Il pil pro-capite della Grecia ha già raggiunto, secondo l’Eurostat, il 90% della media di quello dell’area dell’euro. La notizia rileva non tanto per i numeri assoluti quanto perché da quando nel 2001 la Grecia è entrata nell’area dell’euro ha riportato una crescita sostenuta mentre dalla nascita della moneta unica, l’Italia ristagna. Per l’anno in corso, si stima per il nostro Paese un aumento del pil dello 0,6% (ma molti ritengono che sarà più basso) mentre per la Repubblica Ellenica se ne prevede uno del 3% circa.
Negli anni del percorso verso l’euro in Italia la pressione fiscale sul pil è aumentata di sette punti percentuali. Nel 1996 il Governo impose pure una tassa per l’Europa promettendo di restituirla ed assicurando che, una volta nell’euro, saremmo andati a tutta velocità. Non solo si aspetta ancora la restituzione dell’imposta, ma da allora viaggiamo a tassi raso terra.
Cosa ha impedito che scattasse per noi una molla analoga a quella che messo un tigre nel motore della Grecia? Quali lezioni possono essere utili al Governo in carica?In primo luogo – lo ha scritto di recente Yanni Stournaras, dell’Università di Atene- , la Grecia ha assimilato nei propri comportamenti la morte della dracma: ciò ha una comportato una politica di liberalizzazioni molto estese nei servizi (specialmente nel comparto di quelli finanziari), un aumento dei consumi e degli investimenti privati (stimolati dal ribasso dei tassi d’interesse e dal clima generale di fiducia, nonché da ritocchi all’ingiù della pressione fiscale), un’attenta valutazione della spesa pubblica in generale, e di quella per investimenti in particolare, una strategia diretta a sostenere le esportazioni ed incoraggiare il turismo. In molte aree territoriali e settori dell’Italia, c’è ancora molta, troppa nostalgia della lira, dei suoi suffusi e soffici protezionismi, della possibilità di “aggiustare il cambio”, della prassi a fare i furbetti , delle miopie quotidiane. Urge liberarci da tale nostalgia.
In secondo luogo, in Grecia si colgono i frutti di una politica che da decenni pone l’accento sulla qualità dell’istruzione e sull’utilizzazione al meglio del capitale umano. Mentre dall’Italia è in atto un vero e proprio brain drain (“fuga di cervelli” analizzata in dettaglio da uno studio recente dell’Istituto Tedesco di Ricerche sui problemi del lavoro, IZA Working Paper n. 3325) , in Grecia si cerca di incoraggiare i giovani con maggior potenziale a restare in Patria.
In terzo luogo – sottolinea George Pscacharoupolos a lungo, alla London School of Economics e successivamente alla guida di un partito iperliberista piccolo ma influente come pungolo per gli altri – puntando sull’istruzione si è anche facilitata la mobilità sociale. Lo mostra il recente studio PISA sui livelli di apprendimento dei quindicenni . I Paesi del Nord Europa sono quelli con i più elevati livelli di apprendimento dei quindicenni ; la Grecia sta molto indietro; l’Italia ancora di più.
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