Il ministro Scajola stamani ha detto: È vicina la soluzione per il rilancio «a capitale italiano della compagnia di bandiera»
Siamo forse all’ultimo atto del tormentone Alitalia, iniziato nel 2006 con lo sgangherato “beauty contest” (in effetti, la vicenda è cominciata quasi tre lustri prima, da quando la compagnia di bandiera non più in grado di cimentarsi con la rivoluzione tecnologica e commerciale del traffico aereo internazionale ha preso ad accumulare perdite su perdite e debiti su debiti).
Secondo indiscrezioni (in parte smentite dal ministro Scajola) sarebbe in corso un complicato processo di riassetto normativo e d’aggregazione industriale e finanziaria. Il primo passo sarebbe la modifica della legge Marzano sull’amministrazione straordinaria al fine di evitare che lo stock di debito sia trasferito ai nuovi soci, tagliando non solo figurativamente le ali alla “NewCo” –nuova compagnia che erediterebbe le attività promettenti di Alitalia. Ciò richiederebbe un passaggio legislativo che non potrebbe essere indolore a ragione sia del clima incandescente su tutti i fronti del dibattito politico sia degli esuberi (le indiscrezioni parlano di 4000 persone e forniscono anche dettagli della loro ripartizione tra settori e specializzazioni professionali) che dovrebbero essere accompagnati da una vasta gamma d’ammortizzatori sociali.
Il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola però - dopo aver annunciato una vicina conclusione che potrà rilanciare una compagnia a capitale italiano - ha precisato che nel prossimo Consiglio dei Ministri, venerdì 25, non ci sarà nessuna modifica alla legge Marzano sull'amministrazione straordinaria delle imprese (che, come detto, potrebbe essere necessaria al piano di salvataggio di Alitalia su cui sta lavorando Intesa Sanpaolo, advisor del Tesoro per la privatizzazione). Ciò evita un dibattito politico potenzialmente incandescente ma solleva delicati aspetti di imputazione del debito
La nuova Alitalia manterebbe nome e marchio, si libererebbe di vecchi aerei di medio e lungo raggio (e li sostituirebbe con aeromobili in “leasing”, attendendo tempi migliori per procedere ad acquisti) e risorgerebbe (si fa per dire) come una compagnia interamente italiana dal matrimonio con AirOne e Volare (nonché il fidanzamento con Meridiana) e soci come Intesa-SanPaolo, Benetton, Ligresti, Colannino ed altri (si fa il nome di Gavio e della Presidente della Confindustria Marcegaglia). Non tutti i soci entrerebbero simultaneamente; la “NewCo” sarebbe costruita a tappe, o a strati.
Sul piano interno ci sarà una specializzazione tra i due principali aeroporti: Fiumicino per il medio e lungo raggio e Malpensa per la rete domestica. La specializzazione ovviamente comporterebbe eccezioni, con collegamenti con New York e con la Cina anche dallo scalo varesino. Inoltre, la “NewCo” farebbe un passo indietro sulla rotta Roma-Catania (dove avrebbe, altrimenti, una posizione dominante) e controbatterebbe alle obiezioni anti-trust sulla Roma-Milano affermando che l’alta velocità ferroviaria, tra breve, sarà il competitore effettivo del traffico aereo. Sul piano delle alleanze internazionali dovrà scegliere tra “SkyTeam” guidato da AirFrance-Klm (e di cui l’attuale Alitalia è partner) e “Star Alliance” (pilotato da Lufthansa (ed a cui appartiene AirOne).
Le indiscrezioni – come avviene in questi casi – sono molto ricche. Tuttavia, queste sono le linee essenziali. In una materia come questa, è essenziale che l’analisi delle singole foglie non faccia perdere di vista le caratteristiche dell’albero.
Quali, allora, le osservazioni principali che si possono formulare?• In primo luogo, sarebbe poco utile fare un raffronto tra la soluzione che si sta profilando adesso e la bozza d’accordo con AirFrance-Klm d’alcuni mesi fa. Sono due strade molto differenti. Ora si sta definendo un’ipotesi nazionale (che in futuro potrebbe integrarsi con vettori internazionali), mentre allora la proposta era l’ingresso in una delle maggiori reti mondiali. Resta l’interrogativo se nel traffico aereo d’oggi e domani, le soluzioni nazionali hanno posto e sia un posto che assicuri adeguata redditività.
• In secondo luogo, la compagine azionaria delineata comporta aspetti delicati poiché comprende concessionari di rendite pubbliche; a pensare male, perdite sul fronte Alitalia, ad esempio, potrebbero essere coperte da ritocchi alle tariffe autostradali.
• In terzo luogo, non è stata mai chiarita la situazione finanziaria d’AirOne. Un quotidiano economico da mesi utilizza dati di bilancio e sul load factor (la percentuale di passeggeri paganti viaggianti su posti disponibile) per sostenere l’ipotesi che il salvataggio non riguarderebbe unicamente Alitalia ma anche il junior partner e suggerire che i contribuenti dovranno essere pronti ad aprire i portafogli per diversi anni. Un chiarimento su questo punto è basilare.
• In quarto luogo, nonostante la marcia indietro su Catania e le assicurazioni su Milano, la “NewCo” si presenta in posizione dominante sul mercato italiano. Le autorità regolatorie avranno un bel da fare nel definire “price caps” alle tariffe, anche perché dovranno confrontarsi con il Gotha dell’industria italiana e con uno dei maggiori complessi bancari del Paese. Davide – è vero – la vinse su Golia. Soprattutto, però, essere in posizione dominante o d’oligopolio collusivo non assicura un buon progetto industriale caratterizzato da competitività e produttività.
Di recente un’analisi a più voci dell’Istituto Bruno Leoni ha mostrato come si possa essere un “cartello a perdere”. L’Alitalia ha avuto per anni una posizione dominante: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Considerazioni analoghe si possono fare per Sabena, Swissair, Pan Am, Twa ed altri vettori i cui nomi e le cui sigle sono ormai relegate nelle nostre memorie di giovinezza.
Se si va ancora più in là nella storia economica, si pensi all’olandese Compagnie delle Indie , gradualmente diventata sempre più flaccida e sempre più indebitata (sino a saltare in aria).
Non facciamoci allora illusioni, poiché senza un management all’altezza e con continua conflittualità sindacale c’è il rischio di trovarsi tra qualche anno in una situazione analoga all’attuale.
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