La tragedia
fiorentina di Zemlinsky
26 - 03 -
2014Giuseppe Pennisi
“Eine florentinische Tragödie” (“Una tragedia
fiorentina”), del compositore austriaco Alexander Zemlinsky (1871-1942),
è un atto unico breve (50 minuti) che richiede non solo un grande organico, ma
anche tre grandi voci e tratta con estrema crudeltà di adulterio, sesso,
tradimento e omicidio in un quadro intriso di decadentismo. Lo caratterizzano
il sinfonismo continuo attorno ad alcuni nuclei tematici ed un declamato che
scivola in ariosi.
Andò in scena a Stoccarda nel 1917- un chiaro segnale
dell’implosione della Germania guglielmina durante l’anno della prima guerra
mondiale che pur la vide ‘sfondare’ sul fronte italiano a Caporetto, reggere
bene su quello francese ed essere vincitrice ad Est a causa dello spappolamento
dell’Impero russo – “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini (1858-1924) è
un’opera comica di circa un’ora, quasi polifonica data la molteplicità delle
voci (14 solisti), densa di ironia su vari aspetti della vita, dall’imbroglio,
alla cupidigia, all’amore. E’ stata concepita come terza parte del ‘Trittico’
che commissionato dal Metropolitan di New York andò in scena con enorme
successo nel 1918 e, successivamente, a Roma sembrò segnare, nel teatro in
musica, la fine, vittoriosa ma ambigua, della prima guerra mondiale (Puccini,
pochi lo ricordano, era la tessera No 2 del Partito Nazionale Fascista di
Viareggio).
IL TRITTICO
A una lettura superficiale può sembrare un’idea ardita
accostare nella stessa serata questi due splendidi atti unici ambientati a
Firenze e composti quasi contemporaneamente. Il tentativo è stato fatto, senza
grande successo, nel 2005 dal Teatro alla Scala allora in trasferta agli
Arcimboldi – sala eccessivamente grande per i due lavori. Nel 2004, lo ha
voluto fatto a Roma l’Accademia nazionale di Santa Cecilia in una
splendida edizione in forma di concerto con un cast strepitoso. Nel 1998, a
Firenze l’atto comico con cui Puccini conclude il Trittico era stato accoppiato
con un altro lavoro di Zemlinsky, “Der Zwerg” (“Il nano”) crudele quanto “Eine
florentinische Tragödie”, se non di più. Tuttavia tra i due lavori ci sono
molti nessi.
Quello di Puccini è quasi coetaneo a quello di
Zemlinsky (entrambi realizzati intorno al 1917); utilizzano sia l’uno che
l’altro un grande organico orchestrale (quello dell’austriaco è quasi il doppio
di quello del lucchese); si svolgono nella Firenze tra Medio Evo e
Rinascimento; hanno libretti di grande pregio letterario (“Eine florentinische
Tragödie” è su un testo di Oscar Wilde e “Gianni Schicchi” su uno di Gioacchino
Forzano). Infine, ma si tratta di dettagli, Puccini aveva pensato di mettere in
musica “Eine florentinische Tragödie” in traduzione italiana (includendolo in
quello che sarebbe diventato ‘Il Trittico’ come primo atto- poi venne scelto
‘Il Tabarro’) ma ci rinunciò per vari motivi. Il lavoro di Wilde venne tuttavia
messo in musica, in italiano, da Mario Mariotti, premiato in un concorso
per giovani compositori e rappresentato nella stagione del Teatro dell’Opera
del 1914.
CHI E’ ALEXANDER ZEMLINSKY
Le vicende biografiche di Zemlinsky sono poco
conosciute. Di Mariotti, addirittura, sembra essersi persa ogni traccia.
“Alexander Zemlinsky – scriveva Arnold Schömberg nel 1949 – è colui al quale
sono debitore di quasi tutto quello che so di tecnica e di problemi del
comporre. Ho sempre fermamente creduto che sia stato un grande compositore e ne
sono convintissimo ancora oggi: forse il suo tempo verrà prima che ce lo
aspettiamo”. Zemlinsky, suo cognato e maestro, era morto sette anni prima
poverissimo a Larchmont, vicino a New York, dopo aver tentato disperatamente di
affermarsi negli Usa. Il suo lavoro più complesso, “Köning Kandaules” (“Il re
Kandaules”), da un soggetto di André Gide venne respinto dal Metropolitan Opera
in quanto ritenuto eccessivamente scabroso. In Italia, ha debuttato a Palermo
soltanto tre anni fa. D’altronde, anche un suo estimatore come Theodor W.
Adorno, considerava “ineseguibili a causa del loro soggetto” i suoi lavori per
la scena.
E così, mentre i suoi allievi – oltre a Schönberg,
Webern, Korngold – mietevano allori e la prima donna di cui si era innamorato, Alma,
sposava Gustav Mahler, Zemlinsky faceva il professore di composizione e il
direttore d’orchestra, spesso in teatri secondari. Solo dal 1980, quando “Der
Zwerg” e “Eine florentinische Tragödie” furono messe in scena dall’Opera di
Amburgo, Zemlinsky, grazie agli sforzi di James Conlon (ancora oggi il suo
migliore esecutore) è stato riconosciuto tra i maggiori autori del teatro
musicale della prima metà del Novecento.
I suoi drammi in musica sono brevi e molto intensi, in
uno stile eclettico, a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo e hanno
successo soprattutto tra i giovani. Per questo motivo negli ultimi trent’anni
vengono rappresentati frequentemente non solo in Germania e in Austria ma anche
in quell’America che all’esule ebreo aveva sbattuto la porta in faccia.
PERCHE’ GUARDARE L’EDIZIONE DI TORINO
L’edizione presentata al Regio di Torino merita di
essere vista in più teatri, italiani o non solo. In primo, a differenza di
quella scaligera di dieci anni fa, non siamo in un ricco rinascimento di
cartapesta ma in una Firenze Anni Venti torbida e cinica dove si avverte
l’inquietante clima politico in cui viveva la borghesia del dopoguerra. La
scena (Saverio Santoliquido e Claudia Boasso) è sostanzialmente unica; una
camera alto borghese in cui è centrale un letto (di sesso e sudore nella prima
opera, di morte ed imbroglio nella seconda); dalle finestre si scorgono scorci
differenti della città del Giglio a seconda dell’opera). La regia di Vittorio
Borrelli è lenta ed indugia sull’atmosfera morbosa nella prima opera; rapida
come un film comico d’epoca nella seconda. Belli i costumi proto-fascisti di
Laura Viglione.
IL MERITO DELLO SPETTACOLO
Soprattutto, il merito dello spettacolo va alla
bacchetta di Stefan Anton Reck alle prese con due partiture coetanee ma tanto
differenti. Occorre elogiare la perizia con cui ha concertato Zemlinsky facendo
quasi palpare i ‘nuclei’ in cui è tessuto il sinfonismo. Di livello, il cast.
Il 25 marzo (quando ero in sala) Tommi Hakala ha affrontato con successo
l’impervio e lunghissimo ruolo del protagonista de “Eine florentinische
Tragödie”; lo hanno ben affiancato Zoran Todorovich e Angeles Blancas Gulin.
Tra i 14 solisti di ‘Gianni Schicchi’ spiccano Carlo Lepore, Francesco Meli e
Serena Gamberoni.
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