Scelsi, il musicista "dandy" che piaceva al giovane Andreotti
Roma, 11 mag (Velino) - Il primo ottobre del 1947, l’allora ventottenne Giulio Andreotti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, scrisse una lettera di ringraziamento a un musicista “dandy” che avrebbe attraversato tutto il Novecento e che all’epoca era un quarantaduenne noto in un mondo (pure in un’Europa e in un’Italia distrutte dalla Seconda guerra mondiale), dove eleganza e sperimentalismo si coniugavano. Non era una lettera burocratica, il ringraziamento era sincero. E non riguardava né l’eleganza né lo sperimentalismo, ma il ruolo che il musicista “dandy” in questione aveva nei programmi radiofonici internazionali, non solamente quelli mirati agli italiani all’estero. Il musicista era Giacinto Scelsi e dallo scorso 6 maggio quella lettera può essere letta, assieme ad altre 16 mila, nell’archivio del compositore aperto al pubblico dopo anni di inventariazione. Giacinto Scelsi è oggi noto in Italia unicamente tra gli addetti ai lavori. C’è la Fondazione Isabella Scelsi, a Roma, animata da sua sorella e presieduta dal musicista e, sino a poche settimane fa direttore artistico del Teatro dell’Opera, Nicola Sani. E c’è una casa-museo, a via San Teodoro, con vista mozzafiato sul Foro, dove la scorsa settimana è stato appunto inaugurato l’archivio. Nel resto del mondo si fanno ancora rassegne in suo onore. Nel 2007, nell’ambito del Festival estivo di Salisburgo gli sono stati dedicati un’intera sezione e un intero spazio per concerti.
Nato nel 1905 a La Spezia e morto a Roma nel 1988, Scelsi ha attraversato tutto il Novecento, lasciando un marchio indelebile nella cultura musicale, nella vita artistica e in quella intellettuale. Rappresenta un caso a sé, ancora un enigma, nonostante la sua musica abbia influenzato intere generazioni in tutto il mondo. Di origine aristocratica, Scelsi ebbe una formazione scolastica e musicale inconsueta, con precettori privati e lezioni individuali. Nel corso della sua vita ha partecipato intensamente alle temperie artistiche e culturali del proprio tempo, legandosi a figure come Jean Cocteau, Henri Michaux, Virginia Woolf, Walter Klein e grandi interpreti quali Nikita Magaloff e Pierre Monteux. Una delle sue prime composizioni “Rotativa”, in prima mondiale nella Sala Pleyel a Parigi, diretta da Monteux, il 21 dicembre 1931, lo impose all’attenzione internazionale. Seguendo una peculiare ricerca musicale, non si preoccupò delle estetiche e delle mode a lui contemporanee che, nel corso del Novecento, lo hanno circondato nel loro spesso molto rapido avvicendarsi. Fortemente influenzato dal pensiero orientale, Scelsi utilizzava tecniche compositive tradizionali, suscitando ed esplorando problematiche oggi molto attuali: la centralità del suono, lo spiritualismo, il rapporto della musica con l’esoterismo e lo spiritualismo, le nuove tecniche elettroacustiche di produzione sonora, il superamento della scrittura musicale tradizionale, la virtualità, il rapporto con lo spazio.
Alla fine degli anni Trenta organizzò a sue spese una serie di concerti di musica contemporanea per fare conoscere giovani musicisti italiani e stranieri, fra i quali Kodaly, Meyerowitz, Hindemith, Schoenberg, Stravinskij, Schostakovitch, Prokofief, Nielsen, Janàcek, Ibert. Si allontanò progressivamente dall’Italia in seguito alle leggi razziali che rendevano difficili, ove non impossibili , i suoi contatti con i colleghi stranieri. All’inizio della guerra, si trovò in Svizzera, dove rimase per tutto il periodo del conflitto e dove si sposò con Dorothy-Kate Ramsden, cittadina inglese. Nonostante gli anni difficili, continuò una intensa attività culturale, sia poetica sia compositiva, iniziando un lavoro di tipo teorico fondamentale per gli sviluppi futuri della propria musica. Dedito anche alla produzione letteraria, si interessò intensamente alle arti visive, in particolar modo all’arte informale, che sostenne attivamente attraverso la creazione della Rome-New York Art Foundation. La sua opera è difficilmente classificabile, tesa ad esplorare e catturare un suono nuovo, al di fuori del tempo ma al tempo stesso vivo, presente, moderno: un suono da inseguire nelle sue infinite metamorfosi.
Scelsi è stato anche uno straordinario collezionista. L’apertura al pubblico dell’archivio è un avvenimento di grande rilievo per il mondo della musica e della cultura. Il lavoro di riordino, inventariazione e catalogazione, realizzato dalla Fondazione Isabella Scelsi in collaborazione con il ministero per i Beni e le attività culturali, l’assessorato alla Cultura della Regione Lazio e l’Istituto Centrale per i beni sonori ed audiovisivi (Discoteca di Stato), rende oggi accessibili oltre 16 mila documenti di estremo interesse musicale e musicologico che permettono di approfondire la ricerca sul panorama culturale italiano e internazionale del Novecento. La documentazione, reperita all’indomani della morte di Giacinto Scelsi tanto nella casa di via San Teodoro quanto nell’appartamento di viale Mazzini, è stata salvata da rischi di dispersione e distruzione, venendo raccolta in casse e valigie dopo che è stato redatto un sommario elenco di consistenza.
Dichiarato “di notevole interesse storico” dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio nel luglio 2000, l’archivio è stato oggetto di una complessa attività di riordinamento e inventariazione in cui le carte di carattere personale sono state raggruppate a formare un archivio privato, mentre le partiture e la documentazione sonora hanno dato vita a un archivio musicale. È stata aggiunta una sezione bibliografica in cui sono raccolti saggi, studi e articoli concernenti Scelsi. Tra le serie dell’archivio privato, di particolare rilievo sono la “Corrispondenza” che documenta l’ampiezza dei contatti scelsiani con personalità del mondo musicale e artistico; la “Rassegna stampa” che riflette l’accoglienza riservata dalla critica alle partiture del compositore; gli “Scritti filosofici e poetici” che raccolgono appunti, abbozzi, riflessioni sulla musica, nonché le prime stesure manoscritte e dattiloscritte della produzione poetica del maestro, svolta con continuità parallelamente a quella compositiva.
L’archivio musicale è invece soprattutto incentrato sulle partiture di Scelsi e comprendono manoscritti, edizioni a stampa, copie eliografiche, versioni preparatorie con annotazioni autografe, lucidi: uno straordinario complesso di 1.177 pezzi, in buona parte ancora inediti. L’archivio musicale include anche un gran numero di nastri magnetici, di cui 270 contengono le improvvisazioni di Scelsi all’ondiola o al pianoforte e circa 300 le registrazioni da lui effettuate da dischi o dalla radio. È presente anche una raccolta di cd comprendenti incisioni discografiche di musiche effettuate non solo in studio, ma anche dal vivo, per lo più nel corso del Festival Scelsi, tenutosi nel 2005 in occasione del centenario della nascita del compositore. Tra i cd va menzionato la “Scelsi Collection”, la collana, arrivata già al quarto numero, promossa dalla Fondazione Scelsi in collaborazione con la casa discografica Stradivarius, che si propone di realizzare l’incisione integrale delle composizioni del maestro. Tutto questo materiale risulta accessibile tramite un software open source appositamente creato e che presenta un’interfaccia amichevole con la possibilità di effettuare una ricerca secondo due distinte modalità: una di tipo generale, estesa a tutte le serie archivistiche, un’altra più mirata, ristretta a una o più sezioni dell’archivio stesso.
Molto resta però ancora da fare, non solamente sotto il profilo musicologico. Ad esempio occorre riordinare e catalogare l’archivio fotografico: settemila pezzi tra lastre, negativi, stampe, diapositive, album. Si dovrà, poi, catalogare la biblioteca personale di Giacinto Scelsi che costituisce una fonte di particolare interesse per la presenza su molti volumi di annotazioni autografe e per l’influsso che tali testi, specie quelli legati alle filosofie orientali, hanno avuto sulla sua attività creativa. Chissà se il senatore Andreotti abbia presente quella lettera del primo ottobre 1947. Di sicuro, ricordare Scelsi significa tornare con la mente agli anni di “Scuscià” e “Paisà”, quando era ancora possibile coniugare eleganza e sperimentalismo.
(Hans Sachs) 11 mag 2009 09:50
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