lunedì 24 marzo 2014

“Maometto Secondo” di Rossini, in prima assoluta a Roma in Quotidiano Arte 24 marzo



Lunedì 24 marzo 2014
Maometto II fu composto nel 1820: si tratta della penultima «opera napoletana» e già si avvertono le suggestioni romantiche tipiche della successiva produzione.
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“Maometto Secondo” di Rossini, in prima assoluta a Roma
Giuseppe Pennisi
Venerdì 28 marzo, alle 20, per la prima volta sul palco del Teatro Costanzi, la sede principale del Teatro dell’Opera di Roma, andrà in scena Maometto II di Gioachino Rossini. Dirigerà il Maestro Roberto Abbado. A curare la regia, le scene e i costumi, l’allestimento del Teatro la Fenice, sarà Pier Luigi Pizzi; il cast vedrà Juan Francisco Gatell alternarsi con Giulio Pelligra nel ruolo di Paolo Erisso; Marina Rebeka e Carmela Remigio interpreteranno Anna; Roberto Tagliavini (che sostituisce Alex Esposito impossibilitato per motivi di salute) sarà Maometto II; nel ruolo di Calbo si alterneranno Alisa Kolosova e Teresa Iervolino. È senza dubbio lo spettacolo più atteso della settimana. Maometto II fu composto nel 1820: si tratta della penultima «opera napoletana» e già si avvertono le suggestioni romantiche tipiche della successiva produzione. Maometto II, dopo la prima del 28 (ore 20), sarà replicato domenica 30 marzo (ore 16.30), martedì 1 aprile (ore 20), giovedì 3 (ore 20), sabato 5 (ore 18), domenica 6 (ore 16.30), martedì 8 (ore 18). Al San Carlo, nel 1820 l’opera ebbe un pessimo fato: tonfo clamoroso la sera della “prima” principalmente in quanto la partitura era straordinariamente innovativa e priva di molte “convenzioni” (una sinfonia introduttiva, numeri musicali chiusi e relativamente brevi, una certa simmetria nelle arie dei protagonisti). Dal 1983, quando è stato rilanciato quasi in parallelo a Parigi ed a Pesaro, però, il “Maometto” napoletano è tornato a splendere ed è considerato da molti (tra cui il vostro “chroniqueur”) come il capolavoro sommo del pesarese. A Venezia, dove venne riproposta nel 1822, l’opera (fortemente rimaneggiata e con un finale ‘lieto’ invece che ‘tragico’) sarebbe dovuta andare in scena al piccolo Teatro San Benedetto (una precauzione) ma per una serie di motivi imprenditoriali venne, all’ultimo momento e – pare - senza adeguate prove, rappresentata , la sera del Santo Stefano 1822, sul palcoscenico de “La Fenice” altro fiasco a ragione delle tristi condizioni di salute, e, quindi, vocali di Isabella Colbran. Tanto che non venne neanche replicata. Rossini, però, sapeva di avere tra le mani qualcosa di eccezionale. Nonostante i fiaschi a Napoli e a Venezia, lo riciclò una terza volta – cambiando titolo e parte del libretto – a Parigi nel 1826: divenne “Le Siège de Corinthe”, grande successo sino a metà Ottocento (anche in quanto imperniata sull’irredentismo greco dal giogo turco), lavoro rilanciato al Maggio fiorentino nel 1949 e cavallo di battaglia di Beverly Sills, Shirley Verrett e Thomas Schippers negli anni settanta ed ottanta – ancora in repertorio in molti teatri. Ben tre volte, quindi, il nostro sfidò Maometto. Le tre versioni sono tratte da una tragedia di Voltaire,“Mohemet ou le Fanatisme”, e contrappongono, in una vicenda schematizzata di amore e morte, il contrasto tra i mussulmani assedianti ed i difensori della civiltà occidentale. Delle tre versioni, quella napoletana è sorprendente per la straordinaria modernità della partitura : anticipava di quasi cinquanta anni il superamento degli schemi formali e si articola in vaste strutture collegate da un complesso procedimento di elaborazione tematica, quasi precorrendo il teatro in musica post-wagneriano. L’edizione francese è adattata al gusto della “tragédie lyrique” allora di moda a Parigi. E l’edizione veneziana? La scrittura è meno innovativa di quella della stesura per il San Carlo: l’inizio è una sinfonia non un coro travolgente, il finale tragico è sostituito da uno lieto con sfogio di grande rondò (preso da “La donna del lago”).
Info:www.operaroma.it

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