Trattandosi del successore di Alitalia, viene voglia di dire che un ritardo (di qualche giorno) non deve sorprendere. Anzi, si deve mettere in conto. Il Commissario Augusto Fantozzi non aveva celato di attendere entro il 15 ottobre la proposta vincolante della Cai per quel che resterà della compagnia di bandiera di un tempo. Ora l’assemblea dei soci della Cai è stata appena posposta al 30 ottobre. A Fantozzi, quindi, la proposta vincolante non arriverà in ogni caso prima del 31 ottobre. E non è detto che non sia necessario qualche giorno di più.
In primo luogo, uno dei 16 soci della “friendly company” (Vedi L’Occidentale del 30 settembre) si è già sfilato: nel nuovo contesto internazionale ed interno il fondo Clessidra , non potrà partecipare all’iniziativa. In secondo luogo, prima di presentare la proposta definitiva e vincolante al Commissario, la Cai deve trasformarsi da una s.r.l. ad una s.p.a.; sotto il profilo tecnico-giuridico, il passaggio non è difficile, anzi è banale. Lo è, però, sotto quello finanziario: la s.r.l. ha un capitale sociale di 160 mila euro, mentre la s.p.a., se vuole volare, ne deve avere uno di almeno un miliardo. Non solo ma Fantozzi ha fatto sapere che si deve trattare di capitale interamente versato, e vincolato per almeno 5 anni. Quindi, non sarebbero consentiti giochi e giochetti contabili – un capitale nominale di un miliardo “on call” (ossia su cui fare conto e versabile a richiesta in qualsiasi momento) a fronte di un capitale effettivamente versato di 200-400 milioni di euro o simili. In questa fase, con i mercati finanziari in subbuglio e le Borse che guardano al basso, potrebbe non essere facile ai i 15 rimasti nella “friendly company” mettere a disposizione. le risorse necessarie. Ad aggiungere altre complicazioni, ove non ve ne fossero già a iosa, gli orientamenti dell’Unione Europea sono nel chiudere un occhio nella posizione iper-dominante che la Cai avrebbe nella tratta Roma-Milano ma di tenerne ambedue bene aperti in materia di aiuti di Stato (poiché se si sbraca su quel fronte c’è il rischio di abbattere tutte le dighe e dighette che si sono erette per potenziare la concorrenza nel mercato unico). Ciò vuol dire che i 300 milioni di euro del prestito salvavita quando Alitalia sembrava prossima all’estrema unzione dovranno essere rimborsati sull’unghia (euro su euro) dalla Cai all’erario. L’aritmetica è semplice: oggi per volere volare la “friendly company” deve mettere sul piatto non un miliardo di euro ma almeno un miliardo e 300 milioni. Ed adesso mettere mano al portafoglio è diventato più difficile di quanto non fosse un mese fa. Per tutti, ma specialmente per banche e finanziarie che hanno un ruolo non secondario nella “friendly company” ma potrebbe essere in difficoltà più di quanto non sembri.
E’ in questo quadro che si pone il nodo del partner straniero. Da un lato, sui temi centrali della politica europea (ad esempio il fondo comune europeo per rispondere alla crisi finanziaria internazionale) siamo gli alleati più stretti della Francia. Da un altro, sotto il profilo della politica dell’aviazione, pare che pendiamo sempre di più verso la Lufthansa di quella Repubblica Federale Tedesca, il cui Governo ha fatto saltare quel fondo comune europeo a cui, a torto od a ragione, si è data una paternità franco-italiana. “Les affaires sont les affaires”; quindi, non è il caso d’innervosirsi se politica europea e intese industriali in materia di aviazione prendono strade differenti. E’, però, Colonia (sede della Lufthansa) ad insistere perché la Cai, una volta costituita, non tenti di giocare al mercante in fiera – ossia di fare un’asta, più o meno velata, tra i tedeschi ed i francesi. A Colonia si sa che la Cai (o quello che sarà il nome della nuova compagnia – pare che il 31 ottobre si celebrerà pure un battesimo, nonostante l’ordine del giorno sembra pieno e complicato) ha disperatamente bisogno di un partner industriale che si intenda di aviazione civile. Si sa che il management della compagnia in via di costituzione non può né fare il difficile né tirarla troppo per le lunghe in quanto mette in campo una fanciulla che sta cercando di ridarsi una buona reputazione (dopo averla ripetutamente persa con avventure di tutti i tipi). Ad avviso del vostro “chroniqueur”, cercare ora di fare il gioco delle tre carte (in cui noi italiani pensiamo, a torto, di essere tanto abili) potrebbe essere fatale. Tanto più che il marasma finanziario internazionale rende la vita più ardua tanto a AirFrance-Klm quanto a Lufthansa e – come si è visto – alla “friendly company”. Si rischia lo zitellaggio. Con una note appena sufficiente a pagarsi la retta del beghinaggio.
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