuiti dell’1,8%
su agosto”. Vedremo se la commenteranno i giornali di oggi.
Per essere a pieno compresa, tuttavia, occorre
metterla in relazione con un’altra notizia su cui nessun organo d’informazione
ha ritenuto meritevole soffermarsi: all’alba del 5 novembre si è concluso a
Berlino un grande negoziato tra Governo e sindacati per “ritoccare” parte dello
“Stato sociale tedesco” - in breve è stato abolito il ticket di 10 euro a
trimestre per fare parte del sistema sanitario nazionale, è stato introdotto un
sussidio a favore di bambini di famiglie povere in età pre-scolare, è stato
varato un programma speciale di assistenza per i pensionati in condizioni
disagiate (specialmente nei Länder orientali, compreso quello di Berlino, ed è
stato ribadito l’impegno di raggiungere l’equilibrio di bilancio entro il
2014).
In sintesi, il Governo ha anticipato i dati sulla
riduzione degli ordinativi industriali (verosimilmente noti all’Esecutivo prima
della diramazione ufficiale) e ha risposto con una serie di misure di politica
sociale volte a lenire i costi sociali di un rallentamento dell’economia
(nell’ultimo trimestre, il Pil tedesco è cresciuto a un tasso annuo dell’1%)
che potrebbe preludere a una stagnazione, ove non peggio.
Alcuni sindacalisti italiani, interpellati sui dati
dell’industria tedesca, oltre ai soliti “Ben gli sta!” (alla Cancelliera
Angela Merkel, ndr) hanno presagito un cambiamento di maggioranza dopo le
prossime elezioni federali nell’autunno 2013, ove non prima di allora. Con il
cambiamento di Governo (o anche senza di esso), ci sarebbe una sterzata di
politica economica di cui beneficerebbero i Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia,
Grecia, Spagna).
È arduo fare previsioni politiche, specialmente in un
contesto di rapido cambiamento - ad esempio, i successi del Partito dei Pirati,
i sondaggi che indicano un tracollo del Partito liberaldemocratico. È
certamente probabile che dopo dieci anni alla guida della Federazione, Angela
Merkel si sia logorata. Ciò non vuol dire che il prossimo Esecutivo sarà
social-democratico (è in corso una severa contesa per la leadership del
partito) o che anche ove ciò avvenisse la Germania rinuncerebbe al ruolo di
guida dell’Unione europea e di una leadership ispirata a rigore e riformismo.
Occorre al riguardo ricordare che le riforme più incisive sono state effettuate
nel 1998-2005, quando era Cancelliere il socialdemocratico Gerhard Schröder.
I nodi centrali sono tre. In primo luogo, la Germania
di oggi ha lo stesso dilemma di quella di Bismarck: è così forte, così
importante e così dinamica da essere il traino dell’Europa, ma non
sufficientemente da poter risolvere, da sola, tutti i problemi del continente.
In secondo luogo, una stagnazione nella Repubblica Federale vuole dire
recessione nei Paesi più deboli: lo affermano non solo i modelli econometrici
ma le stesse previsioni Istat di ulteriore contrazione del Pil italiano nel
2013. In terzo ruolo, la frenata tedesca si inserisce in un più vasto
rallentamento dell’economia mondiale: India e Cina hanno quasi dimezzato i loro
tassi di crescita ed è difficile fare oggi previsioni sulla direzione che
prenderà l’economia americana.
Tuttavia, è in corso un ripensamento, a livello
mondiale, sul nesso tra politiche di stabilizzazione finanziaria e politiche di
crescita. Tale ripensamento è particolarmente accentuato in Germania; in
numerosi Länder si lavora su “piani di rientro” (dal debito e dal deficit) a
medio termine e silenziosamente anche a livello federale si sta operando allo
stesso modo. Ciò non significa, però, che Berlino sia pronta a mutualizzare il
debito con paesi che hanno dato prova, per anni, di scarsa disciplina.
In breve, c’è poco da stare allegri: se per i tedeschi
si prospettano tempi grigi, per noi potrebbero essere davvero neri.
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