martedì 26 maggio 2009

PENSIONI: TRE NODI DA SCIOGLIERE SUBITO Il Tempo 26 giugno

Come anticipato alcuni mesi fa, le crisi accelerano il passo delle riforme. Ci sono le premesse, infatti, per l’avvio di una stagione riformatrice che, sotto gli aspetti principalmente politici, riguarda l’ammodernamento delle istituzioni (Governo, Parlamento) e sotto quello economico prende l’avvio dal tentativo di un riassetto della previdenza condiviso con le parti sociali.
Non è una peculiarità italiana. In questi giorni, escono tre libri distinti di tre tra i maggiori specialisti di sistemi previdenziali Nicholas Barr della London School of Economics, Peter Diamond del Massachusetts Institute of Technology, Ondrej Schneider a lungo all’Ocse ed ora alla Charles University di Praga – in cui vengono tracciati bilanci di quanto fatto (in materia previdenziale) nei principali Paesi industriali e di cosa pare necessario fare per essere meglio preparati al dopo-crisi.
In Italia, il dibattito sulla previdenza ha una caratteristica particolare: dopo 17 anni dalle prime riforme (quella che presero il nome dall’allora Presidente del Consiglio Giuliano Amato) siamo tra i Paesi Ocse quello che destina maggiori risorse al sistema previdenziale pubblico (oltre 15% del pil nel 2008) ma la cui platea di pensionati è caratterizzata dalla più alta proporzione di persone “al minino”, un minimo inadeguato per la mera sussistenza. La frammentazione dei 700 fondi pensione lillipuziani ha reso quelli finanziari vittime predestinate della crisi (come ripetuto da Il Tempo in questi anni). Un miglioramento dell’efficienza interna degli istituti di previdenza (peraltro urgentissimo) può apportare un sollievo unicamente modesto. Occorre affrontare il nodo strutturale di questo ulteriore “paradosso Italia”: una spesa pubblica per la previdenza, fondi pensione privati troppo fragili od a rendimenti rasoterra e troppe pensioni troppo basso.
I lavori recenti di Barr, Diamond e Schneider confermano che non c’è una ricetta universalmente applicabile , specialmente se si transita da un sistema a ripartizione con prestazioni ancorate alle retribuzioni ad uno che un giorno dovrebbe diventare a capitalizzazioni e con assegni agganciati ai rendimenti dei contributi versati. Le simulazioni per differenti Paesi (specialmente interessanti quelle di Schneider) indicano però alcuni elementi da cui non si potrà eludere (quali che siano le specifiche tecniche): l’aggiornamento dell’età pensionabile (per tenere conto delle dinamiche demografiche), la revisione del tasso di copertura (ossia della percentuale dell’ultimo stipendio con cui si va in pensione), il rialzo dei trattamenti più bassi. I primi due elementi sono essenziali per attuare il terzo. C’è una gamma molto vasta di alternative (lo mostrano i volumi di Barr e di Diamond) per dare corpo a queste tre componenti. Avere identificato che si debba, come diceva Massimo Troisi, ripartire da tre e quali sono le tre leve rappresenta già la premessa di un buon avvio per una riforma condivisa che si distingua dai monologhi alterni del passato.

Nessun commento: