martedì 15 luglio 2008

OK L'ITALIA E' MELOMANE MA 50 FESTIVAL SONO TROPPI, Il Tempo 15 luglio

In estate, i festival pullulano. Fa piacere stare al fresco, in piazze storiche od anche all’interno di monumenti, e godersi uno spettacolo. Il vostro “chroniqueur” è notoriamente un melomane inguaribile dall’età di 12 anni. Dunque, non può non rallegrarsi del fatto che il principale sito web dedicato alla musa bizzarra e altera (l’opera lirica) – www.operabase.com – e il principale periodico del settore (il mensile “L’Opera”) indicano che questa estate 2008 i festival di musica lirica nel nostro Paese sfiorano la cinquantina. Tutti di qualità, tali da potersi attribuire l’etichetta “Festival”? Molti sono organizzati da un paio di agenzie che utilizzano in gran misura cantati dei Balcani e dell’Europa dell’Est (hanno cachet molto bassi) per portare da una spiaggia all’altra o da una città all’altra allestimenti semplici di opere del grande repertorio (“Rigoletto”, “Carmen”, “Traviata”); non sono Festival ma svolgono pur sempre una funzione. Se gli enti locali vogliono sussidiarli, è probabilmente meglio fare conoscere l’italianità della lirica che disperdersi in tante fiere del carciofone o della patata rossa (con grande rispetto per i carciofi e le patate).
Il nodo viene nel definire criteri per allocare le sempre più magre risorse dello Stato tra i Festival che vogliono essere di qualità. Si pensi che il fondo del Governo federale austriaco per i teatri d’opera della sola Vienna e per il Festival di Salisburgo è pari al doppio di quanto il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) italiano destina alla lirica (invernale ed estiva). La coperta, quindi, non è stretta, ma strettissima.
E’ , dunque, necessario di disporre di criteri chiari e trasparenti. A mio avviso, da economista ammalato di lirica, si possono proporre alcune idee. In primo luogo, favorire i festival d’eccellenza monografici (spesso coniugati a fondazioni di ricerca musicologia) , diretti a rappresentare edizioni critiche; quelli dedicati a Puccini, Pegolesi-Spontini, Rossini e Verdi continuano a dare buona prova, mentre non sono mai decollati quelli dedicati a Donizetti e Bellini. In secondo luogo, un criterio importante è l’autofinanziamento – tramite biglietteria, vendita di spettacoli, sponsor. I festival di Glyndebourne e Aix en Provence raggiungono percentuali di autofinanziamento dell’80-66%. I nostri festival di maggior successo sfiorano il 35%: Occorre introdurre un principio come il matching grant anglosassone: quanto più riesci a ottenere sul mercato tanto più Pantalone è generoso. In terzo criterio, la capacità di favorire il “made in Italty” all’estero; in altra sede, ho documentato come c’è una correlazione tra la nostra presenza culturale ed il nostro export: si pensi all’”Aida” in programma alle Terme di Caracalla concepita per Hong Kong e Seul e finanziata dai cinesi e dai coreani. Analisi dell’Ice potrebbero servire a meglio quantizzare questo parametro ed ad utilizzarlo tra i criteri per il supporto dei Festival da parte dell’amministrazione centrale dello Stato.

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