Sotto il profilo economico, è difficile comprendere il dibattito sulla scansione temporale tra riforme del fisco e della giustizia- ossia se il federalismo fiscale deve precedere o meno quel riassetto del sistema giudiziario che l’80% degli italiani ritiene non più rinviabile. Le due riforme devono andare di pari passo ed avranno effetti positivi unicamente se varate ed attuate simultaneamente.
Il “Libro Verde” sulla spesa pubblica, predisposto da una Commissione nominata dal Governo precedente, documenta “le inefficienze del sistema giudiziario che determinano gravi costi sociali, in termini di mancato servizio alla collettività, ed economici, rispetto alla necessità di certezza giuridica del sistema economico”. Eloquente, un’analisi di varie università americane in corso di pubblicazione: pone (tra 40 Paesi nel periodo 1950-2000) la giustizia civile italiane tra quelle che meno facilitano e più ostacolano il progresso economico. Una raccolta di saggi appena pubblicato dalla Fondazione Rocco Chinnici e curata da Antonio La Spina (un tempo nella segreteria siciliana dei Ds) afferma che le organizzazioni criminali (non contrastate efficacemente da un sistema giudiziario oggetto ogni anno di critiche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) frenano del 2,5% la crescita del pil meridionale e spiegano così il divario tra Sud e Nord.
Parte di questi problemi deve essere affrontata e risolta nell’ambito del federalismo fiscale tramite il quale aumenterà il controllo sociale sia sui politici sia sul sistema giudiziario. Lo hanno scritto brillantemente, due lustri fa, Yingyi Qian e Barry Weingast nel saggio “Federalism as commitment to preserving market incentives” (“Il federalismo visto come impegno a mantenere gli incentivi di mercato”) nel “Journal of Economic Perspectives” n. 4, 1997. Lo riafferma, in saggi ed articoli, un politologo non certo vicino all’attuale maggioranza, Giovanni Sartori: il federalismo rende inevitabile un riassetto della giustizia in quanto saranno necessari magistrati specializzati nella normativa delle Regioni specialmente in materia economica e tributaria.
Un programma di riforme, anzi, dovrebbe contemplare in parallelo il federalismo, la semplificazione e la riorganizzazione complessiva del sistema giudiziario per metterlo all’altezza di quei Paesi in la giustizia è maggiormente in linea con le esigenze dell’economia e più apprezzata dai cittadini. Il saggio ricordato (può essere letto on line al sito della Università di Harvard) sottolinea che nei Paesi la cui tradizione è radicata nel diritto romano ciò non vuol dire abbracciare il “common law”: si possono introdurre misure di netta separazione di carriere tra procuratori e giudici, di riduzione del numero dei distretti giudiziari, di riordino degli uffici sull’esempio di quelle adottate di recente da uno Stato federale come il Messico e che la Francia ha messo in atto quando ha dato vita alle Regioni.
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