Cominciamo con una cattiva notizia. La stampa romana , probabilmente per pudore, la ha ignorata. Secondo il Rapporto 2008 sulle piccole e medie imprese (Pmi) dell’Istituto Tagliacarne , in termini di “indice di vocazione manifatturiera”, la provincia di Roma è la centoterza (ossia l’ultima) in classifica nella Penisola (dopo Foggia e Caserta). Non è questa la sede per un dibattito di lana caprina sul significato di un indice che accanto ad indicatori strutturali (incidenza del manifatturiero sul valore aggiunto totale, occupati nel manifatturiero sul totale, propensione all’export manifatturiera, incidenza delle Pmi nel manifatturiero) include considerazioni qualitative. L’indice riesce a incapsulare specialmente le imprese a specializzazione produttiva tradizionale, mentre gli sfuggono quelle più innovative.
La bassa, anzi bassissima, collocazione in classifica deve indurre a riflettere. Siamo gli ultimi della classe perché somari o perché facciamo meglio altro? Pochi hanno notato che a giorni, l’approvazione della legge sul federalismo fiscale non contiene unicamente misure, attese peraltro da decenni, per far sì che Roma abbia un effettivo assetto da Capitale della Repubblica ma anche gli strumenti perché diventi la capitale digitale del Paese – superando d’un colpo il manifatturiero tradizionale. Per i dettagli basta scorrere i maggiori siti internet specializzatio gli atti del convegno tenuto dal Cnipa (l’organo per la digitalizzazione della pubblica amministrazione) nel lontano marzo 2005. Il rapporto Marzano “Roma Porta dei Tempi” presentato meno di un mese fa pone l’accento su questa strategia: ben cinque dei suoi 12 obiettivi sono dedicati a questo tema, nella consapevolezza che se Roma non diventerà la capitale digitale tutto il resto d’Italia resterà indietro.
Siamo nel futuribile? Tanto lontano da interessare più gli appassionati di video-giochi del genere che chi vive e lavora nella capitale? Da un canto, pochi hanno letto un lavoro del servizio studi della Banca d’Italia (l’Occasional Paper” n. 34) in cui si passano in rassegna i ritardi dell’Italia in tema di banda larga e, quindi, di connessione veloce a Internet. Possono essere superati unicamente con una politica attiva dal centro che superi strozzature regolamentari, burocratiche, e culturali con misure quali quelle indicate in “Roma, Porta dei Tempi”.
Da un altro, sono ancora meno numerosi coloro che hanno esaminato il saggio di una squadra di docenti di economia e di tecnologia dell’Università di Eindhoven, distinta e distante dalle nostre beghe. Il lavoro pubblicato nell’ultimo fascicolo del periodico “Communications & Strategies” documenta l’innovazione sprigionata nel tessuto produttivo di una città olandese di medie dimensioni tramite l’adozione di una rete di WiMax (Worldwide Interoperability for Microwave Access) . E’ una prova concreta che la trasformazione è possibile. Se vogliamo farcela.
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