Il primo passo è stato fatto: un anticipo (non una sovvenzione) di 500 milioni d’euro per le prime esigenze (quali evitare il fallimento di Ama e Trambus) e la nomina del Sindaco Gianni Alemanno a Commissario per condurre una ricognizione del debito capitolino e presentare un piano di rientro. L’anticipo ha fatto arricciare le sopracciglia a certi editorialisti ed anche ad alcune parti politiche. Probabilmente non hanno valutato quale sarebbe stato il costo al sistema Italia (e, quindi, anche e soprattutto al Nord) di un eventuale “insolvenza” della capitale. Analisi econometriche Usa in occasione di alcuni maxi-scandali finanziari (e conseguenti fallimenti) concludono che in termini di perdita di reputazione, il danno è pari ad almeno 16 volte la cifra attribuita dalla magistratura come risarcimento. Questa stima rivela che il tracollo di Roma avrebbe trascinato con se il Nord così come negli Anni Ottanta quello (paventato) d’Istanbul avrebbe colpito l’intera Turchia e negli Anni Settanta quello (evitato per un pelo) di New York avrebbe inflitto un colpo durissimo all’intera comunitaria internazionale.
Su Il Tempo del 16 giugno abbiamo ricordato come il salvataggio di New York sia stato fatto dalla Municipal Assitance Corporation inventata da Felix Rohatyn. Quello d’Istanbul è stato in gran misura frutto della mente di Neçat Erder, economista prima all’Ocse e poi alla Banca Mondiale. La strategia è stata analoga: l’intervento (essenziale ma non sufficiente) del Governo centrale, ed un programma d’austerità delle spese municipali, come molla per indurre la finanza e l’industria privata in compra-vendita del debito municipale sul mercato secondario e di titolarizzazioni al fine di alleggerire il fardello sulla finanza comunale. New York degli Anni Settanta era l’hub della finanza internazionale; quindi, furono le forze della città ad attivarsi. Per Istanbul, si mosse tutta la Turchia (l’industria è localizzata quasi interamente in Anatolia). Ancora una volta non è né carità né assistenza: la finanza, il commercio e l’industria di tutta Italia hanno esigenza di una capitale con un elevato grado di reputazione finanziaria. Così come l’oro di Roma appartiene tutta la Nazione, tutti gli italiani si devono fare carico di sostenere il Sindaco nel ripianare lustri di gestione irresponsabile. Le forze dell’industria, del commercio e della finanza di Roma devono essere le protagoniste. Date le cifre risultanti dalle analisi condotte dalla Ragioneria Generale dello Stato (e rese pubbliche il 20 giugno), sembra evidente che debbano essere affiancate da quelle del resto d’Italia. Non sarebbe la prima volta: nell’ultimo scorcio degli Anni Novanta sono stato coinvolto in prima persona nella rinegoziazione del debito della Regione Siciliana (per conto della Regione medesima); non fu difficile trovare un accordo con un grande istituto finanziario del Centro-Nord. Non per altruismo. Ma ragione degli interessi comuni in gioco.
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