lunedì 14 luglio 2008

L'AIDA A CARACALLA SFIDA IL FESTIVAL DELL'UNITA' E VINCE, L'Occidentale 12 luglio

Da alcuni giorni, a Roma sulla passeggiata archeologica, si fronteggiano il Festival dell’Unità ed un nuovo allestimento di “Aida” alle Terme di Caracalla. Il primo è in atto dalla fine di giugno. Il secondo ha inaugurato, il 10 luglio, la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma con una produzione, per così dire, intercontinentale. E’ stata prodotta nei laboratori del Teatro per conto del coreano Beseto Opera Group che la ha messa in scena prima a Hong Kong (per le celebrazioni del decennale del ritorno della città alla Cina) e successivamente a Seul. Dopo le rappresentazioni romane, andrà a Tokio, Shangai, e Pechino. E’ un’operazione che la politica pubblica dovrebbe encomiare (la segnaliamo al Ministro Bondi) non soltanto per le economie che realizza e le sinergie che attiva ma anche e soprattutto perché mette in modo quello che io chiamerei l’”esportar cantando” – ossia la promozione più nobile del “made in Italy”. Un accordo tra il Festival dell’Unità ed il Teatro (con l’aiuto della tecnologia) fanno sì che le due manifestazioni si fronteggino senza disturbarsi . In effetti, il 10 luglio alle 20,45 il Teatro era esaurito in ogni ordine di posti mentre i padiglioni del Festival sembravano deserti. Verso l’una del mattino, occorre dire, il Festival sembrava un po’ più animato. Segno dei tempi, ossia dell’antipolitica, ma anche del fascino che Verdi esercita, specialmente in versione nazional-popolare come quella dell’allestimento di “Aida” concepito dal regista Maurizio Di Mattia in modo che possa essere facilmente trasportato e realizzato in palcoscenici di dimensioni differenti e riesca ad ammaliare pubblico di culture tra le più diverse.
Il vostro “chroniqueur”, melomane errante dall’età della pubertà (o giù di lì), ha avuto modo di assistere ad una rappresentazione al Teatro dell’Opera del Cairo nel lontano gennaio 1969, in occasione del centenario dell’apertura dell’edificio – un grazioso teatro all’italiana di 7-800 posti con tre ordini di palchi e barcacce, distrutto da un incendio all’inizio degli Anni ’70. Il Teatro dell’Opera del Cairo – si sa - non era stato inaugurato dall’opera commissionata, in seguito ad una gara internazionale, per la bisogna (per l’appunto “Aida” di Giuseppe Verdi) ma con “Rigoletto”. La guerra franco-prussiana aveva reso impossibile il trasporto, via mare, di scene e costumi di “Aida” (confezionati a Parigi). La prima impressione che dava il teatro era il suo carattere intimo (ed un’acustica magnifica, ai livelli di quel prodigio che è il Massimo di Bellini). Lo stesso palcoscenico era poco profondo e con un boccascena di dimensioni tutt’altro che grandi; se sulla scena le masse (coro e comparse) potevano essere una cinquantina, il golfo mistico poteva ospitare 50-60 orchestrali al massimo. Nel gennaio 1969 non si rappresentava “Aida”, ma un allestimento russo di un’opera minore del repertorio tedesco portata in tournée in “Paesi amici” (si era in piena guerra fredda e l’Egitto – pardon, la Repubblica Araba Unita era chiaramente schierata).
Una visita, anche una sola, al teatro che la ha commissionata rende immediatamente evidente che l’”Aida” (quale pensata da Verdi) era molto differente da quella della vulgata dei magniloquenti allestimenti correnti. Lo chiarisce la lettura della partitura: un esempio, non si richiedono quattro (od addirittura sei) arpe, ma due (di cui una in scena, in modo da potere essere suonate da una sola arpista). “Aida” è, in effetti, un’opera intimista (anche se le scene a due o tre personaggi sono incastonate in momenti corali) . E’ la prima delle tre opere “perfette” di Verdi, che non aveva ancora assistito al “Lohengrin”, ma aveva già superato il melodramma e si era posto su un sentiero non molto differente dal musikdrama wagneriano: flusso orchestrale ininterrotto nelle sette scene (ma divise in “numeri”), equilibrio mirabile tra golfo mistico e voci, integrazione completa dei ballabili nelle singole scene, impiego del declamato, ed utilizzazione di motivi conduttori in forma non mnemonica ma sintattica (si pensi alle “riprese” del notturno d’archi ascoltato inizialmente nel preludio e ripetuto, con varie modificazioni, in più momenti dell’opera). Occorre dire che a Roma “Aida” andrebbe rappresentata al Teatro Valle non alle Terme di Caracalla e che la messa in scena più fedele al debutto cairota è quella allestita da Franco Zeffirelli nel minuscolo teatro di Busseto nel 2001 e portata in tournée in Italia nei due anni successivi.
Questa premessa potrebbe sembrare una mera ostentazione d’erudizione. E’ essenziale per comprendere l’”Aida” intercontinentale realizzata da Maurizio Di Mattia. Utilizza con pochi elementi scenici lo splendore delle Terme di Caracalla, ma può adattarsi a palcoscenici più piccoli e recupera l’impianto “intimista” del capolavoro verdiano. Altro aspetto: tiene conto dei colori della partitura – ad esempio, la scena del trionfo è immersa nella luce e nel solo del meriggio mentre la scena della preghiera nel Tempio sul Nilo è un notturno.
Puntuale la direzione musicale di Antonio Pirolli. Gradevoli i balletti. Tra le voci spiccano la Aida di Maria Carola e l’Amneris di Laura Brioli , nonché l’Amonostro di Giovanni Meoni, mentre il Radames

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