Non tutta la alta dirigenza del Lingotto è convinta della strategia di aggregazioni internazionali perseguita dall’Amministratore Delegato della FIAT Sergio Marchionne. Ciò è normale all’interno di una grande azienda, anche di una, come l’industria metalmeccanica con sede centrale a Torino, dove, per tradizione e cultura, i movimenti frondisti non hanno mai avuto troppo spazio o voce.
In una fase in cui gran parte della stampa italiana elogia (correttamente) lo sforzo d’internazionalizzazione della FIAT (nonostante la recessione ed i segnali de-globalizzazione in atto) e stigmatizza i leader dei Länder tedeschi (specialmente nella Renania-Palatinato) che non vedono di buon occhio l’approdo del Lingotto dalle loro parti, vediamo quali sono le critiche principale che proprio ai tavoli del Whrist (l’elegante circolo a Piazza San Carlo) vengono sollevate:
La perdita di italianità della FIAT. A Torino ci sono voluti decenni per mandare giù il fatto che da “piemontese”, la FIAT fosse diventata “italiana”. Ora nonostante l’ "orgoglio nazionale" sottolineato dai media a supporto di una strategia positiva ed aggressiva in una fase di difficoltà economiche internazionali, molti dirigenti temono che anche “l’italianità” starebbe per sparire. La “strategia del ragno” di Marchionne sarebbe come quella del film di Bertolucci del lontano 1970 , nasconderebbe il nodo essenziale: dato che la FIAT Auto è la più piccola (in termini di produzione d’autovetture) tra le case automobilistiche di portata internazionale, la rete di alleanze, se si realizzerà, non avrebbe la propria testa ed il proprio cervello a Torino ma altrove , a Detroit o a Rüsselsheim. A riguardo si fa notare che nei suoi incontri con gli americani ed i tedeschi, Marchionne avrebbe sventolato il proprio passaporto canadese e fatto riferimento all’ormai storico accordo Usa.Canada sul mercato dell’auto del lontano 1965. In queste condizioni, è difficile pensare che lo “snellimento” di cui si parla in questi giorni non giungerebbe a toccare pure l’Italia e la stessa Mirafiori. Lo scorporo societario deliberato all’inizio di maggio sarebbe strumentale alla nascita di una multinazionale la cui sede centrale e direzionale sarebbe ancora oggetto di negoziato.
La leva finanziaria. Mentre la Chrysler viene acquisita a costo zero (tanto vale ciò che resta di un’impresa in amministrazione controllata e contabilmente già fallita se non fossero intervenuti i contribuenti Usa), l’acquisto dell’Opel e di altre attività GM richiederebbe un “prestito ponte” di 5-10 miliardi di euro (che si aggiungerebbe ad un debito consolidato FIAT stimato sugli 8-10 miliardi di euro). Ciò può parere sostenibile ai bassi tassi d’interesse attuali. I tassi resteranno a questi livelli?. Il debito totale Usa (individui, famiglie, imprese, settore pubblico) è pari a 3 volte il pil (nel 1929 era pari a una volta e mezzo il pil). Dal 1997, nei maggiori Paesi Ocse, il credito totale interno è cresciuto a tassi superiori a quelli del pil nominale. I grafici mostrano la montagna di debito di cui occorre sbarazzarsi. E’ verosimile che lo si faccia con un’ondata d’inflazione (come negli Anni Settanta) poiché in caso contrario si potrebbe aggravare la deflazione. Ove ciò avvenisse, le conseguenze sui conti della nuova multinazionale sarebbero gravissime. Forse fatali.
Le difficoltà a fondere le culture aziendali. E’ un nodo che il “canadese” multiculturale sottostimerebbe. Eppure con la GM c’è già stato un clamoroso divorzio in cui l’azienda di Detroit ha liquidato con 2 miliardi di euro i torinesi per di evitare la prosecuzione di un matrimonio tempestoso. Non solo, ma banchieri tedeschi che hanno vissuto sulla loro pelle l’operazione, sottolineano che le nozze tra Chrysler e Daimler –Benz (terminate in un divorzio) sono state uno psicodramma analogo alla trilogia di Antonioni sull’incomunicabilità (“L’Avventura”, “La Notte”, “L’Eclisse”).
Insomma c’è chi teme che questa avventura porti alla notte e all’eclisse. Il Lingotto verosimilmente ha risposte a queste inquietudini. Le dia non solo ai dirigenti FIAT ma a tutti gli italiani.
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