Il 16 luglio è stato presentato il rapporto dell’Ice sull”Italia nell’economia internazionale nel 2007”. Pochi giorni prima, il 10 luglio, è iniziata la stagione lirica estiva del Teatro dell’Opera alle Terme di Caracalla con una produzione di“Aida” nuova per Roma. C’è un nesso tra queste due notizie? Molto più forte di quanto non sembri. L’”Aida” presentata nella capitale, e concepita al Teatro dell’Opera (con scene e costumi realizzati nei suoi laboratori) è un risultato di una strategia di promozione del “made in Italy” in atto da oltre un lustro ed attuata inviando all’estero (principalmente nei mercati asiatici – in primo luogo, Cina, Corea e Giappone) il nostro teatro in musica. La strategia dell’”esportando cantando”; chiamiamola così mutuando il motto “recitar cantando” coniato dalla Camerata fiorentina circa 400 anni fa.
Oltre il 30% circa degli abbonati al mensile di divulgazione musicale “L’Opera”, scritta in italiano e per italiani, è all’estero; il 20% in Giappone e Corea. Stanno crescendo anche gli abbonati in Cina. L’italiano del teatro d’opera è diventato la seconda lingua franca – dopo l’inglese – in gran parte dell’Asia dove il pubblico è assetato dal desiderio d’opera italiana. Le convenzioni del teatro in musica nostrano (dal barocco al melodramma al verismo ed anche alla contemporaneità più sfrenata) non sono molto dissimili da quelle del “Gran Kabuki” giapponese e di alcune delle numerosissime forme d’opera cinese: di norma, c’è un intreccio più o meno complicato che viene declinato coniugando parole con canto ed accompagnamento musicale, nonché danza ed effetti speciali. A questo scopo, in tutte le maggiori città asiatiche sono state costruiti nuovissimi teatri d’opera (uno dei più recenti e dei più avveniristici è quello di Singapore); i sovrintendenti locali stanchi di ingaggiare compagnie dell’Asia centrale a basso prezzo (e scarsa qualità), invitano con sempre maggiore frequenza le produzioni dei nostri teatri, mentre i loro conservatorii e le loro scuole di canto addestrano i loro connazionali. Non è un caso che il tenore di maggior successo (anche in Italia) di questi ultimi anni è il giovane Francesco Hong –un coreano- riconosciuto internazionalmente come uno dei pochi in grado di cantare “Il Trovatore” così come Verdi lo scrisse.
L’allestimento d’”Aida” di Caracalla è il frutto di un progetto concepito e realizzato per le celebrazioni dei dieci anni del ritorno di Hong Kong alla Cina nell’ottobre 2007 a cura de l’Opera di Hong Kong (un nuovo splendido teatro) con il supporto del Ministero degli Esteri e della Besoto Opera di Seul dove è stato presentato nel novembre 2007. Nel lontano autunno 1973 in un cinema-teatro della capitale coreana ho assistito ad una buona realizzazione (naturalmente casereccia) del “Roberto Devereux” di Gaetano Donizetti; allora la Corea del Sud non aveva un teatro d’opera ma la “voglia di lirica italiana” era tale che impresari commerciali si arrangiavano alla ben meglio. Pur se concepita per il pubblico asiatico (la produzione vada in tournée in Giappone e Cina), la regia le scene i costumi di “Aida” sono frutto di un lavoro di équipe del teatro romano. Il regista Maurizio Di Mattia afferma che la vede come “un viaggio in un Egitto mitico pieno di contraddizioni” ed “una lotta per il potere” nel “tentativo di rileggere il capolavoro verdiano in una chiave attuale, in cui suggerimenti del costume e della moda dell’Egitto moderno si fondono con quello del passato”- un “un grandioso messaggio di pace” in cui “l’immaginario richiama sia l’Islam che l’Egitto dei Faraoni”.
L'export italiano a prezzi costanti cresce a tassi attorno al 4%, che pur inferiori al tasso d’aumento del commercio mondiale (quasi il 7%) , ed implicando, quindi, pur sempre una graduale perdita di quote di mercato, rappresentano un miglioramento rispetto ai primi anni del decennio. C’è una buona tenuta delle esportazioni italiane nell’Ue, ma soprattutto un sempre più marcato orientamento verso l’Asia. Non dovrebbe il servizio studi dell’Ice (con l’apporto degli uffici Ice nei maggiori Paesi asiatici) condurre analisi specifiche dell’indotto in termini d’export delle tournée di compagnie liriche italiane (si dispone già dei dati sul contributo finanziario che tali tournée hanno sui bilanci dei teatri)? E se le analisi confermano valutazioni qualitative che tale indotto è positivo e significativo, non è il caso di prevedere una “premialità”, nella ripartizione del Fondo Unico dello Spettacolo (Fus), a favore dei teatri che più e meglio sanno contribuire all’”esportar cantando”?
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