OPERA/ L'attualità de "Una sposa per lo Zar"
Pubblicazione: martedì 4 marzo 2014
Foto: Brescia/Amisano -
Teatro alla Scala
Approfondisci
OPERA/ Perché è importante l'Otello co-prodotto da Palermo e Napoli
NEWS Musica
OPERA/ L'attualità de "Una sposa per lo Zar"
JUSTIN BIEBER/ News, sente la mancanza di Selena Gomez?
ONE DIRECTION/ News, Niall Horan: fuga d'amore con Selena Gomez?
ONE DIRECTION/ News Liam Payne e Louis Tomlinson guadagnano più degli atri
JUSTIN BIEBER/ News, nuova foto: distrutto dall'amore o ha una "sbronza triste"?
VASCO ROSSI/ Maurizio Solieri addio e il nuovo singolo "Dannate nuvole"
Nikolaj Rimskij-Korsakov era uno
dei più noti, più importanti e più prolifici compositori russi. La sua opera
‘in stile italiano’ (in effetti seguendo stilemi della verdiana La Forza
del Destino che aveva debuttato a San Pietroburgo ed era stata un grande
successo in tutti i teatri russi in una versione differente da quella
approntata per La Scala e diventata ‘di riferimento’) trattava di una vicenda
storica (o leggendaria) del 1572 (la ricerca della terza moglie per lo Zar Ivan
il Terribile, vedovo) ed era tratta da una ‘tragedia’ teatrale del 1849 di Lev
Aleksandrovic Mej (scrittore e poeta che, come consueto in quegli anni del
romanticismo, si ispirava ai drammi storici di Shakespeare).
Perché nel 1899 non venne
accolta in uno dei Teatri Imperiali ma la sua prima assoluta avvenne in una
sala secondaria di Mosca, non di San Pietroburgo, ad opera di un impresario
privato e grazie ad una sottoscrizione di amici? Il libretto di Ill’Ja Tjumenev
ed ancor più la musica, con riferimenti alla tradizione russa ma fortemente
ancorata al melodramma italiano a ‘numeri chiusi’ (arie, duetti, terzetti,
quartetti, uno strabiliante sestetto, concertati), danno un quadro impietoso di
una classe dirigente putrida e corrotta, che guarda all’Occidente solo per
recepirne gli aspetti peggiori, stritola gli elementi positivi della giovane
generazione. Un’opera, dunque, eminentemente politica che precede di otto anni l’ultimo
capolavoro di Rimskij-Korsakov, quel Gallo d’Oro che è una satira
feroce della Corte e delle gerarchie militari.
La sera del 2 marzo, prima
scaligera del nuovo allestimento coprodotto con la Staatsoper di Berlino,
l’opera assumeva un significato particolare per chi aveva passato parte della
domenica pomeriggio incollato al televisore a seguire i servizi dalla Ucraina e
dalla Federazione Russa. Purtroppo, parte del pubblico delle ‘prime’ della
Scala è iperconservatore e non ha compreso la portata della regia di Dmitri
Tcherniakov (che ha firmato anche le scene mentre i costumi sono di
Elena Zaytseva, le luci di Gelb Filshtinsky ed i video dell’équipe della Raketa
Media), della concertazione di Daniel Baranboim (che non ha dilatato i tempi ma
ha enfatizzato le tinte scure della partitura) e la bravura del cast. Ci sono
state proteste nei confronti della regia – fortunatamente travolte da ovazioni.
Una Sposa per lo Zar:
quella molto rappresentata in Russia è una delle opere di Rimskij-Korsakov meno
frequenti sui palcoscenici italiana. Credo che prima di adesso non sia mai
stata vista a Milano. Negli Anni Ottanta, a Roma si è vista un’edizione
con la Galina Visnevskaja e le scene Zack Brown (nonché Rostropovic sul podio)
creata Washington Opera negli Anni Ottanta. Alla fine degli Anni Novanta, il
‘Massimo Bellini’ di Catania ha portato in Italia una messa in scena
dalla Helikon Opera con la regia di Dmitri Bertman. Le ho viste ambedue dal
vivo. La prima era un grande affresco storico. Nella seconda, con pochi mezzi,
quel genio di Bertman trovava un equilibrio tra tradizione ed innovazione:
l’azione restava nel 1572 ma non troppo velatamente mostrava una Russia in
disfacimento politico e morale.
Dmitri Tcherniakov sposta
l’azione ai giorni nostri - all’epoca di e-mail, tweeter, alta tecnologia
che rende paradossalmente più facile il terrore di massa. Al fine di rendere di
rendere lo spettacolo più avvincente, elima un coro folkloristico
al primo atto, accentua l’alcolismo tra le guardie del corpo dello zar e la
loro violenza sulle donne. Mentre lo zar (che nell’opera compare come
personaggio muto per appena un paio di minuti) è, nell’impostazione
drammaturgica di Tcherniakov, una pura invenzione tecnologica di una ‘cupola’,
tra cui primeggia la guardia del corpo, convinta che l’Impero ‘sta andando a
rotoli’ e necessita di un leader (meglio se solamente mediatico) per
restare unita. Spettacolo avvincente.
Come accennato, Barenboim non
dilata – come suo uso – i tempi. Al contrario, non solo li tiene serrati ma,
proprio per accentuare la tensione, effettua alcuni tagli (quali il coro con la
‘canzone del ruscello’ al primo atto).
La lettura della partitura è
fortemente drammatica con colori musicali accentuati. Un elogio merita il coro
diretto da Bruno Casoni; è un vero protagonista che si destreggia con maestria
in russo. Nel vasto cast, primeggiano le voci femminili; specialmente, le due
protagoniste, Olga Peretyatko e Marina Prudenskaya. Tra le voci maschili, di
grande impatto Johannes Martin Kränzel, un po’ stanco Anatoly Kotscherga (di
cui proprio alla Scala si ricorda un grande Boris Godunov )
e più stentoreo che morbido Tobias Schabel. Nonostante queste imperfezioni è
spettacolo da vedere e rivedere (da augurarsi che ne venga prodotto un dvd). Un
concorrente di valore per il ‘Premio Abbiati’ per gli spettacoli del 2014.
Nessun commento:
Posta un commento