Lunedì 31 marzo 2014
“Onegin”, inoltre,
rispecchia la crisi esistenziale ed erotico-sessuale di Tchiakovsky più di
molte altri lavori del compositore.
“Onegin a Bologna”
Giuseppe Pennisi
L’appuntamento più
importante della settimana è fissato per martedì 1 aprile 2014, alle ore
20.00, nella Sala Bibiena del Teatro Comunale di Bologna dove debutta, dopo 23
anni di assenza dal palcoscenico della Fondazione lirica bolognese, Evgenij Onegin di Pyotr Ilyich Tchaikovsky. L’allestimento che
viene proposto - che va in scena in prima nazionale - è quello del Teatr Wielki
-Opera Narodova di Varsavia. La regia è del suo attuale Direttore Artistico,
Mariusz Trelinski che rilegge la vicenda attraverso la lente di un lungo
flashback dove il giovane e il vecchio Onegin si sfiorano in scena senza mai
incontrarsi. L’uno vestito di nero, l’altro di bianco. Lo spettacolo,
stilizzato ed elegante, si avvale delle coreografie di Emil Wesolowski. Sul
podio dell’Orchestra e del Coro del Teatro Comunale debutta nel titolo il
giovanissimo direttore uzbeko Aziz Shokhakimov, per la prima volta impegnato
nella direzione di un’opera al Comunale di Bologna, dove tuttavia si è già
fatto positivamente conoscere a seguito di importanti impegni con il repertorio
sinfonico. Sulla scena, si alterneranno Artur Rucinski e Valeriu Caradja nel
ruolo di Evgenij Onegin; Amanda Echalaz e Anna Kraynikova nel ruolo di
Tat’jana; Lena Belkina e Anna Victorova nel ruolo di Olga; Sergej Skorokhodov e
Khachatur Badalyan e nel ruolo di Lenskij. Sesta delle 12 opere di
Tchiakovskij, “Onegin” ha avuto soltanto di recente una buona diffusione in
Italia AllaScala, ad esempio, ci sono stati appena 5 allestimenti per un totale
di circa 30 rappresentazioni, dalla “prima” diretta da Toscanini nel 1900 alla
produzione importata dal Festival di Glyndebourne (dove era stato varata nel
1994) nel gennaio 2006. Il lavoro, però, è stato messo in scena in quasi tutti
i maggiori teatri d’opera italiani negli ultimi tre lustri, principalmente
nell’allestimento (grandioso ma tradizionale) prodotto dal Comunale di Bologna
nel 1991. L’allestimento di Bologna era stato costruito su Paolo Coni, della
cui breve stagione ha rappresentato uno dei momenti più alti. Dalibor Jenis ha
interpretato efficacemente “Onegin” a Trieste, a Roma ed altrove. Mirella Freni
è stata per decenni la Tatjana di riferimento indiscussa e più commovente.
Molte edizioni italiane (anche quella della Scala nel 2006) utilizzano la
partitura (ad organico ridotto) del 1879, concepita da Tchiakovskij per alcune
recite (da parte di giovani elementi) al Conservatorio di Mosca. Un cenno
all’intreccio. Onegin è uno scapolo troppo bello, troppo altero e troppo
brillante per cogliere le occasioni che la vita gli offre. È stato, per un
certo periodo, uno dei seduttori più noti della Pietroburgo-che-può; ora – ha
appena 23 anni – lo cercano solo ragazze di dubbia reputazione; è afflitto da
“ennui” esistenziale. Accompagna in provincia il suo miglior amico (il
sedicente poeta Lenskij) e rifugge l’amore della sedicenne Tatjana. Offende, in
pubblico, Lenskij tentando, ad una festa, di fare finta di sedurgli la
fidanzata (Olga, sorella di Tatjana). Ne segue un duello dove dopo avere
tentato una riconciliazione, uccide Lenski. Ripara all’estero per tre anni.
Quando cerca di nuovo Tatjana, viene respinto poiché ormai donna matura , per
quanto ancora di lui innamorata, ha deciso di restare fedele al proprio anziano
marito. Non gli resta che continua a vivere non più con “ennui” ma con
disperazione. Ci si dimentica spesso che il racconto in versi di Puskin e
l’opera di Tchiakovsky sono incentrate sia sulla solitudine dello zitello di
lungo corso incapace di cogliere la felicità anche quando gli è a portata di
mano sia sul contrasto tra i fermenti del mondo delle due coppie giovani e
l’ambiente oppressio della provincia russa e di quello falso ed ipocrita della
San Pietroburgo (luogo dove si svolge l’ultimo atto). Siamo nella Russia
imperiale tra il 1820 ed il 1830 quando si avvertono i primi segnali
dell’inizio della lunga agonia dell’Impero. “Onegin”, inoltre, rispecchia la
crisi esistenziale ed erotico-sessuale di Tchiakovsky più di molte altri lavori
del compositore – il tentativo di sfuggire dalla propria omosessualità con un
“matrimonio bianco” e la pazzia della moglie quando scopre le tendenze del
marito. E’ in questo contesto che si spiega come dei personaggi del dramma in
musica , soltanto una giovane donna, Tatjana, nella “scena della lettera” – si
ribelli, con un atto di totale anticonformismo (“dichiararsi” non andare in
sposa a chi le è designato dalla famiglia), alla società in cui vive. La
splendida (e morbosa) partitura di Tchiakovsky guarda alla grande musica
francese ed italiana di fine Ottocento, distanziandosi dalla “scuola nazionale
russa” allora in formazione. Anticipa, per molti aspetti, il Novecento,
rompendo forme tradizionali e fondendo innovazione orchestrale e vocale ardita
con musica folkoristica ed anche leggera (i ballabili, specialmente quelli del
secondo atto).L’opera si replica a Bologna sino al 9 aprile.
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