domenica 13 luglio 2008

IL G8 SI CONCENTRI SU UN TEMA PER VOLTA O E’ TEMPO BUTTATO VIA, Libero 12 luglio

Il G8 del 2008 è terminato con molte parole, numerose promesse ma pochi fatti concreti in materia tanto d’ambiente quanto d’energia quanto di fame del mondo (uno degli impegni principali assunti al G8 di Genova nel 2001 e ribadito in quello di Gleneagles nel 2005). Il vostro “chroniqueur” segue i vari G (dei “grandi”) sin da quello nel Castello di Rambouillet nel novembre 1975. E’ , quindi, naturale che si chieda, come fanno molti altri, perché la macchina pare non funzionare e cosa può fare il Governo italiano (responsabile dell’organizzazione della prossima tornata) per oliarla meglio ed ottenere qualche risultato in più.
Occorre partire da una constatazione: dal 1975 ad oggi, si è passati da mercati nazionali o regionali abbastanza “chiusi” ad un mercato internazionale in via di progressiva integrazione a ragione della rivoluzione tecnologica ( quella della tecnologia dell’informazione e della comunicazione) che ha in gran misura azzerato le distanze di spazio e di tempo. Resta ancora molto da fare: si legga l’eccellente raccolta di saggi “Il Doha Round ed il Wto” curata da Paolo Guerrieri e Luca Salvatici ed appena uscita per i tipi de Il Mulino, per rendersi conto di quanta strada si deve percorrere nel solo comparto del commercio di beni e servizi. Tuttavia, i mercati finanziari sono, in gran misura, integrati; emergono nuovi protagonisti come i fondi sovrani; la politica monetaria di Paesi asiatici (in primo luogo la Cina) incide sempre di più sugli andamenti globali, la crescita rapidissima di aree del mondo (considerate nel 1975 ai margini del sottosviluppo) incide in modo significativo sulla domanda mondiale e sui prezzi. In breve mentre nel 1975, il club dei Sei (tanto erano allora) si riuniva al caminetto per affrontare un numero limitato di problemi in cui i Governi avevano un certo margine di controllo, adesso gli 8 tentano, alla ben meglio, di avere un impatto (positivo) su fenomeni in cui miriadi di agenti economici sparsi per il mondo (alcuni dei quali collegati in varie forme di oligopolio collusivo) hanno più voce in capitolo di loro. In breve, visti con il cannocchiale sembrano dei malcapitati alle prese con fatiche di Ercole senza avere i muscoli del Semi-Dio greco. Si risolverebbe il problema ampliando il club da 8 a 12 con l’ingresso dei “emergenti” oggi trattati come al Cosmos Club ci si comporta con i “gentlemen from overseas”?. Il numero dei malcapitati aumenterebbe ma il risultato resterebbe tale e quale.
Quali suggerimenti offrire a chi si appresta a predisporre la nuova puntata? In primo luogo, ha ben fatto il Governo italiano ad apporsi all’ampliamento del Gruppo. In secondo luogo, non si può mostrare la porta (invitando ad uscire) a chi è stato appena ammesso e restringere il club, ma si può e si deve operare su un ordine del giorno ridotto e tale da non duplicare ciò che è fatto, o si tenta di fare, in altre sedi. Ad esempio, i temi ambientali hanno sedi a loro specifiche (anche se è lecito nutrire, al pare del maggiore economista italiano specializzato in materia, Emilio Gerelli, dubbi su alcuni degli assunti di base in materia di effetti delle emissioni di CO2 sul clima); le “global imbalances” vengono trattate al Fondo Monetario, all’Ocse, all’International Stability Forum; e via discorrendo. Al G8 questi argomenti vengono ridotti a sunti tipo Bignami accompagnati da cori mediatici che tendono più a confondere che a portare a misure concrete.
In secondo luogo, quindi, varrebbe la pena di tentare di affrontare, bene, un tema solo. Il Governo italiano abbia il coraggio di farlo e di riprendere quello che lanciò al G8 di Genova: la fame nel mondo. Si dirà che se ne occupano già le tre organizzazioni multilaterali agroalimentari con base a Roma (FAO; IFAD, PAM): In effetti, è noto, anzi notorio che (soprattutto la prima) non se occupano affatto bene e che, anche volessero farlo, non hanno gli strumenti con cui operare.
In terzo luogo, il tema è drammatico ed unificante (d’ altri argomenti). A dare un’idea del dramma, si pensi che i prezzi del granturco, del grano e del riso sono aumentati rispettivamente del 70%, del 55% e del 160% negli ultimi 12 mesi; ai 41 Paesi più poveri tali aumenti costano tra il 3 ed 10% del pil annuale. Non si tratta soltanto di onorare la promessa del G8 del 2005 di aumentare di 50 miliardi di dollari gli aiuti pubblici allo sviluppo dei Paesi più poveri, ma anche e soprattutto di modificare le nostre politiche interne e di dare impulso alla liberalizzazione dei commerci – come ben documentato da Guerrieri e Salvatici. L’incremento del prezzo del granturco deriva in gran misura dalla politica americana a supporto dell’etanolo. Il protezionismo agricolo dei Paesi industrializzati (Ue, sopratutto) ha distrutto, a spese dei contribuenti dei Paesi ad alto reddito (specialmente di quelli europei) il potenziale produttivo alimentare di molti Paesi in via di sviluppo. Una trentina di questi ultimo scimmiottano gli europei, mettendosi nei guai con le loro stesse mani.
Cominciando a lavorare su queste linee, l’Italia potrebbe ospitare un G8 più costruttivo di quelli che lo hanno preceduto. Date le alternative, perché non tentare?

Nessun commento: