Eni ed Enel,
soddisfazione e sfide per l’arrivo dei cinesi
31 - 03 - 2014Giuseppe Pennisi
I cenni di un’ondata di capitali esteri alla volta
dell’Italia (per ora soltanto di cenni si tratta) non devono farci ignorare il
risvolto della medaglia...
L’ultimo fine settimana di marzo è stato
caratterizzato da notizie e commenti sul flusso positivo di capitali esteri
verso l’Italia – di “capitale di rischio” che acquista equity, ossia
partecipazioni più meno significative in grandi aziende italiane. Meritano di
essere segnalati due punti che hanno avuto un notevole risalto mediatico.
Nell’editoriale di Milano Finanza, settimanale
in edicola da sabato 29 marzo, un sagace commento di Paolo Panerai nota
come la Banca centrale cinese ha acquistato un po’ più del 2% delle azioni Enel
ed ENI con il preciso disegno di superare il limite (ossia 2%) al di sotto del
quale non è necessario dare comunicazione pubblica: “Una sorta di patente di
grande affidabilità alle due società – un prova “di fiducia” che la Cina ha
voluto fare sapere a tutto il mondo”. Domenica 30 marzo, il Corriere
della Sera ha dedicato due pagine al fenomeno, titolando
“Capitali a caccia dell’Italia”, indicando come fondi Usa, arabi e cinesi
puntino su Borsa e made in Italy (banche, industria manifatturiera, moda e
turismo) e sostenendo che la prossima tappa saranno le privatizzazioni.
Naturalmente, numerosi politici hanno espresso grande
soddisfazione affermando come si tratta di segnali importanti del fatto che il
complesso delle norme che vanno sotto il nome “Destinazione Italia” stiano
funzionando egregiamente. Tanto che si dovrebbe parlare di “Approdo Italia”.
Non si nasconde che ci sono alcuni nei: il principale à il tracollo a picco del
turismo segnato negli ultimi anni, nonostante l’Italia sia in cima alle
classifiche Unesco per siti considerati “valore per l’umanità”.
Senza dubbio, nonostante negli ultimi tre anni si
siano avvicendati quattro Governi, alcune aziende italiane sono particolarmente
appetibili in un contesto internazionale che nuota nella liquidità (nonostante
numerose imprese italiane non hanno il circolante per continuare ad operare;
negli ultimi dodici mesi oltre un milione di piccole e medie imprese hanno
chiuso i battenti). Inoltre, la campagna condotta da tutti e quattro i Governi
(nonostante le differenze di colore politico e di maggioranze parlamentare) sta
dando frutti. Infine, la “patente” data dalla Banca centrale cinese ha un
importante significato: occorre, però, chiedersi se è stata conferita alle due
grandi imprese dell’energia o al sistema Italia.
Non intendo essere colui che porta via gli alcolici
quando la festa comincia a diventare divertente – ed a promettere divertimenti
ancora maggiori per il prossimo avvenire. Tuttavia, i cenni di un’ondata di
capitali esteri alla volta dell’Italia (per ora soltanto di cenni si tratta)
non devono farci ignorare il risvolto della medaglia.
In primo luogo, nonostante la ripresa dei valori
azionari, l’indice FTSE/MIB della Borsa italiana, a 21-22.000 punti, è
lontanissimo dai 44.364 punti segnati nel 2007. In breve, per utilizzare il
saggio lessico delle massaie, in Italia si compra a prezzi di saldo; quindi,
non deve sorprendere che chi ha capitali investa nel Belpaese (quali che siano
gli incentivi di “Destinazione Italiana” od altri marchingegni). Alcuni
acquisti, poi, non sono “a punto” ma “a termine”. Ciò può indicare che gli
investitori annusino una certa dose di turbolenza, man mano che si avvicina
alle elezioni europee, soprattutto se il “crono programma” (pessimo termine
preso dal dialetto toscano) delle riforme non tiene il passo.
In secondo luogo, l’arrivo di capitali esteri è
accompagnato con l’intenzione più o meno esplicita di avere “voce in capitolo”
nella gestione delle imprese. Ciò non deve sembrare come un elogio del
management italiano. Anzi, pare confermare che siamo “un popolo di santi, di
poeti, di navigatori…………” (come un capo del governo amava un tempo dire) ma non
di gestori. E spiegare il tracollo del turismo.
In terzo luogo, difficile vedere il nesso con
privatizzazioni che non fanno parte del “cronoprogramma”. Ne ha fatto menzione
il Ministro dell’Economia e delle Finanze ad un convegno a Cernobbio; ha
delineato alcune vaghe ipotesi; non ha tracciato alcun orizzonte temporale né
fornito alcuna stima.
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