lunedì 26 novembre 2012

Ma va ridefinita anche la «svendita» greca in Avvenire del 27 novembre



l’analisi Ma va ridefinita anche la «svendita» greca


N on era diffi­cile preve­dere come sarebbe finita l’enne­sima riunione del­l’Eurogruppo sulla Grecia: un «default» mascherato e con­cordato da un lato e l’ammissione di erro­ri di diagnosi (e di te­rapia) commessi dalla troika dall’al­tro.

Nessuno ne esce bene. La Ue avreb­be forse dovuto accettare le racco­mandazioni dell’Eurostat (secondo cui 13 anni fa la Grecia non aveva le premesse per fare parte dell’Unione monetaria). E la troika avrebbe dovu­to fare le proprie analisi con maggio­re cura. Nella maratona negoziale, in ogni caso, i ministri hanno fatto dei progressi: l’Eurogruppo ha identifi­cato un pacchetto di misure credibi­li per contribuire in modo sostanzia­le alla sostenibilità del debito greco, in sostanza un default in maschera, e la correzione di errori commessi dalla stessa troika nei piani precedenti.

In primo luogo, nella storia anche re­cente le insolvenze di debiti sovrani sono frequentissime: basti pensare a quelle dell’America Latina un quarto di secolo fa e di quelle dell’Asia a ca­vallo tra il Ventesimo e Ventunesimo Secolo. Si sono verificate anche al­l’interno di unioni monetarie tra Pae­si sviluppati (frequentissime in quel­le tra Paesi in via di sviluppo). Nell’u­nione monetaria latina (che durò dal 1865 al 1927) erano attutite, special­mente in tema di eventuale contagio, dal moneta unica (che operava, a tas­so fisso, in parallelo con le monete na­zionali). Negli Usa, dove si verificano veri e propri «fallimenti» di Stati del­l’Unione, i crac hanno effetti conte­nuti a ragione del ruolo del dollaro nel sistema internazionale. Se al «default in maschera» non seguirà un attacco dei mercati a Spagna e in Italia, si a­vrà paradossalmente la prima vera prova della «forza» dell’euro, un atte­stato della sua reputazione molto più importante del tasso di cambio con il dollaro.

Si è parlato molto di errori macro­economici della troika del definire un programma di riassetto strutturale con una tempistica molto corta e con scarsa attenzione agli aspetti di tenu­ta sociale. Lo stesso numero uno del Fmi, Christine Lagarde, aveva dichia­rato che l’Europa deve trovare un ac­cordo per inserire il debito della Gre­cia sui binari della sostenibilità.

Più importante della dilazione del riassetto dei conti pubblici, sarà il rie­same del programma di privatizza­zioni, definito dalla troika in modo quanto meno frettoloso. Ad esempio, la vendita (da parte del demanio gre­co) di una parte della costa sullo Io­nio (potenzialmente appettibile per sviluppo turistico ) non tiene conto che su quel lembo sono state costrui­te 700 ville abusive che i proprietari (legittimi o meno) sono pronti a di­fendere a pallettoni (scoraggiando potenziali acquirenti). Inoltre si pen­sava di vendere (ai cinesi) l’Opap (a­zienda parastatale di giochi) che ha una rete estesa sino ai piccoli villag­gi. Ma pare che nella gamma offerta dell’Opap ci siano giochi d’azzardo vietati dalle regole europee e i cinesi temono che, al cambio di azionista di riferimento, si ponga termine alla tol­leranza esercitata sino ad ora. Anco­ra, la cessione di porti, aeroporti e au­tostrade richiede un lungo lavoro di regolazione del settore. Infine, nes­suno pare interessato all’acquisto del Palazzo Reale con annessi e connes­si di tenute da caccia, isole private e via discorrendo - ormai in disuso da anni e quindi bisognose di costose manutenzioni straordinarie.

Giuseppe Pennisi

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