martedì 20 novembre 2012

IL BILANCIO EUROPEO E I POLLI DI RENZO in Il Velino del 20 novembre



IL BILANCIO EUROPEO E I POLLI DI RENZO
Un’occasione da non perdere per il Governo Monti
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Roma - La lettura dei messaggi che si scambiano le diplomazie economiche europee in queste settimane – alcuni classificati ‘riservati’ ma grazie alla telematica noti a tutti – ricorda l’apologo dei polli di Renzo che si beccano senza rendersi conto d’essere sulla via della pentola. Presso le Rappresentanze dei 27 dell’Unione Europea sono addirittura in corso preparativi per rendere meno disagevole il soggiorno di Capi di Stato e di Governo, sherpa e stuoli di barracuda-esperti in caso la sessione del Consiglio Europeo si protragga oltre il programmato 22-23 novembre. Ai giornalisti, si consiglia di cercare alloggio a Charlesroi o Liegi. Il piatto forte della discussione è il bilancio europeo, in particolare il quadro di riferimento per il settennato 2014 – 2020, ivi compresi fondi strutturali e di coesione per mille miliardi di euro.

Naturalmente ci sono quelli che insistono per un aumento dei fondi di coesione (i ‘nuovi arrivati’ dell’Europa centrale ed orientale), chi tenta di difendere la quota avuta in passato di fondi strutturali (come l’Italia) anche senza essere stati in grado di spendere quanto loro assegnato, i sostenitori di un alto apporto alla politica agricola comune (Francia, Spagna, Portogallo, Italia e Romania) pur se piuttosto contraddittori nelle loro richieste, i fautori di una migliore qualità della spesa comune (Regno Unito, Germania, Stati nordici), e coloro che, a torto o ragione, si sentono defraudati da un sistema che li rende contributori netti. Ove non ci fosse abbastanza confusione, la Commissione europea considera vitale un aumento dell’organico e il mantenimento del tenore di vita dei propri dipendenti. C’è chi minaccia di non chiudere il negoziato nei tempi previsti. Dal Parlamento europeo giungono pronostici che l’assemblea potrebbe respingere quello che si starebbe delineando come un ‘pateracchio’.

Eppure basterebbe un po’ di buon senso per rendersi conto che si sta discutendo di ben poca cosa: il bilancio dell’Ue non supera l’1% del Pil (questo livello dovrebbe essere per la Germania un ‘tetto’ da non superare) ossia circa il 2% della spesa pubblica dei 27. E con po’ di coraggio la ‘battaglia del bilancio’ potrebbe diventare la leva per allestire una maggiore integrazione europea, rafforzando tanto il Fiscal Compact quanto la Banking Union e rendendo fattibili le misure di solidarietà necessarie per sostenere quegli Stati in difficoltà che stanno attuando seri programmi di riassetto strutturale.

Il Governo Monti è particolarmente bene attrezzato per dare la svolta necessaria al negoziato. In primo luogo, è un esecutivo tecnico e il cui termine è fissato dalla fine della legislatura; non ha nulla da temere da un Parlamento che diventasse potenzialmente schizzinoso in materia di bilancio europeo. In secondo luogo, l’Italia (nonostante le sue difficoltà finanziarie) è il maggiore contributore netto al bilancio Ue; chi più paga (al netto) non solo ha maggior titolo ma anche un obbligo a delineare il tracciato. In terzo luogo, non mancano, in Italia, idee e proposte su dove andare e come farlo. In terzo luogo, l’obiettivo di una maggiore integrazione europea è stata la stella polare della nostra politica economica internazionale sin dai primi anni del dopoguerra (anche se non sono mancate differenze di idee su alcune modalità specifiche). In quarto luogo, in lavori recenti di istituti di ricerca italiani (come lo I.A.I.) sono state formulate proposte specifiche per dare (almeno al bilancio dell’eurozona) risorse proprie destinando a questo scopo parte del gettito delle imposte per favorire risparmio energetico (riducendo l’apporto di fondi con maggior contenuto di carbonio) e per contenere le transazioni finanziarie speculative. In quinto luogo – come sostiene Christian Dreger del DWI di Berlino – Roma potrebbe proporre metodi per migliorare la qualità della spesa comunitaria, partendo dagli investimenti a carico dei fondi strutturali; è, a riguardo, da augurarsi che venga ufficializzato presto il lavoro condotto da CNEL e frenato, pare, da pulsioni particolaristiche.   (ilVelino/AGV)

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