lunedì 24 marzo 2014

Il gioco dell’oca del secondo pilastro dell’Unione bancaria in Il Sussidiario del 24 marzo



Il gioco dell’oca del secondo pilastro dell’Unione bancaria
24 - 03 - 2014Giuseppe Pennisi
E’ stato generalmente salutato con gioia l’accordo raggiunto tra rappresentanti del Parlamento Europeo, della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e dei Ministri Economici e Finanziari degli Stati dell’Eurozona a proposito del secondo pilastro di quella che dovrebbe essere l’Unione bancaria europea: il meccanismo di “risoluzione” (termine elegante per dire “liquidazione”) di una banca in crisi.
E’ utile precisare che si tratta di un “accordo” tra “parti contraenti” che non ha lo status di un trattato e, quindi, non deve soggetto a ratifica dai Parlamenti nazionali degli Stati aderenti. Inoltre non riguarda solamente l’eurozona ma altre “parti contraenti” che fanno parte dell’Unione Europa ma non hanno adottato l’euro come moneta.
Questi due aspetti possono rappresentare sofismi ma sono una nuova, ed ulteriore, dimostrazione di come si stiano mettendo toppe di varie colore al Trattato di Maastricht invece di sedersi attorno a un tavolo per cercare, a un quarto di secolo dal negoziato che portò alla sua stesura, per riscriverlo ed aggiornarlo alla luce dell’esperienza. Questa potrebbe essere la proposta centrale del governo Renzi per iniziare il “semestre” in cui l’Italia ha la presidenza degli organi di governo dell’Unione.
Venendo al “secondo pilastro” dell’Unione bancaria – è stato già varato il primo, il sistema unico di vigilanza, mentre il terzo (l’armonizzazione delle garanzie per i depositi in conto corrente è stato, per il momento, accantonato). Ci sono stati indubbiamente miglioramenti rispetto al testo approvato poco prima di Natale 2013 e successivamente passato all’esame del Parlamento Europeo. In primo luogo, il “fondo comune di risoluzione” di 55 miliardi di euro, finanziato dalle banche, verrà costituito al 70% entro tre anni ed al 100% entro otto non dieci anni.
Il “fondo” potrà avere una “capacità rafforzata” di intervento, ossia la capacità, se necessario, di “garantire l’accesso di denaro fresco’. Inoltre viene concentrata nella Banca Centrale Europea l’istruttoria che dovrebbe portare a decidere se aiutare una banca in difficoltà a ristrutturarsi, se mettere in atto un’operazione di salvataggio, o se abbandonarla al proprio destino. Ma le scelte verranno effettuate dall’apposito Consiglio di Risoluzione (che viene istituito per la bisogna e che avrà personalità giuridica) delibererà in materia di ‘risoluzione’, a maggioranza qualificata, tenendo conto del peso dei singoli ‘contraenti’ nel fondo di risoluzione. Questi miglioramenti rappresentano – come è stato scritto da vari commentatori – un compromesso tra Berlino (sede del Governo tedesco) e Francoforte (sede della Banca Centrale Europea),
Non sono stati risolti due nodi di fondo che rendono il pilastro “pendente” ma che, a differenza della Torre di Pisa la quale secondo la canzoncina “mai casca giù”, rischia di crollare piuttosto presto.
In primo luogo, la bozza di “accordo tra parti contraenti” deve essere approvato dal Parlamento Europeo in seduta plenaria nell’imminente sessione di aprile. Altrimenti verrà sottoposto ai parlamentari che verranno eletti a fine maggio. E che potrebbero avere idee molto differenti da quelli a Bruxelles la settimana scorsa. In tal caso, come nel gioco dell’oca, si tornerebbe alla prima casella.
Anche ove venisse approvato, l’accordo prevede, nel suo testo, un processo decisionale che è lui un vero e proprio  gioco dell’oca. A Washington, il Cato Institute lo ha efficacemente rappresentato così:
https://mail.google.com/mail/u/0/images/cleardot.gif


ShutteringBankEurope
Ciò comporta una procedura lunga che è un vero e proprio trappolone: appena si annuserà che un istituto è entrato in “procedura di risoluzione” (in questa materia anche le mura più spesse hanno occhi ed orecchie) come si eviterà una corsa agli sportelli tale da travolgere tutto e tutti?

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