domenica 15 giugno 2008
IL FLAUTO MAGGIO Operaclick 16 giugno
Ultima, oppure (secondi alcuni autori), penultima opera di un Mozart, già afflitto da gravi coliche renali, nonché assillato dai creditori, “Il flauto magico” ha un fascino indiscreto: costringe il maestro concertatore, il regista, lo scenografo, il costumista e gli interpreti tutti ad una chiave di lettura. Se ne può fare una deliziosa favola per bambini, come fece Ingmar Bergman in un film di grande successo e la Houston Opera in un allestimento che ha girato tutto il mondo, oppure come la si è vista a Palermo nell’allestimento di Roberto Andò. Se ne può fare un caleidoscopico mistero laico come nella vecchia produzione del Metropolitan con scene e costumi di Chagall oppure in quella fiorentina e torinese di Julie Taymor. Se ne può fare un complicato iter di iniziazione massonica come nella edizione, musicalmente eccezionale, che vidi a Roma nel 1957 od in quella, piuttosto mediocre, dell’Opera di Montreal degli anni Settanta. Si può vedere in chiave di iniziazione erotica, come nell’allestimento che, salpato da Aix-en-Provence nel 1999, ha raggiunto varie scene europee, oppure di iniziazione tout court come nelle recenti edizioni di Pizzi a Roma ed a Macerata. Fino ad attualizzarla con rave parties, droga e sesso a go-go come in talune messe in scena tedesche e polacche di questi ultimi anni.Uno dei pregi principali dell’edizione scenica offerta dall’Orchestra Sinfonica di Roma, OSR (con la direzione musicale di Francesco La Vecchia, la regia di Otello Camponeschi, le scene di Salvatore Liistro ed i costumi di Fabrizio Onali) è quello di seguire il più possibile quelle che erano verisimilmente le intenzioni di Mozart e Schikaneder : una “Teusche Oper” (nella scorretta ma verace ortografia mozartiana), ossia “un’opera tedesca” semplice, ma piena di “effetti speciali” e dal ritmo incalzante e tale da divertire uomini e donne di tutte le età (molti i bambini in sala attentissimi sino alla mezzanotte). E’ un’edizione “scenica” in senso stretto: l’orchestra è trasferita in un’adattata buca (eliminando alcune file della platea) e nel palco una scena fissa in cartapesta fa da cornice a gradevoli siparietti dipinti e ad ingegnosi “effetti speciali” (fumo, fuoco, colate d’acqua) oltre che ad una recitazione spigliata di cantanti-attori (molti specializzati nei rispettivi ruoli) in costumi di fine Settecento. Quindi, a prezzi ultrapopolari –7 euro per gli studenti e gli ultra 65enni –, uno spettacolo d’opera con i fiocchi che indurrà molti ad andare in altri teatri (se e quando praticheranno una politica più accessibile dei prezzi).L’opera è troppo nota (in Italia una dozzina d’allestimenti ne sono stati presentati nel 2006 – anno mozartiano) per soffermarci sulla trama e sui nessi massonici. Mettiamo l’accento sull’esecuzione musicale. L’OSR, guidata con perizia da Francesco La Vecchia, ha chiuso in bellezza una buona stagione concertistica: una direzione smagliante e piena di ritmo di una versione praticamente integrale (mancava solo il terzetto del secondo atto).La Vecchia e l’OSR , soprattutto, mettono in rilievo tutta l’ambiguità della partitura mozartiana. Ottimo il coro – ha un ruolo da protagonista nell’opera – diretto da Stefano Cucci.Occorre elogiare l’OSR per avere messo insieme un cast internazionale mediamente buono.Il solo elemento debole è parso Daniela Zerbinati. E’ un bravo soprano lirico leggero e non le manca un portamento regale ma in serie difficoltà con la coloratura richiesta alla Regina della Notte (specialmente nel recitativo ed aria del primo atto); ha necessariamente scansato i sovracuti.Sune Hjerrild è un Tamino dal timbro leggermente brunito (lo si è notato nell’ ”aria del ritratto” del primo atto che avrebbe meritato un timbro più lirico); proprio il timbro, unitamente ad un ottimo fraseggio, gli hanno giovato nel finale del primo atto e nel secondo atto, dandogli una caratterizzazione particolarmente “maschia”.Di grande livello il Papageno di Thomas Gazheli. Lo avevamo apprezzato in ruoli wagneriani al Festival estivo del Tirolo. si è calato molto bene nel personaggio sia vocalmente sia scenicamente dando vere prove di agilità.Istvan Kovacs è un professionista di razza, che ha già avuto modo di farsi notare in Italia, specificatamente a Torino, Palermo e Bologna; è un Sarastro rigoroso e severo.All’applausometro, ed al recensore, la vera trionfatrice della serata è parsa Valentina Farcas. E’ conosciuta in Italia per alcune sue interpretazione pucciniane e belliniane a Parma e nel circuito lombardo e già apprezzata a Genova nel ruolo di Pamina. E’ un soprano lirico puro con una vasta estensione che ha dominato a perfezione le difficili arie affidatele – specialmente "Ach, ich fül’s" nel secondo atto – ed interpreta una principessa al tempo stesso passionale e virginale. Di livello il resto del cast.Grande successo di pubblico.
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2 commenti:
Non sono d'accordo con i suoi commenti, anzi finalmente devo dire che abbiamo in Italia una vera Regina della Notte con una vocalità quasi lirica e dei sovracuti cantati e non strillati come molte sue colleghe, peccato penalizzare così una grande voce.
GRAZIE PER L'ATTENZIONE. A MIO AVVISO LA REGINA DELLA NOTTE DEVE ESSERE COLORATURA PURA GIUSEPPE
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