l’analisi Ma
va ridefinita anche la «svendita» greca
N on era difficile prevedere come sarebbe finita l’ennesima riunione dell’Eurogruppo sulla Grecia: un «default» mascherato e concordato da un lato e l’ammissione di errori di diagnosi (e di terapia) commessi dalla troika dall’altro.
Nessuno ne esce bene. La Ue avrebbe forse dovuto accettare le raccomandazioni dell’Eurostat (secondo cui 13 anni fa la Grecia non aveva le premesse per fare parte dell’Unione monetaria). E la troika avrebbe dovuto fare le proprie analisi con maggiore cura. Nella maratona negoziale, in ogni caso, i ministri hanno fatto dei progressi: l’Eurogruppo ha identificato un pacchetto di misure credibili per contribuire in modo sostanziale alla sostenibilità del debito greco, in sostanza un default in maschera, e la correzione di errori commessi dalla stessa troika nei piani precedenti.
In primo luogo, nella storia anche recente le insolvenze di debiti sovrani sono frequentissime: basti pensare a quelle dell’America Latina un quarto di secolo fa e di quelle dell’Asia a cavallo tra il Ventesimo e Ventunesimo Secolo. Si sono verificate anche all’interno di unioni monetarie tra Paesi sviluppati (frequentissime in quelle tra Paesi in via di sviluppo). Nell’unione monetaria latina (che durò dal 1865 al 1927) erano attutite, specialmente in tema di eventuale contagio, dal moneta unica (che operava, a tasso fisso, in parallelo con le monete nazionali). Negli Usa, dove si verificano veri e propri «fallimenti» di Stati dell’Unione, i crac hanno effetti contenuti a ragione del ruolo del dollaro nel sistema internazionale. Se al «default in maschera» non seguirà un attacco dei mercati a Spagna e in Italia, si avrà paradossalmente la prima vera prova della «forza» dell’euro, un attestato della sua reputazione molto più importante del tasso di cambio con il dollaro.
Si è parlato molto di errori macroeconomici della troika del definire un programma di riassetto strutturale con una tempistica molto corta e con scarsa attenzione agli aspetti di tenuta sociale. Lo stesso numero uno del Fmi, Christine Lagarde, aveva dichiarato che l’Europa deve trovare un accordo per inserire il debito della Grecia sui binari della sostenibilità.
Più importante della dilazione del riassetto dei conti pubblici, sarà il riesame del programma di privatizzazioni, definito dalla troika in modo quanto meno frettoloso. Ad esempio, la vendita (da parte del demanio greco) di una parte della costa sullo Ionio (potenzialmente appettibile per sviluppo turistico ) non tiene conto che su quel lembo sono state costruite 700 ville abusive che i proprietari (legittimi o meno) sono pronti a difendere a pallettoni (scoraggiando potenziali acquirenti). Inoltre si pensava di vendere (ai cinesi) l’Opap (azienda parastatale di giochi) che ha una rete estesa sino ai piccoli villaggi. Ma pare che nella gamma offerta dell’Opap ci siano giochi d’azzardo vietati dalle regole europee e i cinesi temono che, al cambio di azionista di riferimento, si ponga termine alla tolleranza esercitata sino ad ora. Ancora, la cessione di porti, aeroporti e autostrade richiede un lungo lavoro di regolazione del settore. Infine, nessuno pare interessato all’acquisto del Palazzo Reale con annessi e connessi di tenute da caccia, isole private e via discorrendo - ormai in disuso da anni e quindi bisognose di costose manutenzioni straordinarie.
Giuseppe Pennisi
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