E’ raro che un’opera contemporanea di autore vivente, cresciuto all’insegna dell’avanguardia, abbia successo, anche e specialmente, tra i giovani e dopo la “prima” mondiale presso l’organizzazione che la ha commissionata inizi una lunga tournée. Ancora più raro se l’autore è francese, ha avuto maestri come Olivier Messian e Iannis Xenakis, è stato uno dei protagonisti delle esperienze foniche dell’Ircam e la sua opera, commissionata in Francia dove ha debuttato, ha un libretto in lingua italiana (reso accessibile, ai francesi, da utili sovrattitoli). E’ il caso di “Passion” di Pascal Dusapin, il compositore francese più rappresentato in Patria ed all’estero, che dopo la prima mondiale al Festival Internazionale di Arte Lirica di Aix en Provence inizia, in settembre, un lungo viaggio, che la porterà a Strasburgo, Rouen, Parigi, Vienna, Lussemburgo e probabilmente New York e Roma – per parlare unicamente degli impegni nella stagione 2008-2009.
Cosa è e come nasce “Passion”? Sesta opera di Dusapin (il suo “Romeo e Giulietta” del 1988 è stato ripreso di recente a Parigi), viene dopo “Perelà, Uomo di Fumo” presentata nel 2003 all’Opéra-Bastille e “Faustus, the Last Night” che ha debutto nel 2006 alla Staatsoper under den Linden di Berlino. Insieme costituiscono una trilogia di riflessioni sul significato dell’esistenza. “Perelà”- ci dice Dusapin - è un grand-opéra ispirato ai Vangeli (anche se tratto da un romanzo di un ebreo); termina con l’Ascenzione”( verso lassù). In “Faustus”, “il protagonista dice, sin dalla prima scena, di venire da laggiù” (ossia dal ventre delle terra, dall’Oltretomba). “Passion” investiga (come può farlo un artista) se si può andare da “laggiù” (inteso come regno della morte dei sentimenti) a “lassù” (inteso non come Cielo ma come terra con le sue angosce e passioni). Il richiamo è evidentemente al mito di Orfeo (il musicista per eccellenza) che tenta, senza riuscirci, di portare “da laggiù” a “lassù” la sua Euridice. Per farlo – lo sappiamo- deve scendere all’Ade e provare “paura” e “desiderio” , due dei tanti aspetti di ciò che si chiama “passione”. “La passione – aggiunge – Dusapin è sempre multiforme: l’addoloratissima Maria nella Pietà di Michelangelo ha un volto quasi sorridente, e comunque da infondere serenità”. Un lavoro religioso? “Non necessariamente, ma senza dubbio spirituale”.
Perché il testo del libretto è in italiano? Dusapin (oggi ha 54 anni) è stato “pensionare” dell’Accademia di Francia a Roma nel 1981-83 e si destreggia bene nella nostra lingua. La ragione di fondo, però, è nel volersi collegare con l’origine del teatro in musica; per questo motivo il testo è costituito da brani di Badoaro e Busenello e Striggio (i librettisti di Monteverdi), oltre che di Dante e di Tasso. Sono frammenti ricostruiti in gran misura in prosa, anche se in certi momenti (specialmente quelli corali) tornano i versi. Anche la regia e la scena sono affidate ad un italiano (che lavora, però, prevalentemente all’estero): Giuseppe Frigeni.
E’ uno spettacolo in estrema economia di mezzi: due soli cantanti – attori – Lui e Lei – ed un coro di sei elementi – gli Altri. Un’orchestra barocca – quattro archi, sei fiati, tre ottoni, un’arpa, un clavicembalo- integrata da “live electronics” ed elettroacustica (i due protagonisti indossano un dispositivo elettronico che trasforma in suono i movimenti dei loro muscoli). In questa ricostruzione moderna del mito di Orfeo ed Euridice, in cui Lei, anche dopo aver avuto un nuovo momento d’amore con Lui, vuole restare “laggiù”(nel’Oltretomba) piuttosto che ascendere lassù (sulla Terra). Novanta minuti, senza intervallo, ma con due intermezzi per orchestra e movimenti mimici. Una partitura di estrema eleganza; la live electronics e l’elettroacustica si fondono su una struttura madrigalistica dove prevalgono il “recitar cantando”, il declamato ed i virtuosismi dei solisti, ma non mancano gli abbandoni lirici. Richiede orecchia use sia alla contemporaneità più avanzata sia all’inizio del teatro in musica (quattro secoli fa). Dusapin afferma di “militare per l’espressione pura, cosa non certo ben vista di questi tempi” (dove tutto si butta in politica e prevalentemente da una parte sola). Il successo di “Passion” mostra che forse ha ragione.
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