Lungo racconto pubblicato a puntate nell’estate del 1913 sul
«Corriere della Sera», La Leda senza cigno di Gabriele
D’Annunzio narra la storia di una giovane donna e delle sue
delusioni. La sua vita è dominata da una fatalità chiusa che le impedisce
di sollevarsi dalle meschinità del vivere quotidiano. Inevitabile la
rinuncia a sogni e aspirazioni. Il testo, strutturato nella forma del
racconto nel racconto, si chiuderà con il suicidio della protagonista.
Nell’edizione in volume del 1916 D’Annunzio accompagnò al romanzo una Licenza
ricca di ricordi autobiografici. Qualcosa di simile avverrà alla Scala
la sera di Sant’Ambrogio (7 dicembre) poiché 'Lohengrin' di Wagner
verrà presentato non come “una grande opera romantica” ma come un dramma
quasi freudiano. Ciò non potrà non scatenare polemiche. Nelle versioni
tradizionali, 'Lohengrin' è l’angelo custode del Santo Graal, il
cavaliere del cigno caro alle leggende medievali dei Paesi Bassi. Sceso
sulla terra, egli cerca una donna che sappia apprezzarlo semplicemente
per la sua umanità, e la troverà in Elsa di Brabante. Assurgerà a
incarnazione della speranza negata nel suo conflitto con Federico di
Telramondo, conte di Brabante, cavaliere in lotta per l’onore. Una
fiaba dal finale tragico, dove la felicità lascia il posto alla malinconia
della rinuncia e alla vaghezza del sogno, che a tratti assume le fattezze
di un dramma storico.
In un'intervista alla rivista «Classic Voice» il regista Claus Guth,
spiega di non essere "interessato all’immagine del cigno in sé, non
è così importante: quel che conta è il fratello di Elsa, che si nasconde
dietro quell’immagine, e sicuramente questo aspetto verrà
sviluppato".
Inoltre l’opera non sarà ambientata nel Medioevo ma ai tempi di Wagner:
"Sicuramente conta molto l’epoca in cui il compositore è vissuto,
uno snodo cruciale, in cui si entrava nel mondo moderno più o meno come
lo conosciamo oggi, anzi si ponevano le basi per quel sistema
capitalistico-finanziario e politico nelle cui propaggini, o meglio
conseguenze, ci troviamo a vivere oggi. Questo mi ha spinto a mettere in
scena il 'Lohengrin' all’epoca di Wagner, posta a sua volta in parallelo
con i nostri giorni".
Per Guth, la chiave del 'Lohengrin' sta nei traumi infantili della
protagonista femminile dell'opera, Elsa. "Ho realizzato una sorta di
background completo per questa giovane donna e Elsa ha svelato una storia
e una psicologia di estremo interesse. Una ragazza rimasta orfana assai
presto, che sente profondamente questa perdita, subito acuita dalla nuova
perdita del fratello, che la scuote ulteriormente. Si aggiunge poi il
comportamento ambiguo e contraddittorio di Friedrich von Telramund,
che prima si arroga il diritto alla sua mano, poi le preferisce Ortrud.
Mi sembra significativo - aggiunge il regista - usare il potere dell’immaginazione
per raccontare come Elsa abbia dunque vissuto una vicenda precedente,
prima dell’arrivo di Lohengrin, dove ha anche sviluppato una sorta di
ossessione per una ideale figura di 'salvatore'"
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