domenica 17 maggio 2009

I CONTI DI COGNATA, Musica maggio

Il Massimo di Palermo, teatro costruito alla fine dell’Ottocento su un progetto dell’Architetto G.B. Filippo Basile, è un teatro fortemente radicato nella città, che lo considera uno dei suoi simboli: lo dimostra che gli abbonamenti coprono oltre il 60% dei posti disponibili nella platea e nei palchi, che tra i soci fondatori c’è uno dei maggiori gruppi bancari italiani ed europei e che tra i sostenitori si annoverano alcune delle principali imprese della Sicilia. Il Massimo è stato travagliato da deficit e debiti crescenti sino al 2004: nel 2002 aveva un disavanzo di 13 milioni di euro ed uno stock di debito 26 milioni di euro. Il commissariamento sembrava alle porte quando si è avuto un cambiamento di gestione. Da allora il Sovrintendente è Antonio Cognata, professore di politica economica all’ateneo di Palermo ma profondo conoscitore del teatro dove ha avuto numerosi incarichi, da segretario del Consiglio d’Amministrazione e direttore operativo, negli Anni Novanta. Abbiamo avuto uno scambio di idee in margine alla “prima” di “Die tote Stadt” di Erich Wolfgang Korngold, una novità assoluta per Palermo.

Cognata sta attuando una rigorosa politica di risanamento tanto che alcuni collegano con la sua strategia di riduzione dei costi e di aumento dei ricavi una delle possibili determinanti dell’aggressione subita la sera di Giovedì Santo mentre, lasciato il Massimo, stava rientrando a casa. Iniziamo, quindi, dal riassetto dei conti.
“Lo stock di debito viene gradualmente ripianato tramite un mutuo (da rimborsare su un periodo di 20 anni). Una politica artistica basata su co-produzioni con i maggiori teatri italiani e esteri, e presentazione di “prime” assolute per l’Italia, nonché coniugata con una ferrea economia di gestione ha fatto sì che il bilancio consuntivo del 2008 abbia riportato un saldo attivo di 1,5 milioni di euro destinato a coprire le perdite pregresse. Il saldo finanziario attivo rispecchia anche l’aumento di rappresentazioni e di presenze, segno di rinnovato interesse della città per il “suo” teatro, nonché la crescente presenza internazionale – siamo stati invitati all'edizione 2009 del prestigioso Festival di Savonlinna in Finlandia ed in Giappone (dove nel 2007 abbiamo avuto ben 20.000 spettatori). Tale interesse è dimostrato dall’apporto degli sponsor. Dal 2007, inoltre, il Banco di Sicilia – oggi intero Unicredit Group - eroga 1.5 milioni di euro di contributi l’anno ed è entrato come socio privato nella fondazione. Per la riduzione dei costi è stata essenziale non solo la politica di co-produzione ma anche una serie di misure per rendere più efficiente il funzionamento interno del teatro: una nuova organizzazione del lavoro ed una banca dati semestrale hanno consentito di abolire gli orari straordinari; l’applicazione di appalti seguendo regole europee – e per le partite più importanti lanciati a tutti i potenziali fornitori dell’UE – ha permesso di dimezzare le spese per servizi esterni; anche la riduzione dei telefoni di servizio (da un centinaio ad una ventina) ha portato a una riduzione dei costi. Si sono ridotte sia le spese per personale dipendente sia per artisti, applicando la normativa sul lavoro e tenendo conto delle nuove condizioni di mercato internazionale, nonché di nuovi mercati dove individuare artisti di livello: alcune nostre “scoperte” sono oggi protagonisti assoluti dei maggiori teatri europei ed americani”.

Ha già influito sulla produzione?
“Si possono fare allestimenti a basso costo, come il “Lohengrin” che ha inaugurato la stagione 2009, ma di grande valore artistico come riconosciuto dalla stampa italiana ed estera. Dal 2003, il numero di rappresentazioni di opere e balletti è passato da 80 a 105 l’anno, quello di concerti da una dozzina a 35-40 l’anno, gli spettatori paganti sono aumentati da 80.000 a 105.000. Co-produciamo con i maggiori teatri italiani e stranieri e gli allestimenti creati “in casa” hanno un grande successo in altri teatri di tutto il mondo”.

Quindi, non pare necessario cambiare la normativa di base che regola le fondazioni lirico-sinfoniche.
“Non è necessario; preconizzare una rivoluzione per cambiare tutto significa gattopardescamente non voler mutare nulla. La normativa è solida ed offre opportunità, a chi sa utilizzarla. I contributi da soci privati alle fondazioni ammontano a circa 40 milioni di euro l’anno; quelli dei comuni a 55 milioni di euro l’anno. Vivendo di solo Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) si sarebbe gradualmente morti per mancanza di alimentazione. Indubbiamente, le regole devono essere applicate non aggirate e possono essere migliorate: per il riparto del Fus, si dovrebbe introdurre un metodo analogo a quello utilizzato, con esiti lusinghieri, per i Fondi strutturali europei: incentivare le fondazioni virtuose (con bilanci consuntivi in attivo) con una “premialità”, ossia uno stanziamento addizionale che permetta loro di migliorare ulteriormente la qualità dell’offerta nella stagione successiva e di converso, disincentivare i bilanci in perdita, con una riduzione dello stanziamento nell’esercizio seguente. Una proposta liberale e di mercato, diretta ad incoraggiare chi segue meglio le regole e porta a casa i risultati finanziari migliori, senza trascurare quelli artistici (anzi esaltandoli)”.

Come favorire l’ingresso in teatro di nuove generazioni?
“Il Massimo ha ampliato il proprio pubblico anche tramite un programma mirato ad avvicinare alla “musa bizzarra e altera”, l’opera lirica, i più giovani. Dal 2006, è in atto infatti un programma “La Scuola va al Massimo” che coinvolge circa 160 scuole di Palermo e dell’hinterland e che porta in teatro per una decina di recite l’anno complessivamente circa 25.000 bambini e ragazzi introducendoli a spettacoli che possano incuriosirli e divertirli. Dal 2008 abbiamo aperto un turno di abbonamento esclusivamente dedicato agli studenti e che da due anni è tutto esaurito. È uno strumento importante perché un prodotto nato e sviluppato in Italia (e che nell’Ottocento ha avuto nel nostro Paese il suo maggior successo commerciale, oltre che artistico) non impoverisca; cerchiamo così di creare quel “sottostante” di cultura musicale che rende possibile il fiorire della lirica in altri Paesi

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