martedì 14 ottobre 2008

SANTA GIOVANNA INAUGURA SANTA CECILIA Il Velino 13 ottobre

Il 12 ottobre, al Parco della Musica di Roma la stagione sinfonica 2008-2009 dell’Accademia di Santa Cecilia è stata aperta con la produzione semi-scenica di “Jeanne d’Arc au Bûcher” di Arthur Honneger su testo di Paul Claudel. Sé è trattato di un appuntamento importante: ha concertato Antonio Pappano; la regia (che, seguendo le intenzioni di Honneger, prevede elementi cinematografici) è di Keith Warner; le scene ed i costumi sono affidati a Es Devil; il cast include, nei ruoli recitanti, Romane Bohringer e Tchéky Karyo (due noti attori di cinema) ed, in quelli cantati, Susan Gritton, Maria Radner e Donald Kaash. Dall’11 al 14 ottobre c’è anche una vera e propria maratona cinematografica negli spazi del MUSA, il Museo degli Strumenti Musicali dell'Accademia. Quattro film ispirati alla Pulzella d’Orléans: “La Passione di Giovanna d’Arco” (1928) di Carl Th. Dreyer, il più assordante film muto della storia del Cinema, tanto è il dolore urlato dagli scultorei primi piani di René Falconetti che ascolta quasi in stato di trance le accuse che le vengono mosse nel corso del processo. “Giovanna d’Arco al Rogo” (1954) di Roberto Rossellini, trasposizione cinematografica dell’oratorio di Honegger e Claudel, con una straordinaria Ingrid Bergman che recita in italiano (ma di cui si può trovare un DvD con recitazione e canto in francese); “Il Processo di Giovanna d’Arco” (1963), austero e glaciale capolavoro di Robert Bresson, che ne scrisse la sceneggiatura basandosi sui verbali originali del processo; infine la “Giovanna d’Arco” (1999) di Luc Besson, la spettacolare versione ricca di effetti speciali e dei virtuosismi della cinepresa tipici del regista di Léon e del Quinto Elemento: fulgida protagonista, Milla Jovovich.
Da una Giovanna combattente (quella di Verdi vista a Parma il primo ottobre) si passa ad una tormentata dal dubbio (quella di Claudel), ad una la cui passione replica quella di Cristo (quella del luterano Dreyer e del cattolico Bresson) ad una spettacolare, ed avvenentissima, Pulzella (quella di Besson). Quattro sfaccettare differenti che interpretano le contraddizioni e le ambiguità di questo inizio di XXI secolo. Proprio in quanto interprete di contraddizioni e di ambiguità (pensiamo anche alla “Santa Giovanna” di George Bernard Shaw) oggi è tanto attuale.
Uno storico britannico , Desmond Swerd, in “A Brief History of the Hundred Years War. The English in France (1337-1453)” (London, Constable & Robson,2003) ricorda che l’impatto effettivo di Giovanna d’Arco fu molto limitato: la pastorella riuscì ad infondere coraggio alle truppe fedeli al Delfino nel 1428-31 (ossia quando aveva tra i 16 ed i 19 anni , età in cui, dopo un lungo processo tenuto dalle autorità giudiziarie ecclesiastiche francesi , di parte “lancasteriana”, alleati, quindi, con gli inglesi), ma non dai britannici. Non ebbe esiti sulla conclusione finale della guerra. Lo stesso Re Carlo non fece nulla per salvarla per se,a conflitto concluso, istruì la revisione del processo che portò all’annullamento di quello del 1431.
La Pulzella venne in gran misura dimenticata in Francia sino alla débâcle di Verdun (1870) quando la Nazione agli stremi aveva disperatamente bisogno di un simbolo dell’unità nazionale. Nell’Ottocento, i lavori su Giovanna prodotti in Francia, in Italia ed in Russia si basano quasi interamente su Die Jungfrau von Orleans di Schiller, una lettura romantica (con anche una storia d’amore tra la fanciulla ed un giovane inglese) basato sulla tensione, tipica del romanticismo, tra missione tanto eroica da essere sovrannaturale e pulsioni umane.
Molto differente “Jeanne d’Arc au Bûcher”, l’incontro di due intellettuali di spicco di quello che è chiamato il “Novecento Storico”. Fu concepito mentre si sentiva già il rullo dei tamburi della seconda guerra mondiale. Ebbe appena un successo di stima alla prima esecuzione (in forma di concerto) a Basilea nel 1938. Esito strepitoso alla prima versione scenica, a Zurigo nel 1942, con la regia di Hans Reinhard. Alla “prima” in Francia un pubblico razzista si mostrò ostile alla protagonista, Ida Rubistein, ebrea, sulla cui interpretazione era stato, in gran misura, costruito il lavoro. Ciò nonostante, ci fu una tournée in ben 40 città della Francia di Vichy (ossia la parte non occupata) nel 1941. Il lavoro approdò a Parigi il 9 maggio 1943 (in piena occupazione). La sua risonanza mondiale, però, si ebbe alla metà degli Anni Cinquanta quando, con Roberto Rossellini registra ed Ingrid Bergman protagonista, venne presentato all’Opéra, al San Carlo, a Palermo, a Londra ed a Stoccolma e divenne un film di un certo successo, ed un buon DvD.
Nel testo si ritrova il Claudel degli anni migliori: i protagonisti sono ispirati più dal dubbio che dal dogma. Il fulcro sono i giorni, anzi, le ore tra il momento in cui Giovanna, sfiancata dalle torture psicologiche, abiura e quello in cui, ascoltate di nuovo “le voci”, va al martirio. La partitura fu all’epoca considerata spregiudicata per l’uso di tecniche quasi cinematografiche (come le dissolvenze incrociate) negli 11 quadri (poco meno di un’ora e mezzo complessivamente) nel modulare una scrittura complessa ed un grande organico.
Esecuzione d’altissimo livello salutata da ovazioni sotto il profilo sia drammaturgico sia musicale. Un ottimo inizio di stagione.

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