Opera.
Alla Scala un’inquietante corte dello zar
Alla Scala un’inquietante corte dello zar
GIUSEPPE PENNISI
MILANO
Ipoteri forti costituiscono una cupola di oligarchi. Sanno che il Paese sta andando a rotoli; per impedirlo è necessario un leader carismatico. Ne costruiscono uno fittizio tramite i media e lo chiamano zar. Fanno cercare, in tutto il Paese, una sposa degna di lui. In questa classe dirigente putrida e corrotta non c’è posto per le donne. Tanto meno per quei giovani che intendono perseguire una strada differente e migliorare la società. Il capo degli oligarchi uccide di proprio pugno la sua amante, porta all’avvelenamento della giovane di cui si è invaghito, ne fa morire tra le torture il fidanzato. Lo zar mediatico e muto resta immobile di fronte a questi avvenimenti. Questa è Una sposa per lo zar di Nikolaj Rimskij-Korsakov, in scena alla Scala sino al 14 marzo. L’azione è trasportata dal 1572 ai giorni nostri, eliminando solo un coro folcloristico che avrebbe allentato la tensione. È la prima volta che il lavoro viene rappresentato a Milano: negli ultimi trent’anni è stato messo in scena a Roma (in un’edizione proveniente da Washington) e a Catania (che lo ha importato da Mosca). Questo nuovo allestimento co-prodotto con la Staatsoper di Berlino è tremendamente attuale.
Parte del pubblico delle prime non ha compreso la portata della regia di Dmitri Tcherniakov (che ha firmato anche le scene mentre i costumi sono di Elena Zaytseva, le luci di Gelb Filshtinsky ed i video dell’équipe della Raketa Media). Ci sono state proteste nei confronti della regia – fortunatamente travolte da ovazioni.
Barenboim tiene serrati i tempi serrati ed enfatizza le tinte scure della partitura. Ottimo coro diretto da Bruno Casoni. Nel cast primeggiano le voci femminili; specialmente le due protagoniste, Olga Peretyatko e Marina Prudenskaya. Spettacolo avvincente. Specialmente alla luce di quanto sta avvenendo in Europa orientale.
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